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Basket | 20 novembre 2024, 07:00

VIDEO - Caja “artiglia” il cuore di Varese: «Con la difesa si può svoltare»

Il coach pavese protagonista della settima puntata de l’Ultima Contesa. All’inizio le sue parole sulla sua nuova “missione” con la Fortitudo, poi tutto sui biancorossi: «Il Moneyball? Lo condivido come filosofia offensiva, ma mi chiedo perché non possa essere integrato con una difesa almeno accettabile… Alla Openjobmetis c’è tanto lavoro da fare “dietro”, lo dicono i numeri. E ogni tanto usare la zona non sarebbe lesa maestà…». Su Mannion: «A Milano l’ho visto difendere… Allora conta la volontà…». Sui suoi giocatori biancorossi simbolo: «Avramovic merita il meglio, ma cito anche Eyenga, Manynor, Cain e Okoye». Sui suoi ricordi: «A Varese ho lasciato il cuore. Visto che non ci potrò tornare da allenatore, spero almeno di poterlo fare da avversario…»

VIDEO - Caja “artiglia” il cuore di Varese: «Con la difesa si può svoltare»

La Fortitudo, certo, con un proclama che non ammette repliche: «Siamo pronti, sarà un campionato difficile, ma se non riuscirò a riportarli in A1 è giusto che l’anno prossimo torni a casa. Perché Bologna e la Fortitudo con 4600 abbonati meritano la Serie A e io devo fare di tutto per riuscirci».

Ma poi l’Attilio “Artiglio” Caja dell’Ultima Contesa è stato al 100% Varese. La Varese di oggi, su cui - chiamato in causa - non risparmia impressioni “scomode” ma anche tanto tanto oggettive. E la Varese di ieri, quella che gli è rimasta dentro: «A Masnago ho lasciato il cuore».

Ecco alcuni dei migliori passaggi della settima puntata del talk show di VareseNoi.it dedicato al basket che ha visto protagonista l’allenatore pavese.

La sua impressione sulla Openjobmetis 2024/2025 dopo queste prime giornate: «È una squadra molto offensiva, con una chiara filosofia di gioco, che produce tanti possessi e contro la quale non è facile giocare contro. Però in difesa concede molto e questo si vede dalle percentuali degli avversari. Se sei così fai sempre tanta fatica in trasferta, mentre a Varese - e io lo so bene e lo dico sempre - il campo pare in discesa per la spinta che arriva dal pubblico…»

Sulla difesa della squadra di Herman Mandole: «Il problema difensivo principale parte dai piccoli, non dai lunghi… Se i piccoli non prendessero le penetrazioni facili, dritto per dritto, e ci mettessero un po’ di argine… Tutti possono essere buoni difensori… Ho avuto occasione di vedere Mannion a Milano: ha messo il corpo su due rollate degli avversari e una volta ha subito sfondamento, l’altra ha deviato il pallone. Allora anche Mannion può difendere, perché la difesa è questione di volontà… Un sistema difensivo lo si crea, ma bisogna lavorarci: sostenere “questa squadra o questo giocatore non possono difendere” è un’affermazione superficiale. La zona? Non è una lesa maestà usarla… Io sono conosciuto per la mia difesa a uomo, ma mi è capitato anche di fare partite con 40 minuti di zona»

Sul Monayball: «La filosofia offensiva di Varese per certi versi è anche per me condivisibile, anche se magari non la sposo al 100%. Ha però tanti principi interessanti. Ma perché questa filosofia non può essere integrata con una difesa almeno accettabile? Guardate cosa fa Parigi in Eurolega…»

E ancora: «Quando hai i numeri difensivi che ha Varese significa che c’è ancora tanto lavoro da fare. Manca la responsabilità individuale nell’1vs1, manca la concentrazione (anche a rimbalzo) e ci sono degli automatismi che non sono ancora stati aggiustati. Poi bisogna cercare di proteggere i giocatori che “dietro” vanno protetti e che ci sono in ogni squadra… Per svoltare la stagione Varese ha bisogno di un vero cambio di passo in difesa: solo così ce la farà. I numeri attuali sono impietosi anche se confrontati con quelli della squadra di Matt Brase…».

Sulla differenza tra i giocatori provenienti dal college basketball e quelli invece che arrivano dai campionati dell’Europa dell’est: «Non c’è confronto: chi arriva da est è molto più allenabile. Io avuto dei rookie appena usciti dall’università, anche importanti, che erano una “tragedia”… E se penso che alcuni giovani italiani vanno in America per imparare la pallacanestro (al di là dell’esperienza di vita, che ti rimane per sempre…)… per carità…».

Sui suoi giocatori “simbolo” del periodo varesino: «Il crescendo di Avramovic è stato incredibile. Avra lo sento ancora: si è costruito tutto da solo e si merita il meglio. Poi Eric Maynor, giocatore di altissimo livello in entrambe le mie parentesi, così come Chris Eyenga. E poi non posso non citare i progressi di Stan Okoye e il metronomo della nostra difesa Tyler Cain, che ha fatto bene ovunque». 

Sulla “sua” Varese: «Mi rimangono tantissime cose. Il calore dei tifosi, che mi hanno sempre voluto bene, anche nei momenti cupi della squadra, i tanti amici che sono rimasti, i giornalisti, tutti i consorziati e Toto Bulgheroni, che è stato decisivo per il mio arrivo. In tutti gli anni in biancorosso mi è stato d’aiuto, mi ha sempre difeso e supportato in ogni aspetto. Sono cose che ti rimangono per sempre. Nella mia carriera sono stato 8 anni a Roma e 5 a Varese: sono i due posti dove ho lasciato il cuore. Visto che non potrò tornare sulla panchina di Masnago da allenatore, mi piacerebbe tornarci presto da avversario per rivedere tutti sul campo».

Tutte le dichiarazioni di Attilio Caja - ancora sul suo ingaggio alla Fortitudo, ma anche su “Kao”, su Matteo Librizzi e sui due nuovi acquisti (Sykes e Tyus) della Openjobmetis - nella puntata integrale che vi riproponiamo qui sotto.

F. Gan.


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