Nella mente ancora l'eco della scorsa estate, quando ci fu una serata carica di riflessioni sul sistema giudiziario alla Valle di Ezechiele a Fagnano: c'era anche Stefano Binda. E proprio dall'amico, risarcito economicamente dopo essere stato assolto definitivamente dall'accusa di aver ucciso Lidia Macchi - LEGGI QUI - , è andato il cappellano del carcere di Busto, don David Maria Riboldi.
Che ha scritto così a proposito della recente notizia, «l’ennesimo tornello della sua "carriera forense": il riconoscimento di aver subìto un’ingiustizia dal sistema stato. Precisamente, un’ingiusta detenzione. 1.286 giorni: come scandito nel suo account Instagram».
Proprio don David ricorda quella serata fagnanese, in cui Binda raccontò la sua storia e si rifletté insieme a Pietro Buffa, Provveditore di Regione Lombardia. LEGGI QUI Su un sistema, che non funziona, sulle ferite che restano in chi è stato incarcerato ingiustamente, come l'impossibilità a parlare a una persona dietro una grata o il chiamare per sbaglio assistente una cameriera.
Resta il dolore, per tutti, a partire dalla famiglia della ragazza che ancora non ha avuto giustizia.
Resta l'umanità, che si riceve dagli altri e che si costruisce anche oltre le sbarre, come disse Binda ricordando il momento in cui lo raggiunse il grido "Innocente": «Mi hanno scarcerato ma io ero già libero prima».