«Cosa è successo dopo Trieste? Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti la verità…».
Il capitano biancorosso Matteo Librizzi a 360° a l’Ultima Contesa. La clamorosa prestazione contro la Virtus Bologna, le sue emozioni, i suoi propositi da capitano ma anche un importante retroscena su questo inizio difficile di stagione: ecco alcuni estratti della puntata andata in onda ieri sera…
Sulla sua domenica “bestiale”: «Con la testa non ho ancora realizzato tutte le emozioni provate ieri. Durante la partita mi sono lasciato trasportare dall’energia creata e l’unico obiettivo che avevo in testa era portare a casa la vittoria: non ho pensato neanche un secondo a quello che stavo facendo personalmente. Cosa ho provato stamattina al risveglio? Non ho praticamente dormito… ma sono felicissimo. Abbiamo dato prova, come squadra, ai nostri tifosi che ci siamo: a Trieste avevamo dato un’impressione di noi che la gente non si meritava e che anche noi stessi non ci meritavamo».
Su ciò che è successo dopo Trieste: «Quella di settimana scorsa è stata una batosta inaspettata. Nei giorni precedenti a Trieste avevamo lavorato nella maniera corretta, cercando di entrare nei dettagli e di modificare i nostri punti deboli, ma la partita ha purtroppo parlato per sé. Questa sconfitta ci ha dato una sveglia: il lunedì ci siamo ritrovati tutti, non per fare allenamento, ma per parlare, per sentire il punto di vista di ognuno. Molti hanno preso la parola e ci siamo detti in faccia anche le verità più scomode su quello che non andava: ne siamo usciti più forti, è stato costruttivo. E infatti l’ultima settimana di allenamenti è stata la migliore dell’anno e contro Bologna si sono viste chiaramente un’aggressività e un’energia diverse. Questo deve essere un punto di partenza».
Cosa non andava prima? «L’atteggiamento. Noi non siamo una squadra con tante regole, e quindi ci ponevamo nelle situazioni in maniera sbagliata».
Sul suo essere diventato capitano: «L’investitura me l’ha data coach Mandole, appena è uscita la notizia di Mannion a Milano. All’inizio ho fatto finta di essere tranquillo, ma per me è stata un’emozione assurda. Essere nato a Varese mi rende un giocatore diverso dagli altri, perché posso sentire molto di più l’attaccamento alla maglia, ai colori, alla gente… D’ora in avanti cercherò sempre di portare in questo ruolo la massima dedizione, il massimo rispetto e di diventare un esempio per i miei compagni con l’atteggiamento, sia in allenamento che in partita».
E ancora: «Per me l’esempio più importante è stato Giancarlo Ferrero. L’ho conosciuto che ero un semplice ragazzino aggregato alla prima squadra e lui mi ha sempre trattato come qualsiasi altro giocatore. Mi ha fatto sentire a mio agio, mi ha aiutato. Tutti percepivano la sua figura, americani compresi, soprattutto chi arrivava e non conosceva il campionato e l’ambiente: lui era sempre il primo che cercava di creare il gruppo, soprattutto fuori dal campo, ed è una cosa che voglio imparare, che voglio fare anch’io. Sento il rispetto dei miei compagni, Justin (Gray) e Nino (Johnson) mi stanno aiutando molto».
Queste e tutte le altre dichiarazioni di Matteo Librizzi, nonché gli approfondimenti con Antonio Franzi su Elisee Assui, sul mercato e su Scafati, prossima avversaria della Pallacanestro Varese, nella puntata integrale de l’Ultima Contesa che vi riproponiamo qui sotto.