Giuseppe Ferrero classe 1942, arriva al Cagliari nel Campionato 1968/69 dal Monza, per poi passare nell'anno successivo al Genoa dove giocherà per quattro anni. Tappa fondamentale quella ligure e dopo capiremo meglio il motivo. Ferrero chiude la sua carriera da calciatore nel Campionato 1973/74 a causa un brutto incidente di gioco dove riporta la frattura di tibia e perone.
Carriera sfortunata, ma grazie al calcio Ferrero che oggi abita ad Asti, ha avuto il grande privilegio di conoscere Gigi Riva e di coltivare con Rombo di Tuono una lunga e sincera amicizia durata oltre mezzo secolo.
Beppe Ferrero ricorda il suo primo incontro con Gigi Riva?
Al ritiro di Asiago, era il 1968, con me sono arrivati a Cagliari in quell’anno anche Zignoli, Albertosi, Tomasini e devo dire che abbiamo subito legato. Con Gigi c’è stata subito un'alchimia particolare; all’inizio ero timoroso, mi faceva impressione il suo modo di calciare il pallone. Dal suo piede partivano tiri come colpi di bazooka. Poi nei ritiri si crea un clima come a militare, ognuno racconta le sue storie e le sue origini. C'erano molte similitudini di una infanzia di povertà, specie tra il sottoscritto Tomasini e Gigi. Ci raccontavamo il nostro essere stati poveri, senza vergogna.
Con Gigi Riva nacque una bella amicizia?
Ci trovavamo bene insieme; sono andato con lui a Grado a fare le sabbiature, sono venuto a Leggiuno a trovare sua sorella Fausta ed i suoi amici di infanzia. Andavamo in spiaggia a Reno, un luogo meraviglioso che Gigi adorava.
Ci racconta qualche ricordo legato a Leggiuno?
Appena si poteva, ci mettevamo d’accordo e raggiungevamo assieme il suo luogo d’infanzia, anche quando giocavo a Genova. A Leggiuno venivano anche Zignoli, Nené, Tomasini, quando il Cagliari giovava nelle vicinanze. Era una data fissa. Addirittura, dopo un incontro che si è giocato a Milano con la Svezia, dove Gigi in azzurro anche quella volta aveva segnato, non ha fatto una piega, ha dribblato giornalisti ed interviste e ci siamo recati a Leggiuno a mangiare con gli amici pane, formaggio e salame. Leggiuno era il suo mondo, si rilassava, sorrideva, incontrava i suoi amici. Andavamo a mangiare al circolo, oppure la polenta a Macugnaga. Alcune volte mangiavamo anche dalla Fausta che con il marito Paolo preparava specialità di lago squisite.
Com'era Gigi con i suoi famigliari?
Era una spasso vederlo con i nipotini Edy e Oscar, mentre gli insegnava a calciare. Poi quando uscivamo alla sera c’erano le raccomandazioni della sorella, che si rivolgeva a me che ero più grande e mi diceva ”ragazzi fate i bravi, mi raccomando”. Comunque con Leggiuno ho tenuto negli anni ottimi relazioni e ho ancora contatti. Mi è spiaciuto non essere potuto venire alle celebrazioni di Riva pur essendo stato invitato alla cerimonia di intitolazione del centro sportivo e alla festa con i dirigenti della Nazionale, per il suo ottantesimo compleanno, a causa di qualche problema di salute.
Qual è il suo legame con il Lago Maggiore?
Mi piace, il posto è incantevole, con mia moglie ci siamo venuto spesso, anzi ci siamo ripromessi di venire presto per ricordare i luoghi di momenti indimenticabili e per salutare l’amico Claudio Rossetti; anche lui era molto legato a Gigi, tanto che si è fatto promotore di un'esposizione permanente di foto e maglie di Rombo di Tuono che sono esposte all’ingresso del municipio di Leggiuno.
Insomma la vostra è stata un'amicizia che è durata nel tempo.
Sì ma non solo a parole ma anche con fatti concreti; quando ho avuto il brutto infortunio della rottura scomposta di perone e tibia, Gigi mi è stato molto vicino, addirittura mi combinò un appuntamento con il primario dell’Istituto Ortopedico di Firenze, dove anche lui si era rivolto per sue disavventure. Purtroppo questo incidente di gioco pregiudicò per me la possibilità di continuare a giocare e Gigi si preoccupò del mio futuro, impegnandosi per trovarmi un impiego. Mi coinvolse nell'apertura di una concessionaria Alfa Romeo in Sardegna, ma non se ne fece nulla perché destino ha voluto che nel mentre ho trovato l’amore della mia vita, mia moglie Piera. Rombo di Tuono davanti al mio innamoramento si arrese, poi trovai subito lavoro in un'importante azienda di prodotti siderurgici piemontese come commerciale, ma ogni tanto lui si rammaricava che non fossi andato in Sardegna.
Lei è stato anche il fautore del famoso e storico incontro tra Gigi Riva e Fabrizio De André. Ci può raccontare come andò?
Giocavo nel Genoa ed andavo spesso a mangiare dal ristorante Mentana, il cui proprietario Nando abitava vicinissimo a Faber. Sapevo che Gigi aveva una predilezione per De André e che sapeva tutte le sue canzoni a memoria. Così vedo di combinare un incontro, anche perché Fabrizio io nel frattempo avevo avuto modo di conoscerlo essendo un tifoso genoano. Riusciamo a combinare l’ incontro dopo una partita che il Cagliari giocò con la Sampdoria. Ebbene ci siamo andati, fu davvero bello, loro due si misero a cantare mentre Faber suonava la chitarra. Gigi richiese più volte di cantare la sua canzone preferita "Preghiera in Gennaio". Poi ci salutammo con la promessa di rivederci. Qualche giorno dopo, De André mi regalò un quadro con dedica mentre e a Gigi la chitarra, che gli feci recapitare dopo qualche settimana, mentre Rombo di Tuono ricambiò regalandogli la sua maglietta.
Peppe chiuda gli occhi e ripensi ad un momento unico che avete passato insieme.
Bella domanda. Tanti, ma uno in particolare mi ha lasciato il segno anche perché lo avevo appena conosciuto. Eravamo a Grado ed al ritorno ho pensato di fermarmi a salutare i miei parenti in un paesino del Veneto; lo dissi a Gigi, che subito acconsentì e mi accompagnò. Chiamai una mia parente che era preoccupata di trovare per il campione una sistemazione adeguata, chiedendo cosa dovesse cucinare. Chiesi a Gigi e lui mi rispose polenta e coniglio nostrano, da consumare nel luogo più semplice possibile. Anche quando veniva a Torino come dirigente della nazionale, voleva sempre andare a mangiare nella sua adorata bocciofila, iniziando sempre il pasto con un buona fetta di salame. Era fatto così, gli è sempre piaciuto stare con le persone comuni; il vantare troppa esteriorità non gli garbava.
Quando vi siete sentiti l'ultima volta?
Una settimana prima del triste giorno. Era a casa con il Tomasini e mi disse "Peppe aspetta mi siedo in poltrona cosi parliamo tranquillamente". Abbiamo conversato a lungo, ricordando come sempre tanti episodi della nostra vita, chiaramente mai legate al calcio. Poi mi disse "certo Peppe che la nostra è una amicizia di ferro, temprata da tanti anni di cose fatte insieme". Ebbene quella frase è stampata nella mia memoria. Ancora oggi e li rimarrà per sempre, come il nostro legame.