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Basket | 12 gennaio 2025, 22:04

La verità “storica”: è una Varese nella media di se stessa. Né più, né meno

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI - A volte è utile rinfrescare la memoria prima di esprimere un giudizio di merito troppo influenzato dai sentimenti più recenti. E allora lasciamo che siano i numeri a dirci che la Varese di Herman Mandole è una Varese a cui essere abituati, una Varese che vive e interpreta perfettamente la propria dimensione di entità storicamente (almeno in questo secolo) appartenente alla parte destra della graduatoria. Alzare davvero l'asticella sarà un cimento che va ben oltre il parquet...

Varese sorride dopo la vittoria contro Treviso (foto di Fabio Averna)

Varese sorride dopo la vittoria contro Treviso (foto di Fabio Averna)

Dodici punti al giro di boa. Come un anno fa.

Lasciando fuori dall’analisi le “eccezioni” rappresentate dagli andamenti fuori scala del 2022/2023 e degli Indimenticabili 2012/2013, il bilancio delle scorse stagioni “dice” 8 punti a metà strada nel 2021/2022, l’anno dei cambi di allenatore e di società, e lo stesso 365 giorni prima, per la triste Varese comandata da Massimo Bulleri. E ancora: 14 punti a metà della stagione interrotta dal Covid, 18 nel 2018/2019, 8 nel campionato precedente, ancora una volta 8 quando Attilio Caja subentrò a Moretti. E poi: 12 punti nel 2015/2016, 12 punti nel 2014/2015, 12 punti nel 2013/2024, 14 nel 2011/2012, 14 nel 2010/2011.

È utile rinfrescare la memoria: in questo caso serve a soppesare il presente, a inserirlo in un contesto, a rendere più profondo e autentico un giudizio di merito che rischierebbe - senza il viaggetto in quello che è stato - di essere troppo influenzato dai sentimenti più recenti.

E allora lasciamo che siano i numeri a dirci che la Varese di Herman Mandole è una Varese perfettamente nella media, una Varese a cui essere abituati, una Varese che vive e interpreta in modo sartoriale la propria dimensione di entità storicamente (almeno in questo secolo) appartenente alla parte destra della graduatoria.

Non è mai cambiato nulla, né in meglio, né in peggio, alle nostre latitudini. 

Certo, i Mandoleiros hanno avuto bisogno di uno sprint da tre vittorie per arrivare a galleggiare lungo questa soglia praticamente “identitaria”, ma oggi come oggi sono una Openjobmetis tipo che non ha niente da invidiare alle altre, ma nemmeno niente di cui essere davvero orgogliosa.

Pur con il secondo tempo contro la Nutribullet ancora vivo negli occhi - paradigma di quelle paura, caso, confusione e disorganizzazione che hanno griffato tante partite di inizio campionato - questa Varese “nella media” va però considerata una conquista frutto di tanti aggiustamenti che stanno dando frutti, di un lavoro che sta trovando finalmente un senso, di una crescita individuale e collettiva che si vede negli alti (oggi per 20 minuti Treviso non ha visto palla…), ma anche nei bassi (la capacità di “riaversi” un secondo prima di smarrirsi per sempre, come invece accadeva qualche gara fa).

Il futuro è un libro bianco.

La Openjobmetis dello scorso anno non decollò mai per davvero, tra uscite inaspettate, pecche mai chiarite e applicazioni perdenti del “sistema”, quella del 2021/2022 rimase disgraziata fino a fine campionato e così quella di Bulleri; quelle di Caja quasi sempre migliorarono (clamoroso ciò che accadde nel 2017/2018, con l’ascensore preso dall’ultimo posto fino al sesto), quelle precedenti alternarono mediocrità e posti di rincalzo nei playoff.

Ma alzare per davvero l’asticella di una Varese storicamente “medio bassa” sarà un cimento molto più ampio, composito e difficile delle sole questioni da parquet: una scalata che parte sì dal campo, ma coinvolge ogni aspetto della gestione societaria, in primis la “battaglia del grano”.

La Varese di Scola sarà sempre la Varese della sopravvivenza o può aspirare a qualcosa di più?

Fabio Gandini


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