Economia - 03 dicembre 2024, 16:49

Il caso Beko Cassinetta in commissione regionale. L'azienda: «Non abbiamo in corso nessuna delocalizzazione»

Al Pirellone sono intervenuti i rappresentanti dei lavoratori, i sindacati, il sindaco di Biandronno e il presidente della Provincia di Varese, i quali hanno posto l'accento «sulle drammatiche ricadute occupazionali e sociali». Per Beko era presente il direttore della Relazioni Esterne Maurizio Sberna: «Abbiamo 13 mesi per fare tutti gli aggiustamenti, le linee che chiuderemo in Italia non saranno riaperte altrove»

L'audizione sul caso Beko Cassinetta in commissione Attività Produttive di Regione Lombardia

La Commissione Attività Produttive presieduta da Marcello Ventura (FdI) ha ospitato un ampio confronto sulla crisi produttiva dello stabilimento Beko ex Whirpool di Cassinetta di Biandronno sulla quale è in corso da tempo un’interlocuzione tra le parti sociali e l’azienda presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Erano presenti i rappresentanti delle RSU, dei sindacati territoriali, il Sindaco di Biandronno Massimo Porotti, il Presidente della Provincia di Varese Marco Magrini e il Dirigente della Struttura Attuazione Politiche attive del lavoro, presidio crisi e ammortizzatori di Regione Lombardia Alessandro Fiori. Per conto dell’azienda è intervenuto il Direttore Relazioni Esterne Beko Europe Maurizio David Sberna.

I rappresentanti sindacali hanno espresso la loro forte preoccupazione per il piano industriale presentato da Beko nel corso dell’ultimo incontro al Ministero delle Imprese che prevede per il sito di Cassinetta ben 541 esuberi oltre il 40% della forza lavoro attuale.

Due linee sulle cinque oggi attive verrebbero chiuse mentre gli investimenti annunciati in ricerca e sviluppo (110 milioni su tutti i siti italiani del gruppo) vengono considerati dalle parti sociali del tutto insufficienti per un reale rilancio della produzione.

Nei loro interventi il Sindaco di Cassinetta di Biandronno Porotti e il Presidente della Provincia di Varese Magrini hanno posto l’accento sulle drammatiche ricadute occupazionali e sociali che il ridimensionamento dello storico stabilimento fondato negli anni ’60 dal Giovanni Borghi sotto le insegne della Ignis avrebbe sul territorio circostante.

Il rappresentante dell’azienda ha illustrato le linee generali del piano presentato alle parti sociali in sede di trattativa precisando che «il ridimensionamento è dovuto alla crisi della domanda (in soli 9 anni il numero di pezzi venduti è passato da poco meno di 30 milioni a 15,5 milioni all’anno) e alla forte concorrenza cinese e coreana sul segmento low price». 

Attualmente negli stabilimenti italiani del gruppo la capacità produttiva è utilizzata solo al 38% generando ogni anno 240 milioni di perdite. A fronte di questi dati l’azienda ha impostato un piano industriale che prevede la chiusura di alcune linee produttive e l’accorpamento delle divisioni Design e R&S nello stabilimento di Cassinetta. Il tutto non prima del dicembre 2025

«Abbiamo davanti 13 mesi – ha precisato Sberna – per fare tutti gli aggiustamenti opportuni e valutare l’utilizzo degli strumenti di gestione delle crisi che la Regione e lo Stato, con cui stiamo dialogando costantemente, mettono a disposizione. Vorrei precisare che non abbiamo in corso nessuna delocalizzazione, le linee che chiuderemo in Italia non saranno riaperte altrove».

Nel dibattito sono intervenuti numerosi Consiglieri regionali. Luca Ferrazzi (Misto) e Paolo Romano (PD) hanno chiesto che anche la Giunta regionale sia presente al tavolo in considerazione della dimensione della crisi che coinvolge un grande gruppo europeo con stabilimenti in almeno quattro paesi dell’Unione Europea. Emanuele Monti (Lega) ha rivendicato l’iniziativa di convocare le parti in Commissione. 

«Su questo tema – ha precisato Monti – il Consiglio regionale si è già espresso all’unanimità manifestando grande preoccupazione per le ipotesi di depotenziamento dello stabilimento lombardo del gruppo e chiedendo all’azienda un ripensamento. Dobbiamo essere tutti uniti al di là delle diverse posizioni politiche in difesa dei lavoratori e di un patrimonio di conoscenze di inestimabile valore industriale e storico. L’azienda – ha concluso Monti – dev’essere chiara: siamo davanti a una crisi aziendale o ad una delocalizzazione strisciante?»

Chiarezza è stata chiesta anche da Giuseppe Licata (Azione – Italia Viva) e Samuele Astuti (PD) sia sulle intenzioni dell’azienda sia sul ventilato utilizzo della golden power da parte del Governo. Il ritiro del piano industriale presentato è stato invece chiesto da Onorio Rosati (Alleanza Verdi e Sinistra) mentre solidarietà ai lavoratori coinvolti è stata espressa da Paola Pizzighini (Movimento5Stelle).

Redazione