In una giornata non qualunque, siamo andati ancora prima del solito allo stadio Speroni. Non qualunque, perché incombeva la partita che avrebbe potuto e soprattutto dovuto cominciare a inviare messaggi di reazione da parte dei tigrotti: Pro Patria-Seregno. Poi, certo, c'era la nuova proprietà che ancora non si è presentata ufficialmente se non con una nota, ma intanto oggi il presidente Citarella era presente, osservava, e ci ha messo la faccia.
Un'ora prima di Pro Patria-Seregno ci siamo messi così a osservare i nostri tigrotti. Le ultime prove di Caprile e Mangano, poi arrivavano gli altri tigrotti. L'aria festosa degli ultras, sempre e comunque, accompagnava il riscaldamento e tutto sembrava tranquillo.
Abbiamo guardato i volti dei giocatori biancoblù, seri e concentrati: così ci sono parsi.
Poi, ci siamo spostati verso l'altra parte del campo e per un attimo abbiamo pensato di aver sbagliato. Non c'erano i giocatori del Seregno, che si scaldavano per affrontare con il coltello tra i denti i padroni di casa. C'erano dei ragazzi che ridevano e sembravano molto più "leggeri". Sul campo poi si è vista qua e là la ricarica insolita che viene scambiata tra i giocatori, Borghese in testa, molto più da rugby, se vogliamo.
In quel momento, però, ci è apparso un gruppo di giovani che stavano marciando spensierati verso un'amichevole. Che parola stranamente dolorosa, quest'ultima: ci fa balzare alla mente la bella estate della squadra di Luca Prina. Quando non c'era nulla da perdere, prima del campionato, e spesso le gare erano uno spettacolo invitante.
Allora, quella serietà e quella concentrazione sui volti dei nostri tigrotti hanno assorbito come un'ombra: forse, in realtà si trattava di tensione. La pesantezza del compito che si avvertiva e sbilanciava tutto.
Un'ora prima, era tutto scritto sui volti dei giocatori. Poco dopo, qualche sorriso compare nel momento bellissimo dello scatto della formazione a opera di Marco Giussani.
Ma non basta. Come non basta che oggi i tigrotti non abbiano preso gol: devono prendere fiducia. Con una guida differente (e parliamo di un nuovo approccio, non per forza di un nuovo volto), con nuovi innesti, con il tempo: questo non lo sappiamo.
Sappiamo - di più, lo sentiamo e lo vediamo tutti - he questi ragazzi vanno aiutati. Perché questo è un compito che solo loro possono eseguire, verissimo, cioè ritrovare la consapevolezza nei fatti e non nei discorsi, ma sarebbe bene non lasciarli da soli.