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Calcio | 20 ottobre 2024, 10:08

Alberto Cerruti, 50 anni di calcio in Gazzetta: «Riva e Gentile, i miei hombre vertical. Capello, Ancelotti e Conte, i miei legami speciali»

Prima firma e inviato a otto mondiali e sette campionati europei ha scritto per mezzo secolo alcune delle pagine sportive più belle del giornalismo italiano. E in questa intervista le ripercorre: «Il rimpianto più grande? Non aver dato per primo le dimissioni di Zoff. La soddisfazione? La stima dei miei direttori, ma a un giovane non consiglierei più questo lavoro: non è premiante». E ancora il rapporto con Rombo di Tuono («E pensare che la prima volta mi cacciò dallo spogliatoio...») e con i simboli della Varese calcistica («Che ha una grande tradizione»): «Chi seguirei oggi da inviato? Il Real di Carletto...»

Dall'alto in senso orario Alberto Cerruti, classe 1954, milanese, al museo Fifa di Zurigo con la Coppa del Mondo, con l'indimenticabile Gigi Riva e poi con Tardelli, Marini, Gentile e Collovati, poi ancora con Gentile di cui ha scritto il libro e, qui sopra a sinistra, a casa di Candida, la nipote di Rombo di Tuono

Dall'alto in senso orario Alberto Cerruti, classe 1954, milanese, al museo Fifa di Zurigo con la Coppa del Mondo, con l'indimenticabile Gigi Riva e poi con Tardelli, Marini, Gentile e Collovati, poi ancora con Gentile di cui ha scritto il libro e, qui sopra a sinistra, a casa di Candida, la nipote di Rombo di Tuono

Alberto Cerruti ha scritto per quasi cinquant’anni alcune delle pagine sportive più belle per la Gazzetta dello Sport. È stato al seguito della nazionale come inviato per oltre trent’anni, seguendo sette campionati europei e otto mondiali, compresi quelli vinti in Spagna ('82) e Germania (2006). Attualmente collabora al programma radiofonico "Radio anch’io sport" in onda tutti i lunedì su Radio Uno dalle 7,30 alle 9. Alle pagine di VareseNoi affida i ricordi di un'intera carriera, fatta di momenti che non si dimenticano, legami che non si spezzano e valori che rimangono eterni. Nelle persone che diventano esempi e nelle gesta sportive.

Dopo tanti anni di adrenalina pura e interviste all’ultimo minuto, le manca il profumo della redazione?

Mi mancano i viaggi, le conoscenze, i rapporti  con tante persone che ho conosciuto e sono state parte della mia vita professionale e umana. Anche se sinceramente devo dire che sono ancora in campo con il programma del lunedi, e ho anche recentemente collaborato con il "Corriere del Ticino" per commentare gli ultimi Europei.

Con chi ha ancora un legame particolare?

Tra i tanti, un legame speciale si è creato negli anni con Carlo Ancelotti, Fabio Capello e Antonio Conte. 

Nella sua lunga carriera qual è stata la più grande soddisfazione?

Quella di avere avuto la stima dei tre direttori nel ruolo che ho avuto alla Gazzetta dello Sport. 

E un rimpianto?

Quello di non aver scritto prima degli altri delle dimissioni di Dino Zoff, all’epoca commissario tecnico della Nazionale. Dimissione date per le accuse di Silvio Berlusconi dopo la sconfitta nella finale europea vinta dalla Francia con il golden gol di Trezeguet.

Qual è il direttore che le ha lasciato un ricordo speciale?

Gino Palumbo, un grande direttore che ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo sportivo e una persona di parola. Se vuole le racconto un ricordo particolare.

Prego.

Era il 1979, lavoravo già in Gazzetta da 5 anni e ricevetti un'offerta di lavoro dal Giornale, tramite Alfio Caruso. Prima di accettarla mi consultai con Palumbo, che mi propose di ripercorrere la carriera di Franco Mentana, uno dei grandi protagonisti del giornalismo sportivo. Il tutto con una semplice telefonata, senza bisogno di firmare alcun pezzo di carta. Così non accettai la proposta di Caruso e dopo qualche mese mi trovai inviato della Rosea a seguire la nazionale.

A proposito di nazionale: perché due mondiali senza l’Italia?

Perché il livello del calcio italiano è sceso di qualità, così come si è abbassato il numero di calciatori italiani di buon livello disponibili. Poi ci sono anche stati tanti errori dei commissari tecnici.

