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Storie | 16 marzo 2025, 14:44

Quel filo sottile tra Morosolo e la Svezia. Ecco la varesina che porta in Italia le atmosfere scandinave (e l'autobiografia di Ibrahimovic)

Carmen Giorgetti Cima ha tradotto in italiano i grandi autori della letteratura nordica, da quelli di nicchia a firme di best seller come Stieg Larsson. Dalla sua finestra sul mondo a ridosso del lago di Varese ci racconta: «Partii da sola, zaino in spalla, per la Svezia con l'Interrail e così cambiò la mia vita. La mia traduzione più curiosa? L'autobiografia di Zlatan»

Il rifugio della traduttrice è un piccolo “nido d’aquila”, una mansarda affacciata su uno dei più bei panorami di Lombardia, una stanza luminosa che riflette la personalità spumeggiante della sua ospite, Carmen Giorgetti Cima, ovvero la Svezia letteraria in Italia, più di 100 libri tradotti per editori come Iperborea, Marsilio, Guanda, Voland. «Ogni mattina mi sveglio e saluto il Monte Rosa, da qui vedo tre laghi, Maggiore, Comabbio e Varese, è un buongiorno impagabile», dice Carmen, in realtà Carla, ma quando nacque, il 21 aprile 1954, da genitori appassionati di lirica, quel nome esotico non si poteva ancora dare.

Il cognome Giorgetti, invece, fa subito pensare a Cazzago Brabbia, paese “di matt e avucatt”, come ricordò lo storico Luigi Stadera, e in effetti il papà di Carmen era di lì, e i nonni vivevano nella Corte dei Pescatori, ma lei è nata a Varese e per anni ha abitato a Giubiano.

«Mio padre era una figura speciale, fece le campagne di Albania e Grecia e fu fatto prigioniero a El Alamein, quando sono nata aveva 40 anni, lavorava alla Giuliani e Laudi, mia zia Zita sposò proprio un Giuliani. Vivevamo in via Carnia e poi in piazza Biroldi e i pullman della ditta erano nella rimessa della vicina via Leonardo da Vinci».

Ma come è arrivata Carmen Giorgetti a essere un punto di riferimento italiano per la cultura svedese? «È stato quasi un caso. Ho fatto i primi studi a Varese, elementari alla “Mazzini” di via Como, medie alla “Dante” e poi liceo scientifico, perché avevo già amore per le lingue straniere e al classico erano insegnate solo al ginnasio. Arrivai alle elementari che sapevo già leggere e scrivere, mio padre, quando avevo 4 anni, mi lasciava il giornale e se riuscivo a leggergli dei pezzetti mi regalava delle monete. Finito il liceo volevo iscrivermi a Lingue, ma la facoltà era troppo affollata, così optai per Lettere moderne e un giorno entrai per caso nell’aula in cui la professoressa Margareta Giordano Lokrantz teneva il corso di Lingue e letterature scandinave. Amavo già i paesi nordici, e quando, liceale, aiutavo mia sorella all’Agenzia di viaggi Maccapani portando i passaporti ai consolati di Milano, ricevetti in dono dalla Sas, le linee aeree scandinave, un magnifico calendario con le riproduzioni di quadri del paesaggio svedese. Lo tenni per mesi, poi con i fogli ricoprii i miei libri di scuola perché quei luoghi rimanessero sempre con me».

La curiosità venne premiata, modifica al piano di studi e passione assecondata, Carmen sarebbe diventata la prima laureata in Lingue e Letterature scandinave, con padronanza assoluta dello svedese –il traduttore in fondo è colui che sa farsi la lingua dell’altro- perfetta lettura di norvegese e danese e anche dell’islandese antico.

«Alla fine del primo anno d’università partii da sola, zaino in spalla, per la Svezia con l’Interrail, sulla costa occidentale c’era un college per universitari stranieri, eravamo in 40, da tutto il mondo e io l’unica italiana. L’amicizia con i docenti di allora è ancora viva dopo 50 anni. A Stoccolma poi ho fatto da baby sitter alla piccola Matilda, figlia di un’amica della mia insegnante di Milano. Dopo la laurea, con una tesi sull’allora più importante scrittore svedese, Olof Lagercrantz, che frequentai nel 1976 sulla sua isola in Finlandia, Margareta mi voleva come sua assistente, ma poi arrivò il ministro Pedini che bloccò le nuove assunzioni e la mia vita cambiò. Incominciai a tradurre, collaborai con riviste del settore come “Alfabeta” o “Swedish Books Review” con recensioni e articoli sulla cultura di Svezia, e poi tradussi il mio primo libro, “Il latino tardo”, un saggio di Einar Löfstedt».

