La Cascina dei poveri sale alla ribalta dell’attenzione accademica. Jacopo Clementi, laureato in Progettazione dell’architettura ha scelto proprio il monumento di Beata Giuliana per coronare il suo curriculum di studi. Ne è nata una tesi dall’ampio titolo “Recupero e riqualificazione dell’architettura rurale lombarda: la Cascina dei poveri di Busto Arsizio”.
Sì perché lo studente, di Busto Garolfo, oltre a essere un Gallazzi da parte della mamma e con il bisnonno nato proprio nella Cascina dei poveri, ha sondato non solo la storia, le attività della cascina, ma l’ha analizzata nell’ambito più ampio del contesto urbanistico, proponendo un metaprogetto in vista anche dell’ospedale unico che dovrebbe inglobare la cascina.
Così dopo la prima fase del rilievo fotografico, ha effettuato colloqui e interviste con i soci dell’associazione Riabitare, primo tra tutti il coordinatore Tito Olivato, infine ha ricostruito le fonti storiche. «Nella prima parte della tesi – spiega – ho effettuato un inquadramento compositivo della cascina, un inquadramento nel contesto. Poi mi sono addentrato nel dettaglio analizzando le caratteristiche tecnico-materiche dove ho scoperto che la struttura è stata composta in laterizio pieno con aggiunte di malta di calce, mentre i solai e le coperture sono in legno».
Ma c’è di più: Jacopo Clementi ho ricostruito anche sette casi di studio sul territorio di Milano: si trattava di cascine abbandonate dopo i bombardamenti della guerra, ristrutturate e trasformate in agriturismi oppure sedi di enti sociali per persone con disabilità motoria o di associazioni come la casa del Petrarca oppure trasformata in residenza per l’università Iulm.
E in vista dell’ospedale unico la proposta dello studente sarebbe quella di collegare la Cascina dei poveri creando una struttura di riabilitazione fisico-motoria. «Anche perché – sottolinea – verrebbe a collocarsi a cavallo tra l’ospedale e le case di riposo, dunque sarebbe un edificio-ponte. Oppure potrebbe essere una sala d’attesa o un edificio a supporto delle attività dell’ospedale. Sono d’accordo con Riabitare per la conservazione delle arcate cinquecentesche, ma è importante conservare la storia dell’edificio, che faccia da monito per capire che cosa c’è stato».
Mentre l’oratorio di San Bernardino ovviamente resterebbe un edificio religioso, la chiesa dell’ospedale. Lo studente si è poi soffermato a capire come negli ultimi 40 anni ci si è approcciati al problema, individuando le relazioni con la gestione del verde, il rapporto con la nuova struttura. «Ho ricostruito la storia delle attività della cascina (agricole), la relazione tra l’architettura e l’uso (l’architettura locale che rispondeva alle necessità delle persone) e i fattori che hanno portato all’abbandono. Inoltre ho esaminato la storia più recente con l’analisi del contesto urbano di Beata Giuliana: trovo che sia un quartiere in trasformazione, basta vedere l’ospedale che dovrebbe sorgere e il Palaghiaccio, insomma sarebbero delle strutture che andrebbero a stravolgere il contesto del quartiere».
Dopo l’analisi del contesto, è stato presentato un metaprogetto che rilegge la cascina come un perno tra due organismi a sé stanti, ridonando la centralità di una volta. Sette mesi di lavoro, bibliografia estesa. «Ho analizzato testi di Perogalli che ha scritto delle cascine, poi opere più recenti di docenti del Politecnico che si sono occupati del recupero di cascine, libri di Olivato e Castiglioni, gli almanacchi della Famiglia bustocca e i libri del comune di Milano sulle cascine».
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