Politica - 19 novembre 2024, 16:35

Suicidio assistito, il Consiglio regionale non discute la legge: «Spetta al Parlamento»

VIDEO. Per la maggioranza di Palazzo Pirelli la competenza del tema è nazionale e per questo ha approvato una pregiudiziale di costituzionalità. Parere diverso dell'ex assessore forzista Gallera. Ma il testo, redatto dall’associazione Coscioni e supportato da oltre 8mila firme, verrà accantonato. Cappato: «Atto di irresponsabilità»

Il Consiglio regionale della Lombardia ha discusso il progetto di legge sul suicidio assistito. O meglio, non lo ha fatto. Il lungo dibattito si è infatti concentrato sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dal centrodestra: per la maggioranza, la competenza del tema è nazionale.
Così, il testo redatto dal comitato Liberi Subito e dall’associazione Luca Coscioni, presentato con il sostegno di oltre 8mila firme, verrà accantonato. Ad assistere ai lavori anche l’attivista Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni, che a latere dell’assise ha parlato di «atto di irresponsabilità»-

La pregiudiziale

Il testo della legge popolare si proponeva di “tradurre” in legge la sentenza della Consulta che, esprimendosi sul caso di dj Fabo, aveva escluso la punibilità dell’aiuto al suicidio in alcune precise circostanze. E voleva fornire procedure e tempistiche precise.
Ma la maggioranza ha presentato la pregiudiziale di costituzionalità, illustrata in assise da Matteo Forte (FdI), relatore per la maggioranza e presidente della commissione Affari istituzionali. «Una sentenza della Corte non può sostituirsi al ruolo dello Stato. Nessuno qui sta facebdo don Abbondio», ha detto Forte replicando alle dichiarazioni di Cappato. «Ma ognuno eserciti il proprio ruolo nei limiti che l’ordinamento conferisce. Si affermi la forza del diritto anziché il diritto del più forte».

«L’aula si liberi dalle catene del tifo»

Onofrio Rosati (Alleanza Verdi Sinistra) avrebbe auspicato un finale diverso «per i cittadini che si trovano in uno stato di particolare fragilità e per gli operatori sanitari che continuano a proprio rischio a compiere fino in fondo il proprio dovere».
«La giunta – ha osservato Lisa Noja (Italia Viva) – ha approvato una schema di regolamento per i comitati etici di medicina territoriale in cui si parla del suicidio medicalmente assistito Perché non va bene che del tema si occupi chi è stato eletto dai cittadini? Il punto è “lo faccio ma non lo dico”? Il risultato di non avere una legge che darebbe a tutti i cittadini pari trattamento è quello di lasciarli soli nel momento più difficile della loro vita».

Per Michela Palestra (Patto Civico) «la maggioranza sceglie una scorciatoia. Questo conclama il fallimento colossale della politica». Nicola Di Marco del Movimento 5 Stelle ha rircordato che in Lombardia «nelle scorse ore, un’azienda sanitaria ha dato via libera a un cittadino che chiedeva di essere accompagnato in questo atto di dignità. Se non siamo burattini nella mani di qualche segreteria politica, diamo seguito a una discussione sul progetto di legge».
«Oggi non vince nessuno – le parole amare di Martina Sassoli (Lombardia Migliore) –. Perde la politica, che sceglie di venire meno alla sua vocazione primaria, ossia prendere delle scelte. E perde chi aspetta una risposta da parte delle istituzioni sul proprio vivere o morire. Non siamo di fronte a una pregiudiziale, ma a un pregiudizio».
«Pregiudiziale deboluccia, scritta tutta al condizionale – ha obiettato la relatrice delle legge Carmela Rozza (Pd) rivolgendosi alla maggioranza –. Non è realtà che non siamo competenti. E la legge, che voi non avete voluto provare a migliorare, vuole solo definire procedure e tempi della sentenza della Corte Costituzionale. L’aula si liberi per una volta dalle catene delle tifoserie di partito e mostri di essere adulta».

«Pericoloso forzare i confini delle nostre competenze»

Per Nicolas Gallizzi (Noi Moderati), «le leggi non le fa la Regione ma il Parlamento, noi possiamo sollecitarlo a prendere in mano la situazione». Dello stesso avviso i colleghi di maggioranza. Fabrizio Figini (Forza Italia): «Il problema riguarda una questione tecnica e di competenza. E legiferare su questo tema contrasta anche con le indicazioni europee».
Per Maria Cesana (Lombardia Ideale), invece, la materia deve essere affidata «al Parlamento della Repubblica, che doti il Paese di una normativa chiara e uniforme in tutto il territorio».
La leghista Alessandra Cappellari ha affermato che «qualsiasi tentativo di legiferare sul tema sarebbe dichiarato incostituzionale, come emerso anche nelle audizioni svolte in commissione».

D’accordo anche il capogruppo di Fratelli d’Italia Christian Garavaglia, che ha parlato di «forti vizi di legittimità costituzionale. Non può essere la sentenza della Corte a sostituirsi alle norme dello Stato. Il Parlamento è titolato a legiferare su materie ben precise e ben definite. Il ruolo di Region è limitato ed è nostra responsabilità muoverci entro il perimetro delle nostre competenze. Sarebbe pericolso arrogarsi il diritto di forzare questi confini».

La posizione di Gallera e le polemiche

Diverso il parere del consigliere forzista Giulio Gallera, ex assessore al Welfare: «Nel centrodestra difendiamo il modello di governo liberare della Regione che ha sempre messo al centro la libertà di scelta del cittadino. È arrivato il momento di garantirla anche sul tema del fine vita. Sulla pregiudiziale c’è lo stesso clima del ’99, quando andammo avanti sull’accreditamento dei privati nella sanità. Per questo voterò contro».
Dopo l'intervento di Gallera (concesso dal presidente dell’assise Federico Romani di FdI in quanto “in dissenso” dal proprio gruppo), ha chiesto di parlare anche il leghista Davide Caparini. Il quale, di fronte al diniego del presidente, in quanto era previsto un solo intervento per gruppo, ha protestato in maniera accesa, portando anche alla sospensione dei lavori per qualche minuto.
Alla fine, la pregiudiziale di costituzionalità è stata approvata con 43 voti favorevoli e 34 contrari (almeno un paio in più rispetto alle previsioni).

Subito dopo il voto, Marco Cappato ha definito la decisione del Consiglio un «atto di irresponsabilità. In particolare nei confronti delle persone che soffrono e che chiedono certezze sulle regole e i tempi delle risposte a loro dovute ma anche nei confronti dei medici costretti a operare senza un quadro normativo chiaro».

Riccardo Canetta


SPECIALE POLITICA
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