La carriera di Carmen era tracciata, sarebbe diventata la più importante traduttrice italiana dallo svedese, ma non solo. Nel 1981 è stata ricercatrice al dipartimento di Lingue romanze dell’Università di Stoccolma, ha collaborato anche alla stesura di un vocabolario svedese-italiano e conosce meglio Stoccolma di Milano, dove nel frattempo era andata ad abitare con il marito, Stefano Cima, discendente da una della più antiche e note famiglie del capoluogo lombardo.

«Per l’editore Marietti avevo tradotto i libri di Lagercrantz, personaggio cardine della cultura svedese, direttore del più importante quotidiano del paese, poeta e scrittore. Mi piace instaurare un rapporto di amicizia, direi quasi di complicità, con gli autori che traduco, vado da loro in Svezia e loro ricambiano la visita qui a Morosolo, dove vivo da tempo», spiega Carmen, che nel 2011 ha ricevuto il Tolkningspris, il massimo riconoscimento dell’Accademia di Svezia, la stessa che assegna i Nobel, per un traduttore e lo “Swedish Promoter of the Year” 2009 dall’Ambasciata svedese, per la sua opera di divulgazione di quella cultura in Italia. Le riviste svedesi, tra l’altro, le hanno dedicato lunghe interviste e perfino la copertina.

Ogni anno Carmen Giorgetti Cima andava in Svezia per conoscere le novità editoriali degli scrittori emergenti e nel febbraio 2005 ci fu l’inizio di quella che sarebbe stata una rivoluzione nel giallo europeo e nella letteratura svedese, la trilogia “Millennium” di Stieg Larsson, che ha venduto nel mondo oltre 100 milioni di copie.

«I miei contatti di Norstedts, l’editore svedese, mi raccontarono di questi libri di un autore morto nel 2004, prima che fossero stampati, ed erano convinti del valore degli scritti. L’opera era però voluminosa e Larsson non aveva mai scritto romanzi, difficile che un editore straniero acquistasse i diritti e pubblicasse la Trilogia. Lessi i libri, o meglio li divorai, e contattai Longanesi e Marsilio, raccontandoli al telefono, con il risultato che l’editore veneto li pubblicò facendo la sua fortuna, ma purtroppo non la mia che li tradussi».

La “signora che cerca le parole” ha lavorato molto anche per Iperborea, la casa editrice fondata nel 1987 da Emilia Lodigiani con i libri dal classico formato che ricorda quello di un mattone. «Per loro ho proposto Per Olov Enquist tra i maggiori scrittori contemporanei, e ho tradotto negli anni il meglio del ‘900 svedese, tra cui l’opera di Lars Gustafson, una persona speciale. Tra le mie traduzioni più curiose c’è anche quella dell’autobiografia di Zlatan Ibrahimovic, ero in contatto con lui che è persona intelligentissima e interveniva spesso in corso d’opera. Un autore che amo molto, ormai un amico e persona simpaticissima, è Håkan Nesser, che ho tradotto per Guanda, mentre il libro più difficile che mi sia capitato è “La biblioteca del Capitano Nemo”, di Enquist, pubblicato dall’editore varesino Giano nel 2004, una sorta di auto analisi dell’autore».

Carmen non si ferma mai, è una persona “elettrica”, con una passione profonda per la Svezia, il suo paesaggio e la sua way of life, e lo scorso anno ha lavorato moltissimo, traducendo per due case editrici romane, Voland ed e/o. «Per la prima ho tradotto “Una vita, ancora”, di Theodor Kallifatides, svedese di origine greca, mentre per la seconda uno splendido romanzo di Annika Norlin, dal titolo “La colonia” che uscirà a inizio estate. Mi trovo molto bene con questi editori, che contano su magnifici revisori. Non mi sono fatta mancare nemmeno un giallo di Håkan Nesser, tradotto sempre per Guanda».

Si è levato un po’ di vento, e il Rosa si svela appieno, i laghi brillano lontano e arrivano i primi squilli di primavera. I cani di Carmen, altra sua grande passione, sono impazienti di rivederla, ma c’è tempo per un’ultima curiosità: lo scrittore o la scrittrice svedese che vorrebbe tradurre. «Non c’è, gli autori che desideravo fare miei li ho scoperti tutti, sono soddisfatta così».

Mario Chiodetti

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