Al di là dello 0-1 odierno (leggi QUI cronaca e dichiarazioni e QUI le pagelle) e delle pesantissime assenze dei due giocatori migliori (Lillo e poi anche Disabato, fuori dopo 18 minuti per stiramento), dell'aver costruito dal nulla una squadra che nemmeno esisteva e che ha fatto debuttare un buonissimo giocatore (Guitto) preso da appena due giorni, del ritardo abissale di condizione, di alcuni elementi che paiono non avere le caratteristiche da battaglia che una piazza e una maglia come il Varese richiedono per non esserne schiacciati, della sfortuna che ci mette sempre lo zampino (il portiere Siaulys, forse il migliore, probabilmente starà fuori a lungo per un infortunio alla mano), di un metodo di gioco offensivo e che non punta mai a distruggere ma a cercarsi, costruire, proporre (serve tempo, sempre che il campionato lo conceda) rispetto ad avversari come quelli delle prime due partite che hanno battuto il Varese chiudendo gli spazi e ripartendo, ecco al di là di tutto la cosa che preoccupa di più è non percepire chiaramente la coscienza di chi si è e dove si vuole andare.
Inutile dire "siamo il Varese", come ha urlato qualcuno dei 193 disperati fedelissimi a un certo punto dalla tribuna: siamo nessuno, forse un giorno saremo il Varese ma, di sicuro, ora non lo siamo. Troppo slegati, abbozzati, fragili psicologicamente (la squadra avversaria non può scendere in campo e rischiare di darti due pere in nemmeno tre minuti: significa che hai paura anche della tua ombra o non sai che uscendo dal tunnel ti aspettano per farti la festa). Troppo impalpabili, indefiniti e, al di là di quel che può metterci Sassarini, il gioco e l'amalgama li costruisci ma il carattere no, ed è la cosa che per ora fa un po' paura. Insieme al non sapere dove si vuole andare o per lo meno, se lo sappiamo, non ce lo siamo ancora detto. Ci pensiamo noi, riproponendo testualmente le parole usate dall'allenatore avversario del Pont Donnaz, una neopromossa di quattro paesi valdostani, che sbanca Masnago e con nove punti in classifica ha ben chiaro il suo destino e il suo obiettivo. E quando ce l'hai così definito, puoi perfino andare oltre.
Queste parole di Roberto Cretaz sono le parole che avremmo voluto sentire dire oggi anche dal Varese, parole intrise di giusta tensione perfino dopo un successo così, ma c'è tutto il tempo per ascoltarle anche a casa nostra.
«Siamo una neopromossa di una piccola zona dove mancava il calcio da 10 anni: venire a Varese e rivincere non capiterà più. Sapevamo che loro erano fermi da un po' e avrebbero potuto patire dal punto di vista fisico. Ci siamo difesi perché non è che potevamo venire qui a dare spettacolo. Siamo stati dietro perché vogliamo salvarci il prima possibile: abbiamo 9 punti, prima facciamo i 31 che mancano e prima tagliamo il traguardo. Facciamo cose semplici, badiamo al sodo con tanti ragazzi del posto. Mettiamo punti in cascina tirandoci il collo, 9 punti in 3 partite sono oro colato. Sono venuto qui a giocare in C e in D, posso parlare di Mangia e dei Varese che ho affrontato in passato, di questo non mi permetto. Mi dite che non sembro contento? Per forza: quando voliamo, cadiamo e picchiamo i denti. Abbiamo inserito tre-quattro giocatori di categoria ai giocatori che abbiamo portato su dall’anno scorso. Tra cinque anni magari mi riguarderà questa partita, adesso non mi interessa: dobbiamo andare a casa e tirarci su le maniche, la salvezza è lontana anche se un po' meno lontana di ieri».
Calcio - 14 ottobre 2020, 17:40
IL COMMENTO. Non abbiamo sentito dire l'unica cosa che va detta: il Varese deve salvarsi, anche all'ultima giornata
Ritardi di condizione, assenze, infortuni, una squadra costruita dal nulla, un modulo di gioco offensivo da imparare: va bene tutto, ma il Varese che perde la prima partita al Franco Ossola ha bisogno di sentirsi dire che sarà durissima salvarsi e che quello è l'unico obiettivo
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