Territorio - 21 ottobre 2024, 15:45

Viaggio nel capolavoro nascosto di Barasso, tra sentieri segreti e un labirinto di stanze (FOTO)

Giuseppe e Carlo Alberto Aletti Alemagna ci aprono le porte dell'omonima villa che racconta una storia di cinque secoli, circondata dall'incredibile giardino del progettista del Parco Sempione di Milano, con il lago di Varese che occhieggia dal basso tra volpi, tassi e molte specie di uccelli. È la Varese dei luoghi protetti e meravigliosi, tra storie leggendarie e la magnificenza della Belle époque: sotto il portico c’è ancora la carrozzella che compare nelle fotografie di un secolo fa, e sembra che il tempo si sia fermato

I fratelli Giuseppe e Carlo Alberto Aletti Alemagna affacciati dall'omonima villa di Barasso che con il parco è un luogo protetto e meraviglioso che dona scampoli di una passata magnificenza e di esistenze quasi leggendarie

I fratelli Giuseppe e Carlo Alberto Aletti Alemagna affacciati dall'omonima villa di Barasso che con il parco è un luogo protetto e meraviglioso che dona scampoli di una passata magnificenza e di esistenze quasi leggendarie

È la Varese dei capolavori nascosti, dei luoghi protetti e meravigliosi che sopravvivono a sé stessi donando scampoli di una passata magnificenza, ma anche storie di esistenze quasi leggendarie, all’insegna del fare e del creare, documenti di un passato glorioso e a volte spensierato, di uno stile di vita oggi impensabile. A Barasso, a due passi dalla chiesa parrocchiale, c’è una piccola strada tra le case che porta a un grande cancello in ferro battuto, la porta di un privato paradiso che racconta una storia di cinque secoli, quelli che apparentano la famiglia Alemagna con una dimora circondata da un parco lussureggiante e selvaggio, con il lago di Varese che occhieggia in basso, lama di luce in mezzo al verde. 

I fratelli Giuseppe e Carlo Alberto ci aprono le porte della villa, come già hanno fatto per le telecamere di “Geo”, il programma di Rai 3 in onda dal 1984, portate da Eugenio Manghi e Annalisa Losacco per il nuovo documentario su Varese trasmesso prossimamente e di recente presentato in anteprima alla Sala Montanari. Ospitali e divertiti per questa nuova “intrusione”, Giuseppe e Carlo Alberto Aletti Alemagna conducono il vostro cronista in un viaggio nella memoria e negli affetti, ma anche a spasso per l’incredibile parco, ridisegnato da Emilio Alemagna, grande architetto, conte di Busnago e di Roncello, e tra le altre cose autore del progetto del Parco Sempione di Milano. 

Una targa, apposta nel 1981, lo ricorda all’ingresso del cortile della villa: «In questa avita dimora trascorse l’infanzia e le pause della fervida maturità l’ingegnere architetto don Emilio dei Conti Alemagna, ideatore e realizzatore di opere architettoniche e urbanistiche di fama nazionale ed europea. I pronipoti onorandone la memoria nel LXXI anniversario della morte questa lapide posero». 

Mentre ci incamminiamo nei sentieri del giardino, intorno a noi si materializzano diversi gatti, spuntano dai cespugli o sonnecchiano sui gradini della villa, l’ora della pappa si avvicina e si fanno trovare pronti. «Ne abbiamo una ventina, girano liberi, alcuni si lasciano accarezzare, altri sono semi selvatici, a volte incontrano la volpe proprio nel prato qui davanti, ma non ci fanno gran caso», spiega Giuseppe, il naturalista di casa, appassionato ciclista e camminatore in montagna. 

I sentieri progettati da Emilio Alemagna ci conducono nel folto, dove palme, bambù, taxodium e tassi formano un intrico a volte impenetrabile. In fondo, i resti di un’antica fontana, costruita appositamente agli inizi dell’800 per le nozze di Giacomo Alemagna con la nobildonna bresciana Marianna Martinengo Delle Palle. «Un grande albero era malato e nel tagliarlo è caduto sulla fontana, distruggendola in parte. Il resto lo ha fatto il tempo», dice Carlo Alberto Aletti Alemagna. Nel parco vivono volpi, tassi e cinghiali, molte specie di uccelli, che Giuseppe “cattura” con le fototrappole piazzate qua e là, realizzando interessanti filmati. 

