A migliaia, in quegli anni, vennero accolti nella Svizzera neutrale. E si salvarono.
Lei no. In fondo a quel sentiero in mezzo al bosco, ultimo scampolo d’Italia prima del confine, un sentiero buio come il mondo che sperava di lasciarsi alle spalle, Liliana Segre trovò due ufficiali che probabilmente non conoscevano le regole di ingaggio, che li scambiarono per truffatori, che avevano l’umore sbagliato nella giornata sbagliata, che… a volte i perché non si trovano, nemmeno in sliding doors così terribili e importanti, nemmeno a distanza di anni.
Fatto è che la senatrice a vita venne rimandata indietro, insieme a suo padre e a due anziani cugini. Era l’8 dicembre 1943: lì iniziò quel calvario che la portò fino ad Auschwitz, che la condusse a provare sulla sua pelle il sonno della ragione.
L’8 dicembre 2023, 80 anni dopo, i passi di Liliana verranno ripercorsi per non essere più dimenticati, aggiungendo un altro tassello al grande edificio della memoria condivisa. Il sentiero che la giovane Segre e tanti altri ebrei compirono per cercare la salvezza dal Nazifascismo imperante in Italia diventerà ufficialmente il Sentiero del Silenzio, per volere dell’associazione “Amici del Monte Orsa” e dei Comuni di Saltrio, Viggiù e Clivio, in collaborazione con RSI - Radiotelevisione Svizzera Italiana e Soms Insubriche.
Si tratta di 4 chilometri che partono dalla piazza principale di Viggiù, attraversano i boschi e arrivano fino in territorio elvetico, sopra la cava ancora esistente, nella zona dove oggi è posizionata la big bench, la panchina gigante voluta dal Comune di Saltrio. Lì una volta c’era la ramina (la rete) di confine, mentre dall’8 dicembre ci sarà un’installazione che ricorderà la vicenda Segre: si tratta di un’opera che riprodurrà la dogana di quei tempi e persino - in corten - le valigie che Liliana e i suoi parenti avevano con loro, ripiene di quei pochi averi che una fuga repentina consentiva di portare.
Saranno giorni pieni di appuntamenti (in fondo all’articolo in allegato il programma): oltre all’inaugurazione del percorso, con il taglio del nastro di prima mattina e l’escursione fino all’installazione suddetta, il 2 dicembre e il 7 dicembre, rispettivamente a Mendrisio e a Viggiù verrà proiettato il docufilm “Arzo 1943”, girato dal regista Ruben Rossello, che racconta dal punto di vista cinematografico, e grazie alle ricerche storiche di Adriano Bazzocco, i fatti di quei giorni e il negato asilo alla famiglia Segre, con la collaborazione di Alberto e Luciano Belli Paci, figli della senatrice.
Proprio Alberto era presente oggi, alla biblioteca di Saltrio, nel giorno in cui “Il Sentiero del Silenzio” è stato presentato alla stampa: «Sono grato ai sindaci e all’associazione Amici del Monte Orsa per questa iniziativa - ha detto - E provo anche una certa commozione: da figlio pensare che mia madre fece quel sentiero con la speranza di salvarsi e poi non ci riuscì, mi colpisce moltissimo. Così come mi commuove pensare che ci sia qualcuno interessato a celebrare questa storia: che essa sia da monito per le nuove generazioni a continuare a camminare sul percorso della memoria, una memoria intesa come rinascita, come tentativo di sviluppare sempre il dialogo. La vita di mia madre mi ha insegnato che se ti trovi davanti a qualcuno che fa qualcosa di negativo per te, non devi pensarlo come un nemico, ma come una persona con cui cercare di parlare, di arrivare a un punto comune. La pace è sempre qualcosa di attivo, mai un atteggiamento passivo».
Alberto Belli Paci si sofferma volentieri sui particolari storici, ricostruiti a poco a poco: «Mamma, nonno e i suoi cugini non erano attrezzati per affrontare un percorso del genere in mezzo ai boschi, una traccia per i contrabbandieri, tra l’altro sotto la pioggia e con il senso di colpa per aver lasciato a casa gli anziani (tra cui un nonno malato di Parkinson che non poteva muoversi). Arrivati ad Arzo furono molto sfortunati.Secondo il docufilm del regista Ruben Rossello, alla sola dogana di Arzo, vennero accolti circa l’80% degli ebrei in fuga dall’Italia, ma il dato era molto inferiore nell’intera Svizzera. Durante quel periodo c’era stato un cambio al governo, inoltre, presso quella stessa dogana, era stata appena mandata una nuova legione di confine, proveniente da Friburgo. La mia famiglia si trovò davanti due ufficiali, uno più giovane e un altro più anziano, che invece di seguire le regole che prevedevano la consegna dei fuggiaschi al capo posto della dogana, il quale era poi deputato a decidere, scelsero di farli riportare direttamente indietro».
«E così accadde - continua - Tornarono lungo il confine: mia madre avrebbe probabilmente voluto riprovare subito a passare da qualche altra parte, ma mio nonno non si fidò, forse perché ciò avrebbe significato trascorrere delle ore notturne in mezzo a un bosco con una ragazza che aveva appena 13 anni, in pieno dicembre. La decisione di ritornare indietro, però, firmò la loro condanna, perché subito dopo vennero arrestati». Liliana Segre passò da Varese, a Como, a San Vittore, detenuta per più di un mese. Subito dopo, ecco la deportazione ad Auschwitz e il resto di una storia che abbiamo imparato a conoscere grazie al suo coraggio.
Perché il percorso è stato denominato “Sentiero del Silenzio? A spiegarlo l’architetto Andrea Magnoni, dell’associazione Amici del Monte Orsa: «Per due motivi. Il silenzio era un po’ la regola per chi cercava di passare il confine, perché era necessario non dare assolutamente nell’occhio e non farsi beccare. E poi silenzio inteso come forma di rispetto, per tutti coloro che non ce l’hanno fatta a trovare la salvezza».
«Con questa iniziativa noi Comuni abbiamo voluto farci cassa di risonanza, proseguendo nell’opera di memoria - ha detto Maurizio Zanuso, sindaco di Saltrio - La storia di Liliana Segre è una storia di ripresa e di rivincita, e quello che un tempo era stato un cammino di respingimento, ora diventerà un cammino di memoria». «Il più grande lascito di Liliana Segre è la lotta all’odio - gli fa eco Maristella Daolio, vicesindaca di Viggiù - Ognuno di noi può fare dei piccoli gesti». «Bisogna fare di tutto per non dimenticare» ha chiosato Giuseppe Galli, sindaco di Clivio.