Storie - 14 gennaio 2025, 17:11

Quel che non sai di Varese… A partire dal falò di Sant’Antonio

La storia e le tradizioni della Città Giardino tornano alla luce grazie alla pagina Instagram creata dal giovane Samuele Corsalini. Tra esse non poteva mancare la ricorrenza popolare pronta a rinnovarsi dopodomani, 16 gennaio, sulla quale vengono svelati aneddoti e dettagli inediti

Quel che non sai di Varese… A partire dal falò di Sant’Antonio

Una tradizione secolare che racconta la storia di Varese attraverso il fuoco: il falò di Sant’Antonio in Piazza della Motta è più di un semplice evento. Grazie alla collaborazione tra Samuele Corsalini, creatore della pagina Instagram "Quel che non sai di Varese" (che sarà anche un corso in 5 lezioni dal 3 di febbraio all'interno del rinnovato progetto Varese Corsi: QUI il link con tutte le informazioni), e il gruppo de I Monelli della Motta, questa antica usanza si arricchisce di nuovi significati e di una rinnovata consapevolezza storica.

Corsalini, giovane figura emergente nel panorama culturale varesino, si è avvicinato a questa tradizione con la curiosità di chi vuole riscoprire le radici della propria città. Attraverso il racconto pubblicato sulla sua pagina social, ha portato alla luce aneddoti e dettagli inediti che stanno appassionando sempre più persone. «Il falò della Motta è un simbolo di unione e memoria comunitaria - afferma Corsalini - Collaborare con I Monelli della Motta mi ha permesso di scoprire non solo la storia ufficiale, ma anche le piccole leggende e i racconti di vita che si celano dietro questa celebrazione».

La storia di questa tradizione affonda le radici nel XVII secolo, quando Giovanni Antonio Adamollo menzionò per la prima volta i Monelli della Motta. All’epoca, giovani ragazzi raccoglievano pietre a mani nude per trasportarle fino a San Vittore. Col tempo, la tradizione si è evoluta, ma lo spirito scanzonato e comunitario dei Monelli è rimasto immutato. Mario Lonati, uno degli storici membri del gruppo, ricorda con affetto le avventure e gli episodi curiosi legati alla raccolta della legna per alimentare il falò. «Non sempre si trattava di legna raccolta in modo lecito - racconta sorridendo - Qualcuno, negli anni passati, si è spinto a smontare persiane o panchine pur di mantenere vivo il fuoco!».

Ma il falò non è solo fuoco: è festa, leggenda e sacralità. Per decenni, le bancarelle in via Carrobbio e i profumi delle salamelle bollite hanno rappresentato un richiamo irresistibile per grandi e piccini. Un tempo, i Pesitt di Sant’Antonio, piccoli pesci essiccati dal sapore intenso, andavano a ruba, mentre i bambini approfittavano dell’evento per saltare la scuola.

Non mancano episodi curiosi legati alla benedizione degli animali che si svolge il 17 gennaio. Lonati ricorda un cavallo che, spaventato, ruppe la vetrina del panificio Pigionatti, e le pecore che, in un’altra occasione, scapparono verso i Giardini Estensi. Anche il falò stesso ha lasciato il segno, letteralmente, crepando le vetrine del negozio Lonati Bagni.

La collaborazione tra Corsalini e I Monelli della Motta sta contribuendo a riportare alla luce questi racconti, coinvolgendo un pubblico sempre più ampio. Grazie ai social, la tradizione del falò si apre alle nuove generazioni, che possono scoprire le proprie radici attraverso un linguaggio moderno e accessibile. «L’obiettivo è creare un ponte tra passato e presente, tra sacro e profano - spiega Corsalini - Questa tradizione non è solo un evento del calendario, ma un momento che racconta l’anima di Varese».

Il prossimo 16 gennaio, la città si riunirà nuovamente in Piazza della Motta per accendere il fuoco che da secoli illumina le notti invernali di Varese. Nel frattempo, grazie al lavoro di Corsalini e dei Monelli della Motta, il significato di questa tradizione continua a mantenersi vivo. Per chi desidera scoprire altre storie e curiosità, la pagina "Quel che non sai di Varese" è diventata una tappa obbligata: un viaggio virtuale tra le pieghe della storia e della cultura cittadina.

Alice Mometti

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