«La villa è cinquecentesca, con interventi settecenteschi, ottocenteschi e del ‘900, la famiglia Alemagna, originaria del Lodigiano e del Milanese, è nel Varesotto dal ‘500 e contava su molte proprietà a Varese, Capolago, Gavirate, Buguggiate, Azzate e Cantello. Lo stemma degli Alemagna è presente nello stemmario Trivulziano dall’inizio del XVI secolo. Il fondatore della casata, lodigiano, combattè contro Milano a fianco del Barbarossa», aggiunge Carlo Alberto, pittore, restauratore e provetto ballerino di danze ottocentesche.

Entriamo nel cortile d’onore, dove l’architetto Emilio Alemagna, che a Casciago lavorò alla villa Castelbarco Albani e a Varese a villa Esengrini-Montalbano, oltre a costruire l’Asilo di Barasso donando un suo terreno. Nella grande casa di Barasso pose diverse statue portate da Milano tra cui un grande San Francesco. Visitiamo la villa, un vero e proprio labirinto di stanze arredate con mobili e oggetti tramandati di generazione in generazione o acquistati dal padre di Giuseppe e Carlo Alberto, appassionato di antiquariato. 

Nell’appartamento del primo, c’è il ritratto di Elisa Bassi, nobildonna nata a Milano nel 1840 e sposa di Riccardo Alemagna, colui che portò la famiglia al massimo splendore. «L’editore e compositore Giulio Ricordi, che passava da Barasso a trovare la figlia, sposata al nobile Origoni, dedicò in gioventù una raccolta di ballabili proprio a Elisa, e l’album è ancora di nostra proprietà, porta in copertina il monogramma dell’antenata», afferma Carlo Alberto, cultore della storia del casato.

«La famiglia Alemagna finiva con Carla, Emilia, ed Elisa, nostra nonna, figlie di Alberto, figlio di Riccardo, e fu Giuseppe Aletti a salvare la villa, perché rovesci finanziari misero la famiglia in gravi difficoltà. Lui era figlio di Giovanni, un capomastro che fece fortuna dopo l’Unità d’Italia aggiudicandosi l’appalto per la costruzione delle ferrovie calabresi. Gli Aletti erano molto ricchi e si stabilirono a Roma, dove si fecero costruire due palazzine progettate dall’architetto Giuseppe Sommaruga, lo stesso del Palace Hotel e del Grande albergo Campo dei Fiori. Il primo a portare il cognome Aletti Alemagna è stato nostro padre Giancarlo, titolare negli anni ’60 e 70 di una ditta di confezioni per bambini assieme a nostra madre Lucia Sabbioni. Aveva combattuto in Abissinia e là contrasse la malaria che per tutta la vita gli diede periodiche crisi».

Giuseppe e Carlo Alberto mettono poi mano a fantastici album fotografici di famiglia, con gli scatti, realizzati tra fine ‘800 e inizio ‘900 dalla moglie di Alberto Alemagna, Maria Negroni, che stampava da sé in camera oscura, cosa quasi incredibile pensando alle donne di allora. Sotto i nostri occhi passano immagini di tempi felici, con la famiglia riunita in villa, gli scorci del giardino e le panoramiche di Varese, del lago e del Sacro Monte, scatti splendidi che mostrano la vita di una ricca famiglia della Belle époque, quando la nostra città ne era una delle capitali. Sotto il portico della casa c’è ancora la carrozzella che compare nelle fotografie di un secolo fa, e sembra che il tempo si sia fermato e di colpo arrivi il conte Castelbarco a cavallo dalla vicina villa di Casciago, come capitava spesso in quegli anni felici. 

È tempo di tornare, i gatti sono schierati in cortile come sentinelle, il vecchio orologio voluto da Emilio Alemagna segna le sei forse da sempre e sulla porta ci saluta un grande manifesto con il campanile di San Vittore disegnato da Ludovico Cavaleri, pittore milanese trasferitosi a Cuvio e illustratore principe della birra di Angelo Poretti. La vecchia Varese resiste, la nuova chissà.

Mario Chiodetti

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