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Territorio | 27 gennaio 2025, 07:54

“Look Aut in campo”: la favola deve continuare

Il calcio insegnato a bambini e bambine con disturbo dello spettro autistico: in questo consiste il progetto ideato da “Look Aut – Awareness is not enough”, ospitato negli impianti di Asd Gorla Minore e, finora, gratuito per 12 giovanissimi. Aspiranti calciatori partecipi e orgogliosi, famiglie soddisfatte, ideatrici a caccia di risorse per confermare e rilanciare. L’allenatrice Alessia Pellegatta: «Ogni sorriso è un traguardo raggiunto»

Alessia Pellegatta con i bambini di Look Aut in campo

Alessia Pellegatta con i bambini di Look Aut in campo

Corrono, calciano, eseguono esercizi. E sono autistici. Sono i bambini e le bambine di “Look Aut in campo”, il progetto sportivo pensato apposta per loro. Un piccolo grande miracolo per il quale, con l'ultimo incontro/allenamento, è arrivato uno snodo cruciale. Il percorso è stato positivo: partecipanti coinvolti, motivati, migliorati lezione dopo lezione. E famiglie soddisfatte, speranzose che i giovanissimi calciatori (sono pressoché tutti under 10) possano continuare a trovarsi, imparare, fare sport insieme. Servono, però, risorse: anche l’iniziativa più bella ha bisogno, per proseguire, di benzina da mettere nel motore.

Le psicologhe Federica Galli e Gala Galimberti, con l’educatrice professionale Debora Traspedini (sono fondatrici dello studio/centro Aba “Look Aut – Awareness is not enough” di Varese) spiegano la portata della sfida affrontata con Alessia Pellegatta (“la mister”) e la collaborazione di Asd Gorla Minore.

Il seme ha iniziato a germogliare proprio a Gorla, nella “tana” della società. «La frequento per ragioni familiari – spiega Federica Galli – e quando si è pensato a un progetto sportivo per bambini con disturbo dello spettro autistico è stato quasi automatico parlarne lì. La società si è dimostrata attenta. E Alessia, che ha tanta esperienza nell’allenare bambini, ha sposato la causa. Siamo partiti così, da un’idea e dalla disponibilità incontrata». Questione fondamentale, la disponibilità.

«“Look Aut in campo” – fanno presente le ideatrici - ha degli aspetti come minimo rari, forse unici. Il primo è dato dalla diagnosi che accomuna tutti i bambini: difficile rintracciare iniziative di ambito calcistico dedicate a un gruppo di persone con autismo, per giunta così giovani. Il secondo è proprio la disponibilità trovata da più parti. Quella del Gorla che ci ospita, per esempio, e quella di chi ha messo mano al portafogli per sostenere economicamente il progetto». Indispensabili o quasi, le donazioni: «Le famiglie di bambini con autismo vanno facilmente incontro a spese notevoli e non compensate dai sostegni che possono ricevere. La terapia Aba, per esempio, è impegnativa da tutti i punti di vista: disponibilità di tempo, dispendio di energie, costi. I bambini, questa la nostra aspirazione, dovevano poter imparare a giocare a calcio e divertirsi senza che i genitori avvertissero il peso di un esborso. Ce l’abbiamo fatta, per “Look Aut in campo” mamme e papà non hanno speso nulla. Un risultato importante, anche perché le situazioni economiche delle famiglie coinvolte sono diversificate».

Tutto merito di una campagna crowdfunding e di un donatore in particolare: «A un certo punto è intervenuto in modo risolutivo, con discrezione, mettendo esattamente la cifra che ci mancava per partire. Lo ringraziamo ancora, insieme a tutti coloro che hanno dato un contributo».  Risultato: due affollati open day, valutazioni puntuali sui partecipanti, posti esauriti, allenamenti con una dozzina di bambini (suddivisi in due gruppi) e, motivo d’orgoglio per i giovani calciatori, divisa ufficiale.

«C’è stato subito entusiasmo. Tanta voglia. Tanto interesse. Abbiamo accolto giocatori dal territorio, per esempio da Busto e dalla Valle Olona, un’iscrizione è arrivata dalla Svizzera». Una dimostrazione del fatto che certe opportunità non si trovano esattamente dietro l’angolo. Quanto ai risultati sul campo, la più titolata a parlare è, ovviamente, la mister: «Alleno da 20 anni, soprattutto bambini. Con loro riesco a stabilire un rapporto sereno, di complicità. Sono coinvolgenti. Ma la prima lezione di “Look Aut in campo” è stata emotivamente complicata. Mi hanno colpito i bambini, mi hanno colpito le difficoltà che i genitori affrontano. Non lo nascondo, ho dovuto elaborare. Sono andata avanti perché credo che sia mio dovere di educatrice rispondere a un bisogno. Nel concreto, una delle sfide più importanti è stata fare sì che istruzioni astratte diventassero gesti concreti. Per nulla semplice. Dal punto di vista sociale c’era da stabilire un rapporto basato sul dare e ricevere. Oggi, ogni sorriso è un traguardo raggiunto».

«Tra i partecipanti – proseguono le referenti Look Aut – qualcuno non aveva mai praticato sport e non aveva idea di che cosa lo aspettasse. Ora vediamo bambini che stanno in campo, eseguono, calciano, aspettano, giocano. C’è chi ha proprio imparato a essere in gruppo, il sogno è che qualcuno possa partecipare ad allenamenti degli altri bambini, di pari età».

Un auspicio che nasce anche dal contatto con un’esperienza di successo per atleti con disabilità diverse, “Juventus one” (nella foto sotto, le tre fondatrici Look Aut nel centro sportivo di riferimento): «Abbiamo avuto uno scambio di informazioni con i responsabili del progetto e passato una giornata a Pinerolo insieme a tecnici e ragazzi, tutti molto disponibili. Abbiamo toccato con mano una realtà bellissima, partita piccola e cresciuta nel tempo. Ci siamo accorte che quei calciatori sono riconosciuti come tali, quando passano c’è chi dice: quello è il portiere, quello sta in difesa… fatte le debite proporzioni e guardando in prospettiva, anche i nostri avrebbero diritto a una gratificazione simile».

Per confermare e rilanciare “Look Aut in campo”, però, il motore ha bisogno della sua benzina: «La cercheremo – promettono le responsabili – ancora con il crowdfunding e chiedendo a potenziali sponsor, speriamo ce ne siano di interessati ad associare il proprio marchio a un progetto così. Partiremo con una nuova campagna. Non sappiamo se potremo confermare la gratuità dell’esordio. Intanto alcune famiglie hanno manifestato la loro disponibilità a spendere pur di andare avanti. Vedremo, gli scenari possibili sono tanti ma sarebbe importante proseguire nel segno della massima inclusività. Se lo meritano, i nostri giocatori. Agli amici dicono che loro fanno calcio. Mica poco».

Per seguire gli sviluppi del progetto: https://www.lookaut.it/

Redazione

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