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Sport | 30 novembre 2024, 07:52

Da Cocquio agli Stati Uniti, per giocare a pallacanestro, studiare e crescere. La 17enne Emma Centrella si racconta: «Un sogno trovarmi dove il basket è nato»

La giovanissima atleta varesina, figlia del sindaco Danilo Centrella, da agosto si trova in Nebraska: «Tornerò a casa per le festività natalizie, la lontananza mi sta facendo crescere molto. Non cambierei nulla della mia scelta e sono fiera e orgogliosa di me stessa. Non nascondo che mi mancano gli abbracci di mio papà e i baci di mia mamma e il pane fresco del panificio del mio paese, appena rientrata a Cocquio mangerò un panino per tornare a riassaporare subito il gusto dell'Italia»

Emma Centrella

Emma Centrella

Emma Centrella, 17 anni, figlia di Danilo, sindaco di Cocquio Trevisago e noto urologo, si trova dallo scorso agosto in Nebraska negli Stati Uniti, dove studia al College Basketball e gioca nella squadra di pallacanestro della Juco Norbhedes racconta la sua esperienza lontana da casa in una realtà come quella degli Usa. 

Come stai vivendo questa realtà lontana dai tuoi affetti e dalla tua famiglia? 

Questa esperienza è davvero unica. Non è solo il fatto di trovarmi dall'altra parte del mondo, lontano dalla mia famiglia e dalla mia terra, ma anche il confronto con una cultura e una storia completamente diverse dalla nostra. Sono venuta qui senza conoscere praticamente nessuno, tranne il coach con cui avevo fatto qualche videochiamata prima di partire. All'inizio è stato difficile, ma sapere di avere l'opportunità di vivere il mio sogno più grande è qualcosa che mi dà una motivazione incredibile. È una soddisfazione che non riesco nemmeno a spiegare. 

Conciliare studio e sport è impegnativo? 

Sì, è sicuramente una sfida, ma devo dire che l’organizzazione qui è decisamente più strutturata rispetto all'Italia. Il basket collegiale è estremamente impegnativo: come dice il coach, è un “grind”, un lavoro incessante. Ogni giorno c'è qualcuno che si sta allenando di più, che ha più talento o che è più alto, quindi bisogna dare sempre il massimo. Ogni allenamento di squadra dura circa 2-3 ore, ma oltre a questo è fondamentale allenarsi da soli per migliorare aspetti specifici come il tiro, il palleggio o correre in palestra. La corsa, infatti, è un aspetto cruciale qui, dato che il basket americano è molto più veloce rispetto a quello che conosciamo in Italia. Durante la pre-season, correvamo quasi ogni giorno.

Come sei organizzata per giocare e studiare?

Per conciliare studio e sport, la chiave è l'organizzazione. Ad esempio, durante le trasferte, che durano dalle 1 alle 4 ore, ci portiamo sempre il materiale per studiare. Inoltre, per noi freshman è obbligatorio completare 4 ore settimanali di studio nello study hall, un’aula dove ci registriamo all’ingresso e all’uscita. Se non completiamo le ore, o non giochiamo, oppure le ore raddoppiano la settimana successiva. 

Come è organizzata la tua giornata tipo? 

Mi sveglio verso le 7:00. Se riesco, vado in palestra, altrimenti la mattina la dedico alle lezioni. Dopo pranzo, intorno alle 14:00/15:00, inizia l'allenamento, che dura circa 2-3 ore. Due volte a settimana facciamo anche allenamenti di pesi in una delle tre palestre che abbiamo a disposizione. Con l'avvicinarsi delle partite, gli allenamenti diventano meno fisici e più mentali. Giocando 2-3 partite a settimana, il coach si concentra molto sulla preparazione tattica, ci mostra i giochi da fare e cosa aspettarci dalla squadra avversaria. Dopo ogni allenamento o partita, c'è un'ora di "film session", dove analizziamo i video delle nostre partite e di quelle degli avversari. Questa parte è davvero utile per la preparazione mentale. Ad esempio, se siamo in trasferta, è un grande vantaggio conoscere già la palestra e la squadra grazie ai video. 

