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Attualità | 08 dicembre 2024, 07:00

Inquisizione e caccia alle streghe in Italia: un capitolo oscuro della nostra storia

Inquisizione e caccia alle streghe in Italia: un capitolo oscuro della nostra storia

Tra il XIII e il XVIII l’Italia conobbe le violenze e i soprusi dell’Inquisizione, istituita dalla Chiesa cattolica con lo scopo di mantenere l’ortodossia religiosa, concentrandosi inizialmente su sospetti di eresia, protestantesimo e, più tardi, su questioni morali e comportamentali. Il fervore inquisitorio si diffuse da nord a sud, intrecciandosi sempre più col crescente timore per la stregoneria e la dimensione del sovrannaturale, collegati alla cultura pagana. Le accuse di eresia, stregoneria e pratiche occulte divennero spesso strumenti di controllo sociale, alimentati da tensioni locali e rivalità personali. L’Italia settentrionale fu uno dei principali teatri di questi fenomeni, con processi documentati in regioni come Piemonte, Liguria e Lombardia.

Piemonte

Il Piemonte fu tra le prime regioni a vedere l’attività degli inquisitori, che operavano principalmente con il supporto di ordini religiosi come i Domenicani e i Francescani. Tra questi inquisitori, Cipriano Uberti, attivo a Vercelli (dove nel 1566 fece bruciare sul rogo come relapso il maestro Giorgio Olivetta, da lui definito iconoclasta e bestemmiatore), divenne una figura di rilievo, conducendo con inflessibilità e rigore indagini e processi destinati a lasciare un segno profondo nella storia locale. Convinto che stregoneria ed eresia rappresentassero minacce per l’ordine pubblico e morale, Uberti condusse una campagna di persecuzione in diverse aree del Piemonte e della Valle d’Aosta.

Torino: il Processo di Chiomonte

È il 15 ottobre 1436 quando a Chiomonte, piccolo borgo alpino, si consuma una delle tante drammatiche pagine dell’inquisizione: Antonietta Forneri, Bardonecchia Moti e Jeannette Bruneri, insieme a Tommaso Balbi, Guglielmo Celier e Giovanni Forneri, si ritrovano davanti al tribunale del giudice delfinale di Briançon, accusati di eresia, stregoneria e omicidio. La vicenda è alimentata da accuse incredibili: relazioni con il diavolo, omicidi, avvelenamenti, perfino il maleficio di aver fatto abortire una mucca.

Dopo una prima assoluzione per mancanza di prove, una confessione cambia tutto. Tommaso Balbi, pentito, ammette i crimini suoi e degli altri imputati, dando agli inquisitori la giustificazione per decretare la sentenza finale: il rogo. Balbi, tuttavia, per il suo “ravvedimento” ottiene una pena più clemente del rogo: l’annegamento nella Dora. Un triste epilogo che lascia un segno profondo, emblema del clima di paura e sospetto che pervadeva le valli alpine in quel secolo oscuro.

Cuneo: i processi di Rifreddo e Peveragno

A cavallo tra il XV e il XVI secolo, i borghi piemontesi di Peveragno e Rifreddo furono teatro di sanguinose cacce alle streghe, che portarono sul rogo decine uomini e donne.

A Peveragno, fra il 1485 e il 1522, 34 donne e un uomo furono condannati sotto l’accusa di stregoneria e di legami col demonio. Il clima persecutorio si inasprì con la fondazione di un convento domenicano diretto dall’inquisitore Biagio de Berra, determinato a estirpare non solo la stregoneria ma anche le eresie valdesi e catare diffuse nelle valli piemontesi.

A Rifreddo, nel 1495, un processo per stregoneria venne avviato contro Caterina Bonivarda e altre donne su ordine del monastero cistercense locale. L’inquisitore Vito Beggiani fu inviato da Milano per indagare la misteriosa morte di un inserviente del convento, dando inizio a una vera caccia alle streghe. I verbali del processo, conservati negli archivi, testimoniano le deposizioni e le confessioni ottenute sotto tortura, culminando con la condanna a morte delle accusate.

