C'è una via in cui passeggiamo a Busto Arsizio, a maggior ragione ora che è diventata pedonale: si chiama Cavallotti e dietro quel nome c'è la storia di un personaggio e del nostro Paese. A svelarla in modo coinvolgente martedì sera è stato il maestro Giancarlo Toran al museo della scherma. Una conferma - come sottolineato dal presidente Marino Vago in apertura, che ha anche sottolineato il boom dei tesserati alla Pro Patria Scherma a partire dai più piccoli - del tesoro che è questa realtà, capace di regalare «tante gemme preziose». Sport, cultura, storia appunto si uniscono e offrono uno spaccato emozionante.
Nella sala del museo tutti con il fiato sospeso per cogliere come si fosse arrivati al duello tra Felice Cavallotti e Ferruccio Macola, dall'esito mortale e approfondire queste due figure. Si parte proprio da una raffigurazione di via Cavallotti e si attraversa un'epoca. «Proviamo a calarci nella scena» osserva il maestro e sì, ci troviamo davvero trasportati da Busto Arsizio a Roma, davanti alla villa della contessa Cellere nel 1898.
«La scherma, più di ogni altro sport, ha dietro le spalle una storia, una letteratura, agganci con tutti campi dello scibile - ha ricordato Toran - Gli italiani sono da tempo primi nel mondo nonostante la concorrenza, ce l’abbiamo nel sangue… Litigano sempre, ma hanno sviluppato questo istinto di competizione. E lo schermidore sviluppa anche l’istinto di cooperazione. Deve leggere le intenzioni dell’altro».
Eccoci dunque da Busto a Roma, alla villa della contessa. Cavallotti - da giovanissimo garibaldino a parlamentare, scrittore e oratore - si trova di fronte a Macola: loro non possono parlare, ma i padrini sì. Prima di arrivare a questo punto il maestro Toran ci fa conoscere diverse tappe della vita di un personaggio chiave della sinistra italiana, anche di quella personale (alleverà a Gallarate una figlia, riconosciuta tale dal tribunale di Busto Arsizio). Poi ecco Ferruccio Macola che scrive "L'Europa alla conquista dell'America latina": è anche fondatore e direttore del Secolo XIX. Ma è il suo libro che ci riporta sul suolo bustocco, e più precisamente all'analogia con Enrico Dell'Acqua pioniere dell'export in quel continente.
Da un'iniziale ammirazione di Macola per Cavallotti all'ostilità, in un'epoca in cui i duelli ufficialmente erano proibiti: ovvero non bisognava dare pubblicità perché arrivava la polizia. Ma si facevano ugualmente, «perché ne andava dell'onore» e non si voleva essere tacciati di vigliaccheria.
Divampa il dissidio, con accuse e parole pesanti, tra i due. I padrini, come da loro dovere, cercano di trovare una situazione e si scrivono fior di lettere, ma alla fine niente da fare: il duello ci dev'essere e lo vuole a tutti i costi Cavallotti. Si pongono tutte le condizioni, Felice ha degli svantaggi (non ci vedeva tra l'altro bene) ma alla terza ripresa attacca con veemenza e Ferruccio con un colpo di sciabola gli recide la carotide.
Dopo cinque minuti Felice non era più...
Ai funerali una folla infinita si riverserà a rendergli omaggio, perché «era il difensore dei poveri e voleva più diritti per la gente, era il bardo della democrazia».
Dal canto suo, Macola si trovò colpito dalla riprovazione generale e successivamente si tolse la vita con un colpo di pistola.
Tutti ascoltano, si appassionano, si interrogano e il finale porta anche i versi di Trilussa, scanditi dal maestro: i duelli tramontano definitivamente. C'è la chicca finale offerta dall'avvocato Sergio Fabrizi; presenti anche il vicesindaco e assessore allo Sport Luca Folegani, l'assessore alla Cultura Manuela Maffioli, l'assessore all'Economia Alessandro Albani e i consiglieri Francesco Attolini, Roberto Felli, Paolo Geminiani, Roberto Ghidotti.
I bustocchi - si è commentato - possono trarre tanta conoscenza e molte sorprese da questo museo, così fortemente voluto dal presidentissimo Cesare Vago: la serata non poteva che terminare con un brindisi in sua memoria.
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