Lei ha avuto un rapporto molto stretto con Gigi Riva: come è nato?

Devo dire che all’inizio non fu per nulla facile, anzi: dopo un articolo scritto nel 1979 su Mario Brugnera, capitano nel Cagliari, mi fu intimato da Riva, allora dirigente, di non mettere mai più piede in Sardegna quando entrai nello spogliatoio a fine partita (allora i giornalisti potevano farlo).

E poi? 

Un rapporto diverso iniziò nel 1987 quando Rombo di Tuono diventò dirigente della nazionale: da lì si creò qualcosa di speciale che negli anni si è rafforzato. Tra l’altro ho un legame di amicizia con la nipote Candida detta Didi, e con suo fratello Ugo. Di più: Marziano, marito di Didi, è stato il mio testimone di nozze.

Gigi Riva è ancora amato dalle giovani generazioni: perché?

È stato un simbolo del Cagliari, l'uomo che ha riscattato il popolo sardo come dimostrato nella famosa intervista che mi ha rilasciato quando la sua presenza in terra sarda compì mezzo secolo di storia (4 aprile 2013). Tutt'ora viene ricordato per il suo record imbattuto di reti con l'Italia, 35 in 42 partite dal 1967 al '73. E poi i giovani sono attratti dai miti e dai simboli: nessuno di noi ha conosciuto Garibaldi, e Gigi è il Garibaldi della Sardegna, un simbolo per tutte le generazioni come l’eroe dei due mondi.

Lei pratica il ciclismo amatoriale: come è nata questa passione?

Nacque un po’ tardi, avevo già 35 anni, anche se da ragazzo a Stresa non mi dispiaceva pedalare verso Verbania o Arona. Poi con gli anni mi sono divertito di più a pedalare in salita che in pianura. La mia Champions stagionale è arrivare in cima al Mottarone. Devo dire che anche per l'edizione di quest'anno è riuscita perfettamente.

Se oggi potesse scegliere una squadra da seguire come inviato, quale sarebbe?

Seguirei il Real Madrid, non tanto per la stima e l’affetto di Carletto Ancelotti ma per il suo pubblico, la sua tifoseria, il suo stadio, la città. Insomma per tutto l’ambiente e per il clima generale che si respira a Madrid.

Quali sono le favorite per lo scudetto?

Sicuramente il Napoli perché ha una squadra con un'identità migliore e con un allenatore capace di ottenere il meglio dai calciatori, poi vedo bene anche Juventus e Inter.

Per la Champions?

A mio giudizio il Bayern.

A un ragazzo che vuole fare il giornalista sportivo che consiglio vuole dare?

Di non farlo e scegliersi un altro lavoro. A fare il giornalista sportivo non si guadagna molto, non si viaggia più come un tempo e si è condizionati dagli uffici stampa, che scelgono i personaggi da intervistare, limitando l'azione dei giornalisti. Purtroppo è una professione con poche soddisfazioni e non premiante.

A una famiglia con dei bambini che vuole andare in curva allo stadio, cosa consiglia?

In curva no assolutamente, in altri settori dello stadio può farlo, purché i bambini abbiano un'età superiore ai sei anni.

C’è un legame calcistico particolare con Varese che vuole ricordare?

Sono venuto spesso a Varese per il giornale ai tempi di Maroso, quando giocavano Marini, Gorin, Calloni e Gentile: con gli ultimi due ancora oggi ho un ottimo rapporto.  Varese ha una grande storia calcistica. Poi in provincia ho anche dei legami: da Stresa vedo la maestosità di Santa Caterina, una straordinaria bellezza del nostro lago Maggiore.

A proposito di Claudio Gentile, con cui ha realizzato il libro "E sono stato Gentile": perché dopo i risultati da calciatore e allenatore della nazionale non è stato più considerato?

Perché è stato ed è una persona troppo onesta e corretta. Sembra un controsenso ma la correttezza non paga in certi ambiti dove esiste la spregiudicatezza. Non è stato più considerato pur essendo un campione mundial con 71 presenze in nazionale, dove da commissario tecnico ha anche vinto l'Europeo under 21 nel 2004 e la medaglia di bronzo ai Giochi di Atene. Inoltre non dimentichiamoci che ben sei componenti della nazionale 2006 campione del mondo provenivano dalla sua under 21. Essere "hombre vertical" che non accetta compromessi è veramente dura: Claudio Gentile e Gigi Riva li considero due uomini esemplari.

Claudio Ferretti


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