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Busto Arsizio | 31 dicembre 2024, 10:00

VIDEO. Ginetto Grilli: 99 anni di vita, poesia e memoria

Il poeta e scrittore dialettale sinaghino compie novantanove anni, un traguardo che celebra con riflessioni sulla vita, la fede e i ricordi di una lunga esistenza. Tra aneddoti di infanzia, la passione per la musica e la direzione della corale, Ginetto racconta momenti indimenticabili della sua storia e la sua visione della vita come un dono da proteggere. Con il sorriso e la saggezza che lo contraddistinguono, guarda al futuro con la speranza di raggiungere il secolo di vita

Buon compleanno a Ginetto Grilli che oggi festeggia 99 anni

Buon compleanno a Ginetto Grilli che oggi festeggia 99 anni

Sono novantanove, oggi, per Ginetto Grilli. Un personaggio al quale non si farebbe onore se ci mettessimo ad elencare le qualità umane, letterarie e musicali. Chi non ha mai avuto modo d'incontralo o di parlare con lui, alle orecchie è sicuramente arrivato il suo nome accompagnato dalla sua fama di poeta e scrittore dialettale sacconaghese-bustocco nonché della sua ammaliante eloquenza.

Ginetto, a novantanove anni hai tutta l'autorevolezza per dirci cos'è la vita?

«E' il regalo più bello che il Signore mi ha fatto. E qui voglio ricordare una preghiera che mia mamma mi faceva recitare da bambino in un latino un po' maccheronico e faceva così “Miserere mei domine, quia tu creasti me e redemisti me, sanguine tuo preziosissimo”. Quel “miserere” non sta per abbi pietà di me, ma vuol dire proteggimi. Mi hai creato, sono del tuo sangue e dunque mi devi dare la forza per andare avanti».

Non l'hai mai dimentica?

«Mai, perché è un'espressione che mi piace. E' un'invocazione al buon Dio: mi hai messo al mondo e quindi devi avere cura di me. Tocca a te proteggermi. Eh, i nostri cari ci hanno dato degli ottimi insegnamenti».

Ma tu credi che li ritroveremo quando si andrà di là?

«Non posso non trovarli. Il pensiero è ricorrente, soprattutto quando si va verso la fine, I miei non me li immagino adoranti in Paradiso. Li vedo invece molto vivi».

Tre fotografie di questi novantanove anni che non si sono mai scolorite nella tua mente.

«Mi vedo a tre anni in spalla a mio papà in piazza della Chiesa Vecchia mentre l'urna di San Cirillo viene caricata sul carro trainato dai buoi e con tanta gente.

E, sempre da bambino, mi ricordo un pomeriggio dell'Epifania per la festa della Sant'Infanzia con una Chiesa Vecchia gremita ed io che recitavo. Meglio, chiedevo alla gente di fare offerte per i bambini che non avevano nulla da vestirsi e da mangiare. Mentre la ripetevo in dialetto passavo di mano in mano quasi veleggiando sopra la testa della gente.

E, non posso dimenticare i rosari della nonna Rosina. Alla sera, prima di andare a letto a noi ragazzi ci faceva recitare il rosario solo che, presa dalla stanchezza, spesse volte si assopiva e quando si svegliava le dicevamo che stava dicendo il rosario. Lei ci diceva a che mistero era rimasta e noi le dicevamo sempre al quinto anche se magari era al secondo».

La musica ha contrappuntato quasi tutta la tua vita.

«Vero. Mio papà era appassionato di musica e mi aveva indirizzato da un suo amico(Rodolfo Rogora) per insegnarmi i primi rudimenti musicali. Ma devo ringraziare il parroco don Franco Griffanti che ha voluto mandarmi a Milano per imparare a suonare l'organo sia con la tastiera che coi pedali. Un anno e mezzo molto fruttuoso».

E da organista sei passato a direttore della cantoria.

«Ho preso il posto di mio papà. Sono stati anni bellissimi avendo avuto la fortuna di dirigere una corale composta fino a sessanta cantori, a quattro voci e lo dico con orgoglio perché siamo stati capaci di cantare la messa Pontificalis Secundo del musicista Lorenzo Perosi. Sono stati anni di grandi soddisfazioni».

Ginetto, un accenno ai personaggi caricaturali sacconaghesi dei quali tu sei stato un abile narratore nonché scrittore dobbiamo farlo.

«Ce ne sarebbero tanti. Mi fermo a Caccia Felice detto Maca Felice perché un tipo balbuziente. Abitava nel cortile adiacente al mio in via Biagio Bellotti. Aveva il vezzo di andare sul balcone a ripetere il discorso di Mussolini del 10 giugno del '40 quando l'Italia entrava in guerra. Solo che una volta venne alle mani con il fratello al quale il Felice aveva preso i pantaloni. Ne nasce un parapiglia. Sta di fatto che il povero Felice cade dal bancone e finisce in un pozza tutta melmosa e completamente nudo. Mia mamma sente il frastuono, arriva e subito mi tappa gli occhi con le sue mani, mi manda in casa e poi di corsa con un secchio a lavare il povero Felice cingendogli ai fianchi un asciugamano per coprire la cosiddetta vergogna».

Ginetto, dopo il novantanove arriva il cento....

«Non risponde, ma il suo sguardo è implorante come a dire “il buon Dio mi ha messo al mondo, mi ha portato fino a novantanove anni, se chiudesse un occhio e mi fa tagliare il traguardo dei cento sarebbe un lavoro ben fatto che a me proprio non dispiacerebbe”».

Ad maiora Ginetto.

Giovanni Toia

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