Politica - 08 ottobre 2024, 18:03

VIDEO. Emergenza carceri, l’impegno della Regione. Al Pirellone il caso di Varese

All’indomani del 74esimo suicidio di un detenuto consumatosi quest’anno, il Consiglio ha approvato all’unanimità un ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo sul problema dei giovani reclusi nei penitenziari lombardi. Astuti (Pd) ha insistito sul tema fondamentale del lavoro, mentre Licata (Italia Viva) si è soffermato sulla situazione del carcere dei Miogni e sull’esempio virtuoso di don David

Il Consiglio regionale approva all'unanimità l'ordine del giorno sul problema dei giovani detenuti nelle carceri lombarde

Mentre il Consiglio regionale della Lombardia discuteva della situazione delle carceri, si veniva a sapere che nella casa di reclusione di Vigevano, nel Pavese, ieri sera si è consumato il 74esimo suicidio di un detenuto dall’inizio dell’anno, a cui vanno aggiunti i sette agenti di Polizia penitenziaria che si sono tolti la vita.
Una vera e propria emergenza di cui l’assise di Palazzo Pirelli si è occupata oggi con una seduta dedicata, durante la quali si è fatto riferimento anche della situazione di Varese e Busto Arsizio. Dove, ha sottolineato Luca Paladini, l’indice di sovraffollamento (alla data del 23 settembre) era superiore al dato regionale (153 per cento).

Il Consiglio ha approvato all’unanimità un ordine del giorno sottoscritto da tutti i capigruppo sul problema dei giovani detenuti nelle carceri lombarde. Il testo impegna la giunta a intraprendere ulteriori azioni e misure – nonché a prevedere all’interno del bilancio previsionale maggiori risorse – finalizzate a potenziare percorsi di accompagnamento, reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà personale, in particolar modo nei confronti di minori e giovani adulti; a valutare l’attivazione di corsi di formazione rivolte agli agenti di polizia penitenziaria, agli educatori e più in generale a coloro che operano all’interno delle carceri per affrontare e gestire in modo più consapevole ed efficace le dinamiche che si sviluppano all’interno degli istituti penitenziari (ad esempio corsi di lingua araba o slava, corsi per interpretare i comportamenti dei moltissimi giovani stranieri che popolano le carceri lombarde, corsi di primo soccorso, corsi per spegnere un incendio in una cella).

Ma anche a riservare immobili di edilizia residenziale pubblica o di housing sociale al personale penitenziario così da consentire di affittare alloggi a prezzi calmierati; a intervenire presso il governo affinché vengano stanziate risorse destinate ad ampliare la capacità delle comunità terapeutiche di accogliere i detenuti che possono espiare la condanna in strutture alternative.

Il documento è frutto di un lavoro di sintesi tra due testi: quello presentato dalla maggioranza a prima firma Alessia Villa (FdI) e quello delle minoranze, primo firmatario Luca Paladini (Patto Civico).

L’assise ha approvato anche il documento originario della maggioranza in cui si sollecita il governo ad avviare la costruzione di nuove carceri in Lombardia e la definizione di accordi con i Paesi di provenienza dei detenuti stranieri perché questi possano scontare la pena nei Paesi di origine. Respinto invece il testo delle minoranze, anche se diversi contenuti di questo documento sono comunque confluiti in quello unitario approvato all’unanimità.

Astuti: «Fondamentale il lavoro»

«Una delle frasi più agghiaccianti che ho sentito troppo spesso anche da chi fa politica è “buttiamo via la chiave – ha detto in aula Samuele Astuti del Partito Democratico –. Analizzando i dati si evince che moltissime delle persone che entrano in carcere provengono da contesti sociali difficili e molto spesso non hanno avuto gli strumenti per costruirsi un’alternativa di vita ed è dimostrato che la recidiva crolla drasticamente quando una persona esce dal carcere con una prospettiva vera di lavoro. Ritengo che occuparci di questo problema rientri tra le nostre responsabilità. Dobbiamo garantire che all'interno delle carceri ci sia la possibilità di costruire alternative e ciò può avvenire solo attraverso la dignità del lavoro».

Per questo «all’interno dell’ordine del giorno che abbiamo presentato ci sono tre richiami in proposito: il primo richiede di aumentare le borse lavoro e promuovere la stipula di accordi a livello territoriale permettendo a queste persone di poter lavorare e acquisire professionalità; il secondo chiede di potenziare i percorsi di formazione, anche per permettere agli stranieri di imparare la lingua italiana, e il terzo chiede di attuare misure adeguate affinché vi sia un aumento delle posizioni lavorative di pubblica utilità rivolte alle persone detenute o ex detenute presso i comuni lombardi».

Licata: «I problemi a Varese e l’esempio di don David a Busto»

Giuseppe Licata (Italia Viva) ha portato in assise il caso di Varese: «Il carcere dei Miogni dispone di una struttura vetusta – ha detto – risalente al 1893, dichiarata in dismissione già nel 2001 e che oggi continua ad ospitare molti più detenuti della propria capacità, in condizioni igieniche e ambientali a dir poco problematiche. Solo nel 2017, grazie all’intervento dell’onorevole Maria Chiara Gadda, sono state installate le docce, ma tuttora in alcune di esse manca l’acqua calda».

Licata ha voluto ringraziare «chi lavora in queste scatole chiuse che dall’esterno non vediamo o non vogliamo vedere». «La polizia penitenziaria e tutto il personale carcerario, spesso in condizioni proibitive, riescono a far funzionare queste strutture – ha detto – ma a prezzo di turni massacranti e sovente senza poter garantire pienamente la funzione rieducativa del carcere. Il tema riguarda sia lo Stato che la Regione, per questo Regione Lombardia deve esercitare la giusta pressione sul governo, ma deve anche assumersi le proprie responsabilità, soprattutto nell'accompagnamento sociale, nella formazione professionale e nell’inclusione lavorativa dei detenuti».

Il consigliere di opposizione ha citato l’esempio virtuoso di don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio: «Don David con grande ed encomiabile sforzo riesce a promuovere il reinserimento lavorativo dei detenuti grazie alla sua associazione La Valle di Ezechiele, costituendo in quel caso l’anello mancante tra la carcerazione ed il reinserimento sociale: in quest’aula abbiamo molto da imparare dall’esperienza di don David. Adesso raccogliamo la sfida di fare che i don David in Lombardia e in Italia possano continuare il proprio lavoro di affiancamento e sostegno, senza doversi di fatto sostituire alle Istituzioni, come è oggi».

Riccardo Canetta


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