Cultura - 01 agosto 2023, 18:11

Le "Metamorfosi" della varesina Erika Zolli: al Camponovo un viaggio alla ricerca di sé. «La fotografia? Un modo per ritrovarsi»

Gli splendidi autoscatti dell'artista di casa nostra saranno in mostra alla Location Camponovo tutti i fine settimana di agosto a partire da sabato prossimo: «Le fotografie esposte sono legate tra loro dal concetto di “trasformazione”»

Le "Metamorfosi" della varesina Erika Zolli: al Camponovo un viaggio alla ricerca di sé. «La fotografia? Un modo per ritrovarsi»

Erika illuminata dalla luce di una lampada, Erika circondata da rondoni in origami, Erika con il viso “mascherato” da due pavoni bianchi. La ricerca fotografica di Erika Zolli, varesina, specializzata in Fine Art, verte sull’analisi di un io in continua trasformazione, documentato dagli splendidi autoscatti in mostra alla Location Camponovo tutti i fine settimana di agosto a partire da sabato 5 alle ore 18, data dell’inaugurazione (Location Camponovo, via dell’Assunzione 17, Santa Maria del Monte. Fino al 27 agosto. Orari: sabato e domenica, 10 – 12,30 e 14,30 – 19). 

La magnifica sede espositiva del Sacro Monte ha visto l’afflusso costante di visitatori, parecchi dei quali stranieri, nel corso della mostra “Artificio”, di Marco Benedetti, Fausto Bianchi, Guido Botta e Silvio Monti, conclusasi domenica 30 luglio con grande successo, a testimonianza che il turismo culturale è in crescita e sa accogliere le proposte di qualità.

“Metamorphosis” è il titolo dell’esposizione di una ventina di fotografia di grande formato – più un’opera in mostra da Bosisio Bistrò 1926 di via Marcobi 3 a Varese- frutto della lunga ricerca di Erika, scatti che esplorano la dimensione onirica della mente attraverso la creazione di mondi surreali, quasi alla maniera di Magritte.

Abbiamo chiesto a Erika Zolli, che vive e lavora ad Angera, il significato della sua ricerca fotografica e le caratteristiche delle opere che espone al Camponovo. «Ho voluto dare a questa mostra il titolo “Metamorphosis” in quanto tutte le fotografie esposte sono legate tra loro dal concetto di “trasformazione”. Che tocca sia il soggetto che si auto ritrae, indagando diverse forme del proprio io, sia la concezione che il soggetto ha del mondo esterno».

Lei presenta diversi progetti: vuole illustrarli?
«I progetti che propongo alla mostra sono quattro. “Metamorphosis of self”, “Ascendit”, “Geometric Variants” e “Aerial Flowers”. Nei primi due mi sono focalizzata sull’autoritratto, dove punti di forza e di debolezza vengono messi a nudo per essere osservati da un occhio che si auto ritrae. Negli altri due, invece, mi sono dedicata alla relazione tra l’essere umano, lo spazio e la consapevolezza che ha del proprio corpo».

I suoi sono spesso autoscatti, un’indagine dentro sé stessa. Come mai sente questo bisogno?
«L’autoritratto è un vero e proprio dialogo profondo con sé stessi, guidato dall’intuizione di chi scatta. Siamo in un momento storico dove è molto facile perdersi, travolti dalla vita quotidiana che spesso e inevitabilmente ci allontana dal nostro centro. L’autoritratto è in qualche modo un mezzo per ritrovarsi».

Come nasce una sua fotografia? 
«Quando scatto le mie fotografie parto sempre da una regola molto semplice: farmi ispirare da ciò che ho attorno a me, senza pianificare troppo nel dettaglio, ma lasciando che il processo creativo permetta all’inconscio di parlare con il linguaggio dell’arte».

Ha altri progetti in corso?
«Sto creando laboratori con adolescenti e adulti proprio sull’arte dell'autoritratto come viaggio alla scoperta del proprio sé. Il progetto partirà in ottobre».

Mario Chiodetti

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