Come prosegue poi la tua giornata tipo?

Dopo l'allenamento mi alleno un’altra ora, lavorando sul tiro o correndo in un’altra palestra. Infine, mi concentro sul recupero muscolare con un bagno ghiacciato, un trattamento preparato dall' athletic trainer. Una cosa che ho notato qui è l'attenzione che si dedica agli atleti: bisogna arrivare almeno 30 minuti prima dell'allenamento per riscaldarsi bene e, se necessario, fare trattamenti con il fisioterapista. La cena è alle 18:00, il che può sembrare strano per un’italiana, ma bisogna adattarsi. Dopo cena, studiamo per un paio d'ore nella study hall e poi, se abbiamo ancora energia, ci ritroviamo con gli amici e usciamo in città. 

Quanto ti manca l'Italia e il tuo paese natale? 

All'inizio, quando sono arrivata, tutto era nuovo e non sentivo tanto la mancanza. Vivevo queste esperienze come qualcosa che avevo visto solo nei film. Ma ora che sono qui da quasi cinque mesi, ammetto che mi manca l'Italia, mi manca la cultura, gli odori, e soprattutto i sapori italiani. Essendo anche per metà ungherese, credo che questa parte della mia identità mi abbia aiutato a essere più aperta verso le nuove culture. In questi giorni, ad esempio, qui si celebra il Thanksgiving, una festività tipica americana e la passerò con la famiglia del coach, cucinando piatti tradizionali come tacchino e mac and cheese. 

In questo periodo trascorso in America, hai avuto qualche rimpianto per la scelta che hai fatto? 

Giocare a basket è la mia passione, ed essere qui, in America, dove il basket è nato, è davvero un sogno che si realizza. Posso dire con orgoglio che sono fiera di me stessa. Non è sempre facile, soprattutto a causa della barriera linguistica, delle differenze nel gioco e della competizione, ma non cambierei nulla della mia scelta. Ogni difficoltà mi aiuta a crescere, e sono felice di essere qui. 

Quanto ti supporta la tua famiglia in questa esperienza? 

Essere lontana dalla famiglia è sicuramente una delle cose più difficili, anche se mi sono fatta molti amici e conosco persone fantastiche qui, non è come stare con la famiglia o con gli amici d’infanzia. Le videochiamate sono fondamentali e ci sentiamo quasi ogni giorno, ma non nascondo che mi mancano gli abbracci di mio papà e i baci di mia mamma. Questa lontananza mi fa crescere molto, mi costringe a fare tutto da sola, dalla gestione della lavatrice alla gestione dell'ansia pre-partita. Lo faccio da sola o con persone che ho appena conosciuto. 

Consiglieresti ad un tuo coetaneo di intraprendere un'esperienza come la tua? 

Assolutamente. Sto crescendo molto, sia come persona che come atleta. Credo che cambiare e uscire dalla propria zona di comfort sia fondamentale per migliorarsi. Non è facile, ma ti permette di diventare la versione migliore di te stesso. Però, se un mio coetaneo decidesse di fare questa esperienza, gli direi prima di fare un'analisi sincera con se stesso, per capire se è davvero pronto a stare da solo e ad affrontare le difficoltà che ne derivano. Essere soli è qualcosa di completamente diverso rispetto allo stare da soli. 

Rientrerai in Italia durante il periodo natalizio? 

Sì, tornerò in Italia, anche se non per molto. Le lezioni finiscono il 6 dicembre, ma chi gioca a basket deve restare fino al 16 dicembre, poiché ci sono ancora allenamenti e partite. L'ultima partita è il 16 dicembre in Iowa e subito dopo prendo un volo per l'Italia, dove arriverò il 18 dicembre. 

La prima specialità gastronomica che vorresti mangiare appena rientri in Italia? 

La scelta è davvero difficile, ma se devo essere sincera, mi manca tantissimo il pane fresco del panificio del mio paese. Penso che una delle prime cose che mangerò sarà proprio un bel panino con i sapori tipici italiani. 

Claudio Ferretti


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