C’è la scena di una mattinata qualunque di un giorno qualunque a descrivere perfettamente lo spirito del Nilo e quello della sua indiscussa reggente, Annamaria.
Entri alle 10 per fare una colazione e tra le fantastiche brioche che ogni dì allietano la fame dei viandanti sono rimaste solo quelle vuote. La signora Florio vede la piccola smorfia di delusione sul volto dell’avventore e non ci pensa due volte: «Se volete vado di là e ve le riempio io…».
È anche grazie a queste piccole cose - non richieste, non dovute - che la vita di tanti varesini in viale Borri inizia ogni giorno con il piede giusto.
Storia del Bar Nilo, una colonna di viale Borri. Dove tutto cambia e poco resiste, a farcela è solo ciò che ha radici profonde o viene coltivato a dovere. Per esempio dal sorriso e dai modi generosi e gentili di una donna originaria di Corigliano Calabro, mamma di tre figli e nonna di due nipotini, che in 30 anni da varesina i varesini li ha capiti e conquistati: «Appena arrivata per 12 anni ho gestito il circolo di Schianno, io che nemmeno ero quasi mai stata in un bar - racconta - Fui la prima meridionale in 99 anni di storia a gestire quel circolo, mi sono fatta le ossa dietro a un bancone e ho imparato il dialetto».
Al Nilo ci arriva accompagnata dalla figlia Rossana, che poi però trova la sua strada e un altro impiego: mamma Annamaria resta sola, e sola va avanti. «All’inizio aprivo alle 5.30, ora - con un po’ più di calma - alle 6, 6.15. Le prime persone che si presentano sono l’imbianchino, il muratore, gli operai della zona. Alla sera? A volte sono ancora qui a mezzanotte e mezza: se ci sono gli “affezionati” che fanno l’aperitivo capita di andare lunghi».
Parole di chi alla sua clientela è legato per davvero, perché a poco a poco se l’è scelta: «All’inizio c’era gente di tutti i tipi, anche un po' al limite. Tra la clientela e i soldi ho fatto una scelta e ho puntato sulla prima, che ora è selezionata». E devota: «In viale Borri le attività aprono e chiudono: io resto in piedi grazie alla gente a chi mi sceglie. Con il tempo si crea una certa familiarità. E un barista diventa anche un po’ un confessore: le persone ti raccontano i loro segreti e tu devi essere bravo a saperli mantenere, a essere discreto. Ascoltare le persone è il mio pregio, ma so anche dare un consiglio quando me lo posso permettere».
C’è chi le lascia le chiavi, chi le chiede di ritirare a proprio nome un pacco o il giornale: in cambio ogni tanto arrivano mazzi di fiori, piante e regali di ogni tipo, persino un modellino di aereo militare che ha fatto nascere una passione ora ben “documentata” all’interno del Nilo, tra quadretti con dedica delle Frecce Tricolori e stampe.
Annamaria gli altri li coccola non solo con i modi, ma soprattutto con il proprio lavoro: «Ciò che mi piace di più servire sono gli aperitivi: lì mi posso sbizzarrire. “Ma signora, questa è quasi una cena…” mi dicono alcuni apprezzando la quantità. E io sono felice…».
Dal suo osservatorio viale Borri «è cambiata molto e oggi forse è diventata più caotica. I lavori stradali ci hanno tolto un po’ di numeri e la gente in generale fa fatica a trovare parcheggio». Anche Varese, per Annamaria, «non è più la stessa di fine anni ’90: allora era un po’ più curata. Però io non posso dire di viverci male: rimane sempre la mia Varese, la città che mi ha accolto. E quando parlo con qualcuno che non è di qui e dico dove abito, la risposta è sempre la stessa: “Ah che bello, la Città Giardino”. Significa che l’immagine che hanno all’esterno è positiva».
E il futuro? «Ogni tanto mi sento un po’ stanca, quest’estate sono andata in vacanza per la prima volta dal 2013… I miei figli mi dicono di andare in pensione: “Hai fatto la tua vita, riposati…”. Ma so bene che se mollassi qui forse morirei il giorno dopo…».
E così il Nilo, diventato ormai un tutt’uno con la sua gentile proprietaria.