Territorio - 23 luglio 2023, 16:05

Una storia di sofferenza e di lotta da Laveno Mombello: «Io, malato di Sla, abbandonato dalla sanità lombarda e locale»

Il collega Agostino Nicolò di Luinonotizie.it ha raccolto la testimonianza dell'ex ferroviere 57enne Giuseppe Caleprico che con la moglie Gilda e il sostegno dell'associazione Aisla combatte ogni giorno contro burocrazia e problemi della sanità: «Non ci siamo mai arresi e non lo faremo nemmeno oggi»

Giuseppe Caleprico e la moglie Gilda (foto tratta da Luinonotizie.it)

Giuseppe Caleprico e la moglie Gilda (foto tratta da Luinonotizie.it)

Tutto è iniziato quando Giuseppe Caleprico, un 57enne pensionato, ex ferroviere e residente a Laveno Mombello, ha cominciato ad avere i primi dolori alle mani, faticando a muovere le dita. Era il marzo 2021. Dopo qualche tempo, però, oltre a questo, si è aggiunta anche una difficoltà a camminare e così ha iniziato a fare i primi accertamenti ed esami, ma nulla faceva pensare a qualcosa di grave.

Invece con il passare del tempo, dopo tante visite specialistiche ed approfondimenti, tra cui un’elettromiografia e diverse risonanze, arriva la doccia fredda a dicembre dello stesso anno: Giuseppe aveva contratto la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). «Ci è crollato il mondo addosso – racconta la moglie Gilda -, ma non ci siamo arresi mai, neanche oggi».

Da allora per il 57enne lavenese è iniziato un cammino lungo e faticoso, tra ambulatori, visite, ospedali, ricoveri e assistenza domiciliare, con l’obiettivo di alleviare i dolori e i fastidi derivanti da questa rara patologia neurodegenerativa, che comporta spasmi muscolari, debolezza agli arti, difficoltà ad articolare la parola e progredisce sino a colpire tutti i muscoli necessari per muoversi, parlare, mangiare e respirare.

Giuseppe e la moglie Gilda, che lo assiste quotidianamente ora che si trova costretto a letto in casa, ne sono consapevoli e cercano di affrontare le giornate, con il sorriso sulle labbra. Nonostante tutto. «Che si tratti di una malattia rara e difficile lo sappiamo, certo è che pensavamo di avere una maggiore assistenza sanitaria da parte di Regione e dell’ATS Insubria, che invece da quando sono a casa non mi sostiene e aiuta in alcun modo», commenta Giuseppe.

«Dopo i primi accertamenti – prosegue la moglie -, abbiamo contattato centri specializzati come il “C. Besta” di Milano, dove confermano l’infausta diagnosi: qui abbiamo scoperto, dopo un prelievo, di conoscere l’origine della malattia, derivante da una mutazione genetica dalla mamma di Giuseppe. Poi il calvario, senza riuscire a trovare una soluzione, con le sue condizioni che peggioravano di giorno in giorno, fino ad arrivare in pochi mesi all’utilizzo del deambulatore».

Il tempo passa e a febbraio 2022 Giuseppe ha una crisi respiratoria, finisce in Pronto soccorso una notte e il giorno successivo viene dimesso. «Ci hanno detto che la causa, a detta loro, era dovuta alla mancata assunzione del farmaco della pressione, quando invece successivamente abbiamo scoperto che era una crisi respiratoria dovuta alla SLA. Da quel momento in poi – continua la moglie -, Giuseppe è sempre più stanco, fatica a respirare e mangia poco».

“Fortunatamente”, però, il centro specialistico “Besta” di Milano ha contattato i due coniugi per una visita di controllo. «Ho dovuto prenotare l’ambulanza – dichiara ancora Gilda -, Giuseppe faticava a stare in piedi e a reggere il capo. Arrivati lì lo ha visitato una dottoressa che ha notato subito il peggioramento di mio marito. Così lo ha fatto ricoverare immediatamente ed è rimasto in ospedale per otto giorni, prima di essere trasferito alla Maugeri, dove resta fino al 24 maggio, mentre gli viene assegnata una macchina per la ventilazione meccanica, in modo tale da aiutarlo nella respirazione».

La moglie, così, si organizza sin da subito per fare in modo che il marito possa avere la giusta assistenza nel momento in cui sarebbe tornato a casa. «Oltre ad un letto elettrico, un materasso antidecubito e a un sollevatore, datici dall’ospedale, abbiamo eliminato le barriere architettoniche in casa con la realizzazione di una rampa – va avanti Gilda -. Il calvario, però, inizia il 19 maggio quando arriva il sollevatore ma non il letto. Continue chiamate all’ATS e a chi gestisce gli ausili domiciliari. Ebbene, mio marito, in queste condizioni, ha avuto il letto un giorno dopo l’arrivo a casa».

«È stato dimesso con la richiesta per le cure palliative ad ATS e all’Assistenza Domiciliare Integrata – dichiara ulteriormente -, ma nessuna cura domiciliare gli viene assegnata, è un rimbalzo di competenze tra azienda sanitaria e cooperative per una questione burocratica: non è un malato cronico, quindi non rientra nel servizio, neanche per quello delle cure palliative. Oltre a questo non abbiamo ricevuto alcun tipo di aiuto, se non l’accompagnamento B1 per malattie gravi, ma la burocrazia è davvero estenuante e ancora oggi, a distanza di mesi, non sappiamo se sia possibile un aiuto economico per avere personale notturno e diurno, senza far riferimento ad un’assicurazione sulla vita che non riconosce la SLA come assicurabile».

A questo, però, si aggiunge anche un altro calvario, quello relativo alla macchina per la ventilazione meccanica che, una volta arrivata a casa, riscontra problemi con i tubi. Giuseppe e Gilda si mettono in contatto con la società competente. «Dopo alcuni problemi, mi hanno riferito che la macchina non risultava essere associata a mio marito – afferma ancora la moglie -. Abbiamo risolto il problema temporaneamente, ma la burocrazia non ci permette si andare oltre, anche pensando alla bombola d’ossigeno da avere in caso di emergenza. Dopo diverse mail ad ospedali e medici, siamo nella stessa situazione».

Gli unici in grado di ascoltare e far smuovere qualcosa sono stati quelli dell’AISLA Varese, che hanno offerto ai coniugi sostegno e aiuto per risolvere il problema. «In fase di risoluzione il tema del raccordo per l’ossigeno grazie all’intervento del centro di ascolto AISLA – spiega la dottoressa Stefania Bastianello, direttore tecnico AISLA -, per quanto riguarda le cure palliative è inaccettabile nel 2023 sentire dire che le cure palliative sono rivolte solo ai malati oncologici in fine vita. La legge 38 del 2010 è una delle migliori legge europee sulle cure palliative, ma bisogna renderla realmente operativa. AISLA da quindici anni si occupa delle cure palliative nella SLA».

«Per questo motivo ho fatto richiesta da settimane di una pensione anticipata, ma dall’INPS ancora tutto tace. Noi andiamo avanti e lottiamo, la nostra è una voce tra tante, sia contro il muro della burocrazia che del silenzio dell’ATS, ma speriamo vivamente di vedere una luce in fondo al tunnel», conclude Giuseppe.

Agostino Nicolò da Luinonotizie.it

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A OTTOBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.
SU