“Varese formato trasferta” potrebbe essere lo slogan per definire la scampagnata reggiana. E verrebbe da sottolineare la parola “formato”, perché chiave.
Ciò che non ha fatto Milano, una settimana fa, lo ha fatto Reggio Emilia oggi: far sembrare i biancorossi quelli che sono, ovvero una squadra troppo piccola per reggere certe battaglie.
Forte delle peculiarità fisiche del suo organico, coach Priftis prepara il match come anche noi - che non capiamo un’acca di pallacanestro - prepareremmo ogni gara contro la Openjobmetis: post basso come se non ci fosse un domani, “torri gemelle” in campo insieme - Gombauld e Faye (o Faried) - ed esterni ad alternarsi nella parte degli attivatori - con vellutati alto e basso o giochi a due che non hanno incontrato alcune resistenza - e in quella degli attori, sempre spalle a canestro.
Risultato? Varese dura il tempo del rodaggio dei padroni di casa, poi viene soverchiata sotto canestro in una maniera così netta, così palese, così senza eccezioni da far sembrare il risultato un mero accordo pre-partita, una prova provata, un postulato di un teorema geometrico: impossibile far andare le cose diversamente.
Poi, per amor del cielo, come in ogni buon insuccesso lontano da Masnago che si rispetti, Sykes (capopopolo chiamato in causa non a caso) e soci ci hanno messo del loro, con testardaggini offensive, errori, disattenzioni e una parvenza di difesa scomparsa dopo 17 minuti.
Avrebbe dovuto essere perfetta, invece, l’armata di Mandole, per contenere un’avversaria così superiore in tonnellaggio e centimetri…
Il piano di giocare la stessa pallacanestro che ha messo in crisi l’Ea7, quel basket di corsa, tiri aperti e aggressività che pare l’unica àncora a disposizione dei varesini per non naufragare (ma che chance di successo ha - a lungo termine - l’aver solo un piano tecnico per sopravvivere?), al PalaBigi è andato presto in soffitta. Per le impossibilità conclamate di cui sopra, ma anche perché - salvo eccezioni - a Varese continuano a mancare gli uomini per dar corpo alle proprie idee: Sykes e Tyus sono tornati quelli di due settimane fa, ovvero due ex campioni che non hanno (ancora) il fiato e la gamba per assumersi il duro compito cui sono chiamati; Hands persevera nel non battere in palleggio nemmeno i cesti che raccolgono i palloni durante i riscaldamenti; Alviti e Gray sono solo due tiratori; Johnson una partita apre il campo, un’altra contempla, si incarta, si perde; Librizzi è ancora troppo inesperto.
Barford, Winston, Vitali, Faried, Cheatham, invece, non lo sono.
Vietato sognare, con questo formato, sotto al Sacro Monte: un miracolo ci sta, due no. E Babbo Natale non esiste.
Questa Varese vale solo la parte bassa della colonna di destra della classifica, non ha nulla da spartire con le squadre da playoff, lontano dal Lino Oldrini soprattutto.
Pertanto si pensi a Napoli, perché c’è una zona retrocessione da tenere lontana.
Pare l’unico obiettivo, per l’ennesima volta, di un’intera stagione.
Auguri.