Lo ha detto per la prima volta 400 anni fa, Busto Arsizio. L'ha ripetuto, in diverse occasioni: l'ultima, quando veniva scossa dal Covid, insieme al territorio e al mondo.
Adesso lo fa ancora, offrendo alla Madonna, nella statua che la raffigura nel cuore della città, una carezza di gratitudine che diventerà preghiera giovedì 8 settembre con l'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. E con la statua lignea restaurata.
La protezione nei secoli
La parrocchia di San Giovanni, guidata dal prevosto della città don Severino Pagani, ricorda le radici della storia e il suo attraversare i tempi.
«Il Santuario di Santa Maria di Piazza venne chiamato Santuario della Madonna dell’aiuto a seguito della cessazione della peste del 1576, attribuita all’intervento d Maria. La mano alzata di Maria sta ad indicare il gesto con cui la madre del Signore fermò la peste. In quella occasione si fece una solenne processione sull’esempio di quelle che a Milano organizzava San Carlo, il quale curava personalmente gli appestati e guidava le preghiere del popolo cristiano».
La statua lignea policroma della Madonna dell’Aiuto è sopra l’altare, al centro dello spazio absidale del Santuario di Santa Maria di Piazza. «Le fonti storiche locali fanno risalire la scultura all’anno 1602 e l’attribuzione all’intagliatore milanese Fabrizio De Magistris, già presente in Santuario nella realizzazione delle 38 statue collocate nelle nicchie del tamburo - si ricorda - Alcune altre serie interpretazioni, invece, attribuiscono l’opera ad autori e contesti differenti, secondo cui l’esecuzione dell’opera sarebbe da conferire “all’intagliatore Battista e al pittore Giovanni” a cui risultano, da archivio, pagamenti a compenso eseguiti negli anni 1551e 1552».
Nel luglio del 1971, i lavori di restauro promossi da monsignor Marino Colombo su progetto dell’architetto Luigi Crespi, si prendono cura dell'altare centrale e si pone il simulacro della Madonna dell’Aiuto sulla parete frontale all’interno di una nuova nicchia di contenimento.
La soluzione fu individuata da un antiquario di Casale Monferrato: «Si tratta in effetti di un lavoro in legno, intagliato e dipinto, risalente al Cinquecento, assai ben conservato, e tra l’altro, facente copia ideale della cornice del polittico di Gaudenzio Ferrari, presente sulla parete di sinistra del Santuario, con gli stessi elementi architettonici e ornamentali e colonne decorate da intreccio di viticci con foglie e pampini».
In azione
L'anno scorso, la cura che parte da scrupolosa e dolorosa osservazione: la statua della Madonna dell’Aiuto è a rischio tra sollevamenti, fessurazioni e distacchi. «In pericolo di caduta erano anche le molteplici scaglie sparse praticamente su tutta l’opera - è la drammatica analisi - La lettura d’insieme inoltre, era alterata da una rifrazione luminosa impropria, prodotta da una certa verniciatura eccessivamente lucida che dava, soprattutto ai volti, un effetto vitreo, provocando, di conseguenza, fastidiosi e deformanti riflessi».
E non solo. Le polveri e lo sporco «opacizzavano i toni sia della lamina d’oro che delle cromie». Parola di occhio e di raggi ultravioletti.
Emerge che «le cromie e le dorature non erano le stesure originali, bensì ridipinture e rifacimenti (probabilmente ottocenteschi) e poggiavano, ad eccezione dei soli incarnati dei visi di Madonna e Bambino e della miracolosa mano destra della Madonna, su di una spessa preparazione gessosa».
La ricerca continua e si individuano segnali, come le «esigue tracce labili di quello che probabilmente era l’azzurro autentico, ma fortemente discontinuo e lacunoso e comunque considerato non più recuperabile». Si ponte dunque particolare cura al recupero dei toni, ma senza eccedere e stravolgere «l’immagine ormai consolidata dell’opera nella visione dei fedeli, contro un risultato - sia pure a dispetto dell’originale - che ne avrebbe distorto seriamente le fattezze e le aspettative».
Tante, e dettagliate le fasi di intervento: «Un’attenta spolveratura preliminare del particellato e dei depositi; a scopo preventivo, attraverso i piccoli e modesti fori di sfarfallamento presenti, è stato iniettato un antitarlo curativo del legno; il consolidamento degli elementi a rischio caduta e dei sollevamenti delle scaglie presenti è stato eseguito mediante iniezioni di colletta animale. La pulitura degli strati pittorici ha avuto la funzione poi di recupero delle cromie - e ancora - a seguire, il risarcimento dalle lacune presenti è stato effettuato in prima fase di restauro estetico cioè la stuccatura, con lo scopo di colmare buchi e fessurazioni e ristabilire il collegamento materico con le parti originali; l’intervento di integrazione pittorica ha avuto la funzione di ricollegare cromaticamente le parti interessate da lacune e abrasioni».
Ultimo ma non ultimo tocco, «la nebulizzazione di una serie di stesure di vernice trasparente protettiva semi opaca ha consentito di donare una migliore rifrazione della luce e rendere l’opera, anche dal punto di vista visivo, nel suo miglior stato di fruizione sia artistico che devozionale. Le condizioni conservative dell’altare ligneo e di conseguenza le fasi dell’intervento di restauro eseguito sono da considerare in gran parte paragonabili a quelle eseguite per la statua».
Sempre proteggere
Questo avviene grazie alla professionalità del Laboratorio San Gregorio di Busto Arsizio - che tante realtà ha fatto rinascere, ovvero riportato alle radici del loro splendore - con la supervisione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Varese, le dottoresse Chiesi e Segimiro. Il restauro è dovuto anche alla sponsorizzazione del Club International Inner Wheel di Busto, Gallarate e Legnano “Ticino” senza dimenticare la predisposizione del ponteggio da parte dell’Impresa Alfano Costruzioni.
Una squadra silenziosa, che ha permesso di tenersi stretto quel segno di devozione e di fiducia nel guardare avanti, attraversando tempi delicatissimi dove si susseguono le pandemie, anche dell'anima.
Giovedì 8 alle ore 21, nel santuario si potrà dire grazie, ancora.