Liguria

In Liguria, il fervore inquisitorio si accese in particolar modo nelle aree montane e nei piccoli borghi, dove le credenze popolari su spiriti e riti antichi si radicavano facilmente.

Genova: un crocevia di eresie e processi

A Genova, uno dei principali centri dell’Inquisizione ligure, le autorità ecclesiastiche portarono avanti processi contro sospetti di eresia e stregoneria. La città, da sempre crocevia di commerci e culture, attirava un’attenzione particolare, poiché il movimento inquisitorio vedeva nelle influenze straniere una minaccia per l’ortodossia cattolica. Numerosi processi si svolsero tra le mura del Palazzo del Podestà, luogo simbolo della giustizia genovese, e videro spesso il coinvolgimento di inquisitori di alto rango.

Imperia: le streghe di Triora

Nel cuore delle montagne liguri, Triora si trova al centro di uno dei processi per stregoneria più infami della storia italiana, svoltosi tra il 1587 e il 1589. In un periodo segnato da una terribile carestia, la comunità locale, alla ricerca di un capro espiatorio, accusò venti donne di essere responsabili della miseria che affliggeva il borgo. Il clima di paura e superstizione si intensificò quando il vicario dell'Inquisitore di Genova incitò i fedeli a denunciare le streghe durante la messa, portando a una serie di arresti e torture.

Il processo, caratterizzato da confessioni estorte e una mancanza di prove concrete, culminò con la condanna a morte di diverse donne, molte delle quali provenivano da famiglie rispettabili. Malgrado le richieste di un approccio più cauto da parte del Consiglio degli Anziani, il terrore continuò a imperversare. Nel 1589, dopo l’intervento del Padre Inquisitore di Genova, il processo si chiuse, lasciando nel mistero le sorti delle prigioniere.

Per ricordare questi tragici eventi, ogni anno, la prima domenica dopo Ferragosto, Triora celebra Strigora, una festa dedicata alla stregoneria, che riafferma la memoria di un passato di ingiustizia e paura, riflettendo sull’importanza di non dimenticare le lezioni della storia.

Lombardia

La Lombardia fu tra le regioni italiane più colpite dall’Inquisizione, che qui trovò un terreno fertile per diffondere la paura del maligno e della stregoneria. Le zone rurali, isolate e caratterizzate da antiche tradizioni popolari, furono le più coinvolte nei processi.

Varese: il processo alle streghe di Venegono

Nel 1520, il piccolo borgo di Venegono Superiore, nella provincia di Varese, fu teatro di un processo crudele che portò alla condanna di sei donne. Le imputate, provenienti da diversi villaggi circostanti, furono accusate di aver stretto un patto col Diavolo, e di aver partecipato a riti magici e pratiche demoniache. Dopo confessioni estorte sotto tortura e la pressione degli inquisitori domenicani, le donne furono condannate al rogo, mentre una settima accusata morì durante gli interrogatori. Questo episodio, riscoperto solo di recente, è oggi ricordato con un progetto di memoria storica, il “Sentiero delle Streghe”, che ripercorre la vicenda lungo un sentiero tra le colline di Venegono.

Memoria e riscatto

L’Inquisizione in Italia, insieme alla caccia alle streghe, rappresenta un capitolo buio della storia europea, in cui paura e superstizione portarono alla persecuzione di centinaia di persone. Piemonte, Liguria e Lombardia furono tra le regioni che più ne risentirono, e la memoria di quei tempi è oggi ancora viva in alcuni luoghi simbolici. Il riscatto della memoria e la riscoperta delle storie locali hanno il valore di far emergere le testimonianze di un’epoca di grande tensione sociale, ricordando le vittime di una macchina inquisitoria in cui l’interpretazione della fede e del potere si trasformò in una trappola mortale.

In un viaggio attraverso la storia di Torino, Cuneo, Genova, Imperia, Varese e oltre, il nostro gruppo editoriale si impegna a raccontare le storie e le memorie di ogni città, contribuendo a dare voce al passato e al presente delle comunità che le abitano.

Valeria Toscano

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