Si è vinto nonostante Bentil e gli altri lungagnoni con la maglia colore del mare abbiano banchettato abbondantemente sotto le plance. I 17 rimbalzi offensivi lasciati nelle loro mani sono lì a dimostrarlo.
Si è vinto nonostante quella appena andata in onda a Masnago sia stata più la partita di Napoli che quella di Varese. Palla sotto, come voleva Valli: peccato che agli ospiti siano mancati Pullen, in modalità astensione dal lavoro (vani i tentativi di precettazione…), e soprattutto un bel po’ di difesa… Il 62% da sotto ha salvato l’Openjobmetis… Solo attaccando non ci si salva, lo sappiamo bene qui…
Si è vinto nonostante il solito terzo quarto: 29 punti subiti nei terzi dieci minuti, un match in controllo diventato un match in equilibrio. E come sempre gli occhi rimangono interdetti: perché Librizzi e compagni regalano un tempo agli avversari ogni maledetta domenica (e il sabato non fa eccezione)?
Si è vinto nonostante l’assenza di Sykes, cioè dell’uomo che un mese fa è stato presentato alla piazza come il soldato numero uno della corsa salvezza biancorossa. I soldati fuori forma, però, non dovrebbero trovare spazio nelle avanguardie: oggi hanno avuto più peso, più potere, più importanza la logica a-sistemica (in soli due giorni cosa può aver imparato?) di Bradford, le sue scelte “normali” e la sua prontezza fisico atletica.
Si è vinto con un po’ dell’adrenalina “librizziana”, che ormai a Masnago scorre convinta senza soluzione di continuità (non perdiamola dai radar questa crescita, perché se non l’avete capito è la notizia più bella della stagione…). E con la briglia sciolta di Hands, che oggi ha trovato davanti blande opposizioni che hanno dato così corpo a una bidimensionalità (canestri da 3 ma anche in penetrazione) finora sconosciuta. E poi ecco il mattoncino di Alviti, tra un litigio e l’altro con i falli, e quello di Kao, qualche bagliore qui e là nel buio dell’inesperienza.
Si è vinto nonostante gli arbitri, degni di una sfida tra ultima e quartultima.
Si è vinto. E contava solo quello.
Il sapore in bocca rimane però più agro che dolce. Masnago - con i suoi boati, il suo incitamento, le sue “sveglie” soprattutto - continua a segnare la differenza tra una squadra che si perde irrimediabilmente per strada e una che alla fine ritrova il sentiero.
L’agonia da cui si è costretti a passare le poche volte in cui si esulta, le scelte dalla panchina che talvolta si trascinano in grossi punti di domanda, perché completamente opposte a quelle che in tanti forse prenderemmo, quella fragilità che oramai pare congenita, tutti quegli errori che continuano a ripetersi uguali e l’insostenibile leggerezza dell’essere che sembra pervadere ancora quasi ogni gesto di questa squadra ci fanno pensare che tale sentiero sia purtroppo piuttosto corto.
Felici di sbagliarci.