Cronaca | 19 ottobre 2024, 08:17

Preso a Malpensa un latitante italoaustraliano accusato di una maxifrode informatica mondiale

Il 43enne giunto nello scalo varesino con un volo da Singapore, era ricercato in tutto il mondo da oltre tre anni: l'uomo che ora si trova in carcere a Busto, è indiziato anche per riciclaggio di denaro, danneggiamento di apparati telematici e frode soprattutto nei confronti di anziani e persone vulnerabili. Un "giro" da 31 milioni di dollari

(foto d'archivio)

(foto d'archivio)

All’aeroporto di Malpensa, la Polizia di Stato ha arrestato un quarantatreenne italo-australiano ricercato in tutto il mondo da oltre tre anni per gravi reati di frode telematica e riciclaggio.

L’arresto è avvenuto in esecuzione di un mandato emesso dalla Corte Distrettuale del Nord Carolina (U.S.A) che accusa il 43enne di appartenere a un’associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica, al danneggiamento di apparati telematici protetti da misure di sicurezza e al riciclaggio del denaro illecitamente ricavato.

Il Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), per il tramite del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e dello specialista cyber della Polizia Postale operante presso l’Ambasciata d’Italia a Washington, aveva richiesto la collaborazione della Polizia italiana per un possibile transito del ricercato in Italia.

Le immediate ricerche messe in campo dagli operatori del C.O.S.C. - Polizia Postale di Milano, in collaborazione con l’Ufficio Polizia di Frontiera di Malpensa, hanno permesso nel giro di poche ore di individuare l’uomo mentre si trovava su un volo proveniente da Singapore e di arrestarlo non appena sbarcato dall’aeromobile presso lo scalo varesino.

Le accuse all’arrestato riguardano un fenomeno risalente a qualche anno fa, che ha colpito trasversalmente un gran numero di internauti, soprattutto anziani e persone particolarmente vulnerabili.

Più in particolare, sui monitor dei pc compariva improvvisamente un messaggio che informava che il computer era “compromesso” e bloccato per via di un errore. Il messaggio proseguiva con l’indicazione di un “codice di errore” e con l’invito a contattare con urgenza un call center - di cui veniva fornito il numero di telefono - per ottenere assistenza tecnica e per evitare la perdita di dati personali e la “disattivazione” del computer.

Messaggio non era affatto veritiero, bensì veniva generato da un malware diffuso dalla banda criminale di cui faceva parte il quarantatreenne italo-australiano arrestato dai poliziotti della postale milanese. Chiamando il numero indicato, infatti, l’utente veniva invitato a fare un pagamento per l’assistenza tecnica, senza però ottenere alcun risultato.

Le indagini dell’F.B.I., oltre a identificare gli autori della grave frode informatica condotta su scala mondiale (per la quale la legge statunitense prevede una pena massima di trent’anni di reclusione laddove siano presenti almeno dieci vittime di età superiore ai 55 anni), hanno permesso di quantificare in ben 31 milioni di dollari l’ammontare dei profitti illeciti conseguiti dai cyber-criminali.

Al momento dell’arresto il 43enne aveva con sé diverse migliaia di euro in contanti, alcuni dispositivi informatici, carte di credito e due orologi di rilevantissimo valore. L'uomo attualmente si trova presso il carcere di Busto Arsizio, a disposizione delle autorità italiane in attesa del completamento delle procedure di estradizione.

L’operazione di polizia - che aveva già consentito, nello scorso mese di luglio, l’arresto in Italia di un altro cyber-criminale latitante e ricercato dal Federal Bureau of Investigation - è il risultato di una strutturata cooperazione tra l’agenzia investigativa americana e la Polizia di Stato, ulteriormente rafforzata dal reciproco accredito presso le rispettive sedi centrali - in Italia e negli Stati Uniti - di personale specializzato nel contrasto ai crimini informatici.

Redazione

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