- 31 ottobre 2024, 09:29

«Ho giurato sulla Costituzione, adesso sono italiano? Boh»

All’incontro sulla riforma della cittadinanza con Pierfrancesco Majorino, organizzato a Busto dal Partito Democratico, Xhuljano Banaj, segretario dem a Somma, ha conquistato la platea con la sua esperienza personale, tra contrattempi piccoli e grandi. Il capogruppo Pd in Regione: «Siamo per uno ius soli temperato e pronti a una battaglia culturale. Sapendo che il Paese non spinge tutto nella stessa direzione»

Filippo Cardaci, Alice Bernardoni e Pierfrancesco Majorino ascoltano vicissitudini e paradossi raccontati da Xhuljano Banaj

Il relatore più atteso era Pierfrancesco Majorino, corposo curriculum politico e amministrativo alle spalle, capogruppo del Partito Democratico in Regione. Quello che ha strappato più applausi, e sorrisi solidali, è stato Xhuljano Banaj, segretario dem a Somma Lombardo. Che alla serata organizzata, ieri, nella sede Pd di viale Lombardia su stato e prospettive della cittadinanza italiana per persone di origini straniere, ha portato la sua esperienza. Nato in Albania, nel Bel Paese dal 2003, ha potuto giurare fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione pochi giorni fa, 21 anni dopo l’arrivo sul territorio.

Una lunga marcia, la sua, costellata di aneddoti, inciampi, difficoltà piccole e grandi. Come quelle, tanto per fare qualche esempio, affrontate quando c’era da preparare la documentazione per andare in gita all’estero con i compagni di classe, completata sul filo di lana e comunque contando su una sorta di disponibilità extra a prendersi delle responsabilità da parte dei professori. O la richiesta del casellario giudiziale relativo anche alla sua infanzia. «Che cosa potevo avere combinato a quattro anni?» ha chiesto Banaj a una platea incerta tra risata e sconforto.

Altra domanda: «Oggi, dopo il giuramento, sono italiano? Boh. Dopo la cerimonia mi sono presentato in Anagrafe e ho scoperto dal personale (incolpevole, Ndr) che il mio certificato di nascita non era stato inviato al Comune. Non posso, al momento, fare la carta d’identità». Un inghippo banale, presumibilmente di semplice soluzione. Ma è sembrato di ascoltare un atleta che taglia il traguardo della maratona e, con 42 chilometri nelle gambe, scopre di non poter essere inserito ufficialmente nell’ordine di arrivo: manca ancora qualcosa. 

«Su questi temi dobbiamo smettere di fare i grand’uomini, i professori. Dobbiamo fare parlare le persone» ha tirato le somme Majorino. Introdotta e moderata dai segretari cittadino e provinciale del Pd, Paolo Pedotti e Alice Bernardoni, la serata ha visto una buona affluenza di iscritti e simpatizzanti.

Filippo Cardaci, presidente provinciale Acli, e Helin Yildiz, consigliera comunale a Varese (con un messaggio video inviato dalla Corea), hanno parlato senza mezzi di termini di una legge sulla cittadinanza, la 91 del 1992, nata vecchia, quindi e a maggior ragione inadeguata alle necessità dell’oggi. La consigliera comunale Cinzia Berutti ha illustrato “Donne e minori”, progetto che da 12 anni coinvolge cittadine di origine straniera, all’Istituto Comprensivo De Amicis, tra alfabetizzazione e integrazione culturale, con modalità e orari adatti alle esigenze delle mamme (Nancy, argentina da poco in Italia, ha dato dimostrazione parlante del buon lavoro portato avanti in via Pastrengo).

«In Lombardia – ha fatto presente Majorino – ci sono 231mila alunni stranieri, un quarto di tutti quelli presenti in Italia. Rispetto alla legge e alla politica, la società è andata avanti, è chiaro, ma bisogna dirselo: il Paese reale non spinge tutto nella stessa direzione. Grazie a una narrazione tossica, per molti l’immigrazione continua a essere uno spettro». Occorre, secondo l’esponente Dem, affrontare una battaglia culturale. «La vogliamo fare» ha assicurato, individuando la “linea del fronte” nel referendum sulla cittadinanza che ha raccolto mezzo milione di firme. «Abbiamo presentato – ha aggiunto - una proposta di legge organica per la riforma della cittadinanza. Prevede uno ius soli temperato per bambini nati qui, le cui famiglie sono in Italia da almeno un anno, o nati altrove ma che frequentano le nostre scuole da almeno cinque anni. Puntiamo, in generale, a dimezzare il tempo teorico per richiedere la cittadinanza da parte dei “lungosoggiornanti”, portandolo da dieci a cinque anni».

E l’infuocata polemica di qualche mese fa sullo ius scholae di Forza Italia? «Finora è stato soprattutto un tema per il dibattito estivo. Si ipotizza una sorta di sconto sui tempi attuali, in pratica un paio d’anni. Per noi è poca cosa ma meglio che niente, siamo disponibili a votarlo in Parlamento per “portare a casa” tutto il possibile».

Stefano Tosi