Busto Arsizio - 01 dicembre 2024, 10:26

Isaia Ravelli, da Busto Arsizio a Lourdes nel segno di Maria: «Tutti i giorni qui accade qualcosa di particolare»

Il giovane musicista è organista titolare di uno dei maggiori centri della cristianità mondiale. I bustocchi hanno potuto ascoltare per diversi anni la sua musica nella basilica di San Giovanni

Busto Arsizio e Lourdes. Ad unirle il giovane Isaia Ravelli, primo italiano e laico ad essere nominato organista titolare e compositore del santuario Notre Dame di Lourdes.

Nato nel 1990 a Rho, originario di Pogliano Milanese, Ravelli ha ottenuto la laurea triennale in Direzione di coro e composizione corale al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, la laurea biennale in Organo e composizione organistica al Conservatorio Gaetano Donizetti di Bergamo e il diploma in organo all’Accademia internazionale di musica antica di Milano, sempre con il massimo dei voti.

Dal 2013 al 2020 è stato organista e direttore di coro nella basilica di San Giovanni Battista a Busto Arsizio. E il 1 gennaio 2024 è diventato ufficialmente organista titolare e compositore del santuario eretto nel luogo dove la Madonna l’11 febbraio 1858 apparve per la prima volta a Bernadette.

Lo intervistiamo mentre sta ultimando nella cittadina dell’Occitania l’incisione del cd con i dodici nuovi pezzi da lui composti per la messa del 2025, quella del Giubileo.

Che effetto fa essere organista titolare a Lourdes?

«La vivo come una grande responsabilità, come un grande compito a cui far fronte».

In che cosa consiste la tua attività?

«Accompagno all’organo la maggior parte delle celebrazioni, sia quelle internazionali sia quelle in francese. Autorizzo gli organisti di passaggio a suonare, faccio le prove coi cantori, compongo, scrivo i salmi per le messe internazionali della domenica sulla base della presenza dei pellegrini, quindi in lingue diverse. C’è poi un lavoro con i traduttori, che sono musicisti, per tradurre nelle sei lingue ufficiali del santuario i nuovi canti che ogni anno compongo per la messa».

Quando e perché hai iniziato a suonare l’organo?
«Ho iniziato un po’ per caso. La prima volta è stato per sostituire l’organista della parrocchia di Pogliano su richiesta di mio nonno: era il 15 agosto 2000, avevo dieci anni. Dopo qualche mese sono diventato l’organista della parrocchia. Allora suonavo però un organo “finto” perché era elettronico. La cosa particolare è che ho suonato per la prima volta un organo vero qui a Lourdes l’8 settembre 2000, un’altra data mariana visto che è la natività di Maria».

Poi hai incominciato a sostituire anche l’organista titolare di Lourdes

«Dal 2015 ho iniziato a sostituire il maestro di cappella e organista titolare del Santuario, Jean Paul Lecot (compositore dei grandi canti liturgici successivi al Consilio Vaticano II).

Tutti gli anni, da quando avevo 6 o 7 anni, i miei nonni mi accompagnavano a Lourdes e Lecot mi ha visto crescere, ha seguito un po’ indirettamente i miei studi, mi ha ascoltato qualche volta all’organo. E’ stato lui a chiedermi di sostituirlo quando partiva per dei concerti».

Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada?

«Ho capito che la musica liturgica sarebbe stata la mia strada quando mi sono accordo qui a Lourdes, venendo da bambino, che la musica aiutava la preghiera. Così è stato per me: qui ho imparato a pregare attraverso la musica, qui ho sentito, proprio grazie ai canti, che questo è davvero un popolo in festa dietro il suo Signore».

Perché ti sei dedicato alla musica sacra?

«Non l’ho scelto io. Qualcuno, il Creatore, ci mette nel cuore un desiderio e se è un desiderio bello allora poi è accompagnato anche dalla sua presenza, quindi se mi ha dato questo dono e mi ha messo nel cuore questo desiderio, penso che ci sia un motivo: semplicemente lo vivo, non l’ho scelto».

Andare a Lourdes è sempre stato un tuo desiderio. Perché?

«Non lo so. Credo che i desideri belli si debbano vivere senza farsi troppe domande. Il desiderio riguarda le stelle (in latino sidera sono le stelle) e le stelle non si possono pensare, ma Qualcuno ce le mette nel cuore e possiamo semplicemente scegliere di accoglierle e di viverle».

Com’è l’atmosfera a Lourdes?

«Da pellegrino l’atmosfera è di pace. Io pellegrino non sono più, io lavoro per Maria, viverci è diverso e come in tutti i lavori ci possono essere anche le difficoltà. Soprattutto ci vuole una certa energia.

In generale posso dire che a Lourdes si è sempre in festa, si vive la festa del Cielo. I pellegrini cambiano ogni tre giorni e hanno diritto di vivere l’esperienza di festa che ha vissuto Bernardette.

Poi vedi tante persone con disabilità gravi, e a volte bambini, e ti chiedi dov’è la gioia. In realtà la gioia la leggi nei loro occhi. Sono persone che fanno o hanno già fatto esperienza di Cielo e tornano a casa senza che ti accorgi che qualcosa è cambiato. In realtà tornano sereni, in pace, sapendo che siamo veramente dei pellegrini di passaggio su questa Terra: Maria ha promesso a Bernadette non la felicità di questo mondo, ma dell’altro, si parla di un’Eternità beata. Qui i pellegrini fanno esperienza di questo Cielo e se lo portano a casa.

Qui ho fatto tanti incontri particolari, ho stretto tante belle amicizie. Capisco che nulla sia a caso. Capisco che è Maria che regge in piedi tutto. Con i suoi tempi. Che non sono i miei, che non sono i nostri».

Sei stato testimone di momenti particolari?

«Tutti i giorni qui accade qualcosa di particolare. Solo guardando come si incrociano gli sguardi tra la statua della Madonna alla grotta e i pellegrini capisci che lì c’è qualcosa. Perfino i più scettici guardando questa grotta, pur non credendo, si rendono conto che c’è qualcosa che non riescono a spiegarsi».

Un tuo desiderio?

«Poter ridonare quello che ho ricevuto qui perché a Lourdes ho imparato a riconoscere il valore della musica come strumento e veicolo di preghiera. E poi vorrei collaborare con altri musicisti, proporre sempre contenuti di qualità che possano “aiutare” Maria a fare quello che già fa, cioè evangelizzare attraverso il messaggio che ha dato a Bernadette, ancora vivo tutt’oggi».

Com’è stata la tua esperienza a Busto Arsizio?

«Porto Busto nel cuore. Dal 2013 al 2020 ho prestato servizio a San Giovanni e gli ultimi cinque anni ho avuto la possibilità di abitare a Busto grazie a don Severino al quale sarò sempre molto riconoscente.

E’ stata la prima volta che uscivo di casa per vivere da solo ed è stata la prima volta che i miei studi sono stati riconosciuti in quanto tali, ho avuto un lavoro a tutti gli effetti. Aver incontrato la realtà di Busto per me è stato un dono. Qui ho stretto tante amicizie, come quella con il direttore del coro Laus Deo, Gabriele Mara, con cui continuo a collaborare, e poi ricordo con particolare affetto don Francesco che è stato mio vicino di casa gli ultimi anni».

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Mariagiulia Porrello