Filippo Lo Pinto, ex sponsor del Varese e appassionato da sempre di hockey, ci scrive dopo l'eliminazione dei Mastini nella corsa verso il titolo in gara 5 a Caldaro.
Ciao direttore, martedì sera ho seguito la quinta gara dei Mastini a Caldaro, dove siamo usciti sconfitti, ma non è martedì sera che abbiamo perso.
Quando anni fa arrivai a Varese, rimasi affascinato da questa città, non solo perché posizionata all’ombra del Sacro Monte e distesa sul lago, ma perché a livello sportivo riaffiorarono in me ricordi adolescenziali indelebili: l’Ignis di Meneghin, il Varese del mio Pietruzzu Anastasi, i gloriosi Mastini del mio amato hockey, con i gialloneri che ancora oggi sono l'unica società italiana ad essere riuscita a conquistare una coppa europea.
Pensai subito che Varese è una città fortunata e, subito dopo, mentre ero già coinvolto nel calcio, che la via da seguire sarebbe dovuta essere quella di unire la Varese sportiva, magari creando un'unica tessera valida per ogni abbonato a stadio, palazzetto e palaghiaccio che consentisse agevolazioni reciproche, non solo per gli ingressi alle partite dei club biancorossi e di quello giallonero.
Purtroppo questa idea è rimasta una mia utopia ed è un vero peccato perché non ricordo a memoria una città italiana capace come lo sarebbe Varese di poter attuare questo progetto su tre società così blasonate.
Credo che per percorrere una via come questa, però, le proprietà di queste realtà debbano essere più umili e più vicine alla gente, condizione unica e necessaria per poter cooperare e per non considerare il club un giocattolo privato.
A mio avviso andava, anzi andranno messi davanti a tutto e tutti i tifosi e la città, unici e veri padroni di Pallacanestro Varese, Mastini e Varese calcio. Senza ascoltare e senza farsi trascinare dal vento dei tifosi, che a Varese soffia forte, non si arriva in nessun porto.
Sperando che come hanno fatto stancare me, non facciano stancare anche tutti i tifosi varesini... Varese non molla mai.
Filippo Lo Pinto