È quasi un arcobaleno il semicerchio colorato che illeggiadrisce la vetrina di Maroni & Fumagalli, in via Sacco 4 a Varese, e racconta di gesti antichi e di un materiale che ci capita ormai di vedere magari sopra l’etichetta di un liquore o di un vino importante, ma molto raramente come chiudi busta: la ceralacca.
I bastoncini di varie tinte aspettano di ricevere il calore del fuoco e fondere senza bruciare, formando un piccolo disco su cui il sigillo imprimerà le iniziali del mittente. Una pratica in uso fino agli inizi del ‘900, poi diventata un passatempo per begli spiriti amanti delle usanze rétro.
Entrare in negozio è come compiere un tuffo nel passato, con il bancone in legno, le eleganti vetrinette, la raffinatezza degli oggetti esposti e la competenza dei titolari, Alberto Fumagalli e la madre Maria Maroni, che portano avanti la ditta di famiglia.
«L’attività la incominciò mio nonno Giuseppe Maroni in via Veratti, poco dopo l’ex ristorante “Broletto”, nel primo dopoguerra, la registrazione alla Camera di commercio è del 1953. A quei tempi si vendevano timbri, armi e munizioni e anche targhe, ma dal 1980, a causa delle norme sempre più restrittive per il commercio armiero, decidemmo di non tenerle più, anche perché qualche tempo prima avevamo subito un furto di pistole. Il nonno, tra l’altro, preparava a mano le cartucce per i cacciatori», spiega Alberto Fumagalli.
Prima di spostarsi nel 1991 nella nuova sede di via Sacco, il negozio aveva già cambiato pelle: «Siamo decisamente passati agli articoli per la scrittura, e alla vendita di coppe e trofei sportivi, mantenendo naturalmente i timbri e le targhe, per così dire il nostro “core business”. Trattiamo oggetti da regalo, soprattutto penne, non quelli venduti nelle cartolerie. Abbiamo tutte le migliori marche, Caran d’Ache, Waterman, Mont Blanc, Aurora, Parker, il boom delle penne da collezione, prodotte in tirature limitate, c’è stato dal 1993 al 2004 circa. All’epoca anche il “Sole 24Ore” consigliava di investire in queste serie numerate, che avrebbero potuto triplicare il valore in pochi anni. Il risultato però fu che i collezionisti si allontanarono e la bolla si sgonfiò presto, come un po’ tutte le mode. Però le prime serie prodotte erano davvero bellissime, quella della Caran d’Ache, di soli 1.600 pezzi, denominata “Justice league” e dedicata a tre supereroi, Batman, Wonder Woman e Superman costava per il trittico 4.800 euro».
Le mode però vanno e vengono e capita che un oggetto desueto come il timbro a secco abbia avuto improvvisamente un soprassalto di popolarità presso i giovani. «Sì, di timbri a secco ne vendevamo solo poche unità, ma di colpo ecco che in negozio sono arrivati i ragazzi chiedendoli senza bene sapere a cosa servissero, solo perché la Ferragni aveva scritto di chiudere i suoi biglietti natalizi di auguri proprio in questo modo. Capitano ancora i collezionisti di libri che lo vogliono, del resto è uno degli articoli che ci caratterizzano. Forniamo infatti sia ex libris in gomma sia con i punzoni a secco e la relativa pressa, naturalmente riproducendo il disegno fornito dal cliente. Il primo ha un costo di circa 50 euro, l’altro di 120 con la pressa, nella quale è possibile intercambiare i punzoni».
Le penne sono sempre un regalo gradito, anche se la clientela è cambiata e anche la motivazione del dono. «Era usanza fino a qualche anno fa di donare una penna alla comunione e alla cresima, per la laurea o la semplice promozione, al medico e alla maestra per Natale, oggi invece lo si fa magari per ringraziare un professionista o per il pensionamento di un amico. Invece c’è un ritorno di fiamma per cannucce e pennini, i ragazzi ne sono affascinati, entrano in negozio ma non sanno impugnare la penna, perché non c’è più l’abitudine a scrivere a mano. Abbiamo penne stilografiche per la calligrafia con diversi tipi di pennini e in negozio capita anche qualche calligrafo, ma è un mercato di nicchia. La ceralacca, invece, è ancora molto usata per chiudere gli inviti per i matrimoni, con il sigillo che apporta le iniziali degli sposi», aggiunge Fumagalli, che si dichiara appassionato di penne ma non collezionista.
Il negozio, sopra il bancone giganteggia la riproduzione di una vecchia cartolina dell’allora Albergo dell’Europa, offre altri oggetti particolari, modellini di aerei -tra cui un bellissimo Concorde- in alluminio, una grande varietà di coppe, borse made in Italy di ottima pelle.
«Abbiamo anche splendide ceramiche raffiguranti animali prodotte a Montevideo da De Rosa, con una lavorazione artigianale accuratissima, e poi fantastici mappamondi, di tre taglie diverse, che ruotano da soli grazie a una cella solare interna. Vengono da una ditta statunitense, la Mova Design, e i nostri clienti li definiscono ipnotici. Non mancano anche le “boule de neige”, le classiche sfere di vetro con all’interno animali o personaggi fantastici, che scosse provocano una bella nevicata. Le targhe? Per le porte di casa ormai non si usano più, vanno però ancora molto per gli studi professionali e le aziende. Le coppe che un tempo ci chiedevano per le gare amatoriali o di pesca oggi hanno pochissimo mercato ed è un genere che vorremmo alienare presto. Vendiamo ancora bene i timbri, un tempo eravamo in cinque a farlo in città, oggi siamo rimasti solo noi e Brusa».
Parlando con Maria Maroni, da mezzo secolo dietro il bancone, scatta l’amarcord della Varese dei “bei negozi” di un tempo: «Erano quasi tutti a gestione familiare, in corso Matteotti c’erano Valenzasca, Buzzetti, De Micheli, Bertoni & Puricelli, la boutique di Carla Checchi, la libreria San Vittore, l’oreficeria Chicherio, per fortuna resistono ancora Ghezzi e Cantù. Oggi la città non la riconosco più, c’è molto degrado e anonimato, si sono perse le buone abitudini e il lavoro ne risente», afferma la signora, che ci segue all’uscita raccomandandoci di non fotografare la targa esterna del negozio che riporta la data 1953, «perché va restaurata dopo tanti anni».
Ma i segni del tempo sono ciò che ci affascina, assieme alla qualità e all’esperienza dei due titolari, argomenti che ancor oggi, con la standardizzazione dei prodotti, fanno una fondamentale differenza.