«Non so dove arriverai nella vita, ma so che ti farai amare». Non solo Edoardo Raimondi si è fatto amare, ma è arrivato là dove in pochissimi o forse nessuno è riuscito ad arrivare. E, cioè, a far dire a un uomo e un capitano come Andrea Vanetti che, se vuole, ti polverizza con uno sguardo: «Senza Edo, non ci sono nemmeno io». E la forza di Edo, la testa di Edo, le spalle larghe di Edo, la lingua che batte sempre dove il dente duole di Edo, il giudizio a priori di Edo che è stato spesso una sentenza prima che il ghiaccio e la vita dimostrassero che lo era anche a posteriori, è che in quell'"io" ci siamo dentro tutti noi.
Noi bambini che rivediamo in quel frugoletto con la maglia della Shimano nel vecchio Palalbani il sogno di indossare la maglia giallonera, noi genitori che vorremmo avere un figlio con quel carisma capace di percorrere sempre la strada che si è scelto, noi compagni che quando c'è da mettere fuori la testa sappiamo già chi lo farà, noi allenatori che sapremmo subito chi ascoltare e mettere nelle condizioni di dare il meglio di sé per poter vincere ai Mastini, noi amici che consideriamo l'amicizia con Edo un valore (l'amicizia, al di là dei ruoli, quando è vera porta lontano e non è mai qualcosa da mettere in disparte), infine, noi tifosi che davanti al numero 91 rivediamo un po' tutto questo. Rivediamo il pezzettino che tiene insieme un grande puzzle e una famiglia in cui tutti si sentono protagonisti. Ecco, togliendo Edo, le palle di Edo, l'ascendente di Edo, la varesinità di Edo, la visione di Edo, sappiamo che tutto non potrà più essere come prima.
Vincere nei Mastini è un privilegio di pochi, vivere da vincenti è da Raimondi. Che non significa non perdere mai, ma saper perdere. O arrivare a un passo dalla fine, come accaduto dopo aver perso gara 5 di finale contro il Caldaro due stagioni fa, e saper dire: «Due gare dovevamo vincere prima, due gare dobbiamo vincere ora».
Ogni giocatore e ogni uomo sotto la maglia sono speciali, ma Edo è qualcosa di più: lascia una traccia ed è un testimone vivente che arriva dal passato e porta nel futuro («Come noi siamo diventati grandi davanti alla Shimano, vorremmo che altri bambini varesini ci sostituissero e vincessero un giorno guardando quello che abbiamo messo sul ghiaccio in questi anni») e anche il suo numero sulla schiena è magico, unico e inimitabile - per questo andrebbe ritirato - come lo sono la sua pattinata, i suoi gol, la sua voce in spogliatoio, il suo bastone alzato al cielo verso i tifosi e non solo verso i tifosi, quel suo modo di guardarti dritto negli occhi per spararti o volerti bene, quel suo essere pensieroso e fumantino, quelle sue notti al bar del palaghiaccio a parlare di hockey fino all'alba, prima di andare a parlarne ai ragazzini che allena.
È vero, Edo: è stato un viaggio bellissimo quello vissuto nei Mastini assieme a te. Ma non è vero che si conclude qui, con quei due pattini appesi al chiodo (vogliamo proprio vedere se resteranno davvero lì). Il futuro è tutto da scrivere ma, con un giocatore che è sempre stato un coach come te, è già scritto.
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Hockey | 02 aprile 2025, 17:30
Ode a Edo - Ci hai fatto amare i Mastini, ti sei fatto amare: grazie, numero 91
Edoardo Raimondi chiude la sua straordinaria carriera in giallonero: da bambino ai tempi della Shimano a leader del ritorno alla vittoria, ci ha trascinato sul ghiaccio e fuori con la testa, le spalle larghe, il carisma, la visione e tutto ciò che ha fatto identificare un tifoso varesino nella sua squadra
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