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Varese | 13 gennaio 2025, 08:00

Quarant'anni fa la Grande Nevicata. Valisa: «A Varese caddero 127 centimetri, al Campo dei Fiori quasi due metri. Un evento così oggi è inimmaginabile»

Nella tarda serata del 13 gennaio 1985 i primi fiocchi scesero sulla nostra città: è l'inizio di una nevicata storica, che farà segnare record forse mai più raggiungibili. Il direttore del Centro Geofisico Prealpino Paolo Valisa spiega quello che accadde: «Ricordo il gelo inteso che precedette la neve, l'impegno per spalare all'Osservatorio. Il 15 gennaio caddero in 24 ore 67 centimetri e a fine inverno sul Campo dei Fiori si registrò un totale di quasi sei metri...». Uno scenario lontano un'era geologica da oggi: «Le temperature medie sono più alte e la stagione fredda più corta: può succedere ancora? Molto improbabile»

Questa storia inizia una notte di quarant'anni fa. E' sera inoltrata e sta per volgere al termine una domenica gelida, pigramente trascorsa sotto un cielo grigio e temperature polari. A Varese, dopo un dicembre piuttosto mite, l'anno nuovo si è aperto con l'aria ghiacciata soffiata dal Polo e il freddo fa battere i denti ormai da giorni, almeno da una settimana. Si tirano fuori i pullover più pesanti e i piumini. Intorno alle 23 un leggero nevischio inizia a fluttuare nell'aria e dal Campo dei Fiori e dal Sacro Monte scende lentamente sulla città.

E' il 13 gennaio 1985 e non sarà una data come tutte le altre. E' l'inizio di un evento che chi c'era non dimenticherà. E' l'inizio della Grande Nevicata. Fu un fenomeno meteorologico che portò quantità di neve record in molte città del Nord Italia, fermò paesi e città (ma non come avverrebbe oggi, in condizioni simili), trasformò le nostre strade in qualcosa di mai visto ed entrò a far parte della cultura popolare di un Paese.

Oggi, a quarant'anni esatto da quel giorno, il direttore del Centro Geofisico Prealpino Paolo Valisa, dati alla mano, ripercorre per VareseNoi che cosa accadde in quei quattro giorni di neve. «La Grande Nevicata - esordisce Valisa - rappresenta un evento che viene ricordato ogni anno e che ogni anno di più viene rimpianto. Ai tempi frequentavo la terza liceo e la cosa che ricordo molto bene ancora oggi era il freddo veramente intenso dei giorni che precedettero l'arrivo della neve. Della nevicata in sé invece non ho un ricordo particolarmente catastrofico, perché a quei tempi di nevicate importanti ce ne erano tante. Poi ovviamente guardando i dati si capisce che quell'evento fu un record. Quell'anno da appassionato di astronomia frequentavo l'Osservatorio al Campo dei Fiori e ricordo che per giorni e giorni spalammo la neve... vennero anche gli scout a darci una mano perché temevano che fossimo rimasti isolati sulla montagna. Altri tempi...».

Ma come nacque la Grande Nevicata? «Dopo un dicembre piuttosto tiepido - continua Valisa, consultando le statistiche nell'archivio del Centro Geofisico - a inizio gennaio iniziò una fase di forte raffreddamento. Il 7 gennaio vediamo irrompere aria molto fredda su tutta Italia e poco dopo le perturbazioni portano i primi fiocchi in Centro Italia, con cinque centimetri di neve a Roma. Le nevicate raggiungono anche il Sud Italia». E' già un evento insolito, ma... ma non è ancora finita. «Il 13 gennaio - spiega Valisa - entra della bassa pressione e l’aria umida più calda del Mediterraneo incontra il freddo intenso presente nella conca padana. Ecco, ci sono tutti gli ingredienti per delle nevicate abbondanti».

E così siamo arrivati a quella fatidica serata. «I registri del Centro Geofisico di quel giorno parlano dei primi fiocchi alle 23, dopo una giornata nuvolosa - aggiunge - poi la neve si intensifica e inizia a cadere senza sosta». Cadrà ininterrottamente per i giorni successivi: «La durata totale dell'evento è compresa tra il 13 e il 17 gennaio: alla fine il dato definitivo ufficiale vedrà misurare a Varese città 127 centimetri in 70 ore, mentre al Campo dei Fiori si arrivò a 187: un dato notevolissimo. Addirittura il 15 gennaio caddero in città nelle 24 ore 67 centimetri, attuale record assoluto. Nel gennaio del 2006 ci siamo andanti vicino, con 65 centimetri in 24 ore, ma fu un evento più concentrato nel singolo giorno e in poche ore la neve si fuse. Nell'85 invece andò avanti ancora, senza sosta. E dobbiamo pensare che in quell'inverno nevicò altre volte: i registri riportano in quella stagione 167 centimetri di neve fresca in città e quasi sei metri al Campo dei Fiori. Leggerli oggi ha dell'incredibile».

Già, un'era geologica fa, meteorologicamente parlando. A questo punto la voce di Valisa si fa più sconsolata: «Sono dati oggi inimmaginabili. Basti pensare che negli ultimi dieci anni la media di neve al suolo al Campo dei Fiori è di 111 centimetri all'anno. Prima del 1986 era di circa tre metri e mezzo...» fa notare Valisa.

Che il clima sia cambiato - con buona pace dei negazionisti - è scritto nero su bianco. Lo dicono i numeri: «Sono aumentate le temperature medie e quindi eventi meteo che sarebbero nevosi ora non lo sono più. Inoltre, con temperature miti più frequenti, la stagione invernale dal punto di vista meteorologico è diventata più corta». Le mimose fioriscono a febbraio e ad aprile sono sempre più frequenti giornate con temperature da inizio estate. E la pioggia? «La piovosità invernale totale è rimasta grosso modo la stessa, ma è cambiata la distribuzione: in pratica si sono ridotti i giorni di pioggia, ma nei giorni in cui piove, piove un po’ di più rispetto al passato» aggiunge il direttore del Centro Geofisico.

Ma perché la Grande Nevicata è sempre più rimpianta, termine usato da Valisa a inizio intervista? «La neve rappresenta forse il fenomeno più affascinante per gli appassionati di meteorologia, per la sua magia, per l'atmosfera che sa creare - ammette - quindi esiste sicuramente un lato nostalgico. Oggi bastano due centimetri di neve in Forcora e i social si accendono con centinaia di foto postate: figuratevi cosa potrebbe accadere con un metro di neve. Quelli come l'85 però sono anni che non potranno più tornare: potranno esserci nuove "rotture" polari, come accaduto con il grande freddo a fine anni Duemila, ma saranno sempre meno frequenti e sempre più improbabili. Ma mettiamo da parte la nostalgia e ricordiamo anche una cosa - conclude Valisa - ovvero che la neve è un grande serbatoio di acqua piovana. Oggi spesso affrontiamo l'estate con sempre meno riserve di acqua generata della fusione dei nevai formatisi in inverno. E in caso di siccità questo rappresenta un problema molto grave».

Perché la neve non è solo una bella cartolina da condividere o un fastidioso disagio per chi deve prendere l'auto. La neve è un tesoro bianco che ci viene lentamente sottratto ogni anno. E guardando indietro, a quella notte del 1985, vediamo per l'ultima volta il suo luminoso splendore.

Bruno Melazzini

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