Un Occhio sul Mondo - 05 ottobre 2024, 09:00

“E anche stavolta Zelensky ha bluffato”

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Mentre gran parte del mondo segue con il fiato sospeso le drammatiche vicende medio-orientali, attendendo la sicura reazione di Israele all'attacco iraniano, la guerra tra la Russia e l'Ucraina continua e anche con sviluppi che non fanno troppo piacere alla propaganda occidentale che, infatti, al riguardo dice poco o nulla.

Così come poco o nulla ormai si dice anche della mini invasione di Kiev in territorio russo, perché anche qui le cose non vanno troppo bene. Ricordiamo che, a inizio agosto, una sorta di corpo di spedizione ucraino aveva condotto un attacco a sorpresa nella regione russa di Kursk, acquisendo il controllo di una limitata porzione di territorio. Questa azione era stata accolta con enfatico entusiasmo dai nostra media, che l'avevano esaltata ad ogni metro quadro conquistato e ad ogni marmittone della Guardia di frontiera russa catturato, quasi fosse un'avanzata trionfale verso una Mosca già considerata in pericolo. Qualche nostra testata, particolarmente in vena di proselitismo ucraino, aveva addirittura definito questa iniziativa di Zelensky, peraltro non condivisa dalla sua leadership militare, “la svolta della guerra”.

Non eravamo di questo avviso (articolo del 10 agosto 2024 “Ma è solo una figuraccia che irrita Putin”) e non avevamo torto, perché a metà settembre la controffensiva russa aveva già riconquistato gran parte del territorio perso qualche settimana prima e stava proseguendo, con successo, verso il ripristino dalla propria integrità territoriale. E così il silenzio è calato sulle sorti della pretenziosa intraprendenza di Kiev che, oltre a perdere uomini delle sue migliori unità, ha sicuramente fallito nel suo principale intento, cioé quello di distogliere forze russe dall'offensiva che Mosca sta conducendo nel Dombass.

Difficile comprendere come il Leader ucraino possa aver pensato che il suo rivale moscovita, per difendere pochi km quadrati di territorio, potesse indebolire quello sforzo offensivo che gli avrebbe potuto far conseguire il controllo di tutto il Dombass, uno dei principali obiettivi della sua Operazione Speciale. Un errore di valutazione, che si sarebbe potuto evitare seguendo la linea dei propri Generali o una decisione puramente politica, finalizzata a bluffare ancora una volta con la costellazione dei propri alleati e sostenitori?

D'altra parte, non sarebbe la prima volta, perché già nell'agosto del 2022, dopo averla annunciata a giugno e proclamata nei due mesi successivi con grancassa mediatica, gli Ucraini lanciarono una controffensiva nella parte meridionale del fronte, che si poneva l'obiettivo di ricacciare i Russi da tutti i territori occupati e che, invece, si risolse con un quasi nulla di fatto. Qualche migliaia di soldati ucraini morti, ancora di più feriti, nessun risultato operativo conseguito, ma in compenso servì a Zelensky per incassare un po' di miliardi di dollari di sostegno, tra fondi ed armamenti. E anche stavolta, pur se le perdite subite non sono state ancora precisate, le conclusioni potrebbero sembrare le stesse, con zero risultati e ancora soldi dall'Occidente, se non fosse che, nel frattempo, l'offensiva russa nel Dombass, non solo non si è fermata, ma sta progressivamente conseguendo gli obiettivi che si era posti.

Nei giorni scorsi, le forze russe hanno preso il controllo della località di Vuhledar, nel Donetsk, una cittadina che, per la sua valenza strategica, gli Ucraini difendevano strenuamente sin dall'inizio della guerra, riuscendo a respingere ben 4 offensive dei Russi, che in questa landa han subito notevoli perdite. Ma nell'ultima settimana, lo sforzo delle unità di Mosca ha avuto la meglio su truppe ucraine ormai provate dalla lunga resistenza e, soprattutto, da una preponderante superiorità numerica e di munizioni russa. Un'inferiorità ucraina probabilmente esacerbata dall'impiego di una parte dei soldati nell'inutile offensiva verso Kursk, come sostenuto dal Washington Post.

Sta di fatto che ora i Russi hanno il controllo di un'ormai disabitata Vuhledar (che contava 14.000 abitanti), una vera e propria roccaforte posta su un'altura, che renderà più semplici i loro rifornimenti, perché é punto di congiunzione dei due loro fronti di attacco principali, Ma l'aspetto più importante è che da questa posizione le unità di Mosca sono nelle migliori condizioni per sferrare un ulteriore attacco da un'altra direzione verso il centro di Pokrovsk (già sotto attacco da sud), che è uno snodo stradale e ferroviario fondamentale, che consente l'accesso verso nord al resto della regione. Pertanto, un grande vantaggio tattico per arrivare alla conquista russa di tutto il Dombass, con una velocità operativa senza precedenti dall'inizio della guerra.

Se si considera che anche le operazioni nella regione di Lugansk, la “gemella” del Donetsk, stanno procedendo positivamente, potrebbero essere sufficienti poche settimane perché Putin possa considerare conseguito l'obiettivo che, all'inizio di settembre, aveva dichiarato come “priorità numero uno” per i suoi Comandi: la conquista di tutto il territorio delle due citate regioni russofone. E con il raggiungimento di questo traguardo, il Leader russo potrebbe dare sostanza alla sua dichiarazione del 2022, con cui proclamava l'annessione di Lugansk e Donetsk, dopo che le popolazioni avevano dato il loro parere favorevole con due referendum. Consultazioni che non erano state riconosciute né da Kiev né dalla Comunità internazionale. Ma in due anni possono cambiare tante cose, soprattutto sull'onda delle conseguenze di una guerra che sta costando vite umane, sta distruggendo una Nazione e costando tanti miliardi di dollari.

Infatti, questo risultato ormai alla portata di Putin sembra che stia inducendo le parti verso la “via della ragione”. Secondo il Financial Times, quotidiano britannico normalmente bene informato sulle questioni internazionali, l'ipotesi attualmente in esame in ambito diplomatico europeo, per una soluzione negoziata del conflitto, prevede che la Russia possa mantenere un controllo “de facto ma non de jure” dei territori occupati, in cambio dell'accettazione dell'ingresso in tempi brevi dell'Ucraina nella NATO.

Sembrerebbe una via logica ed immediata verso la pace, ma in realtà le vulnerabilità di tale ipotesi sono ancora molte. Intanto, almeno per ora, Kiev non intende ammettere in pubblico una soluzione che comporterebbe la cessione di territori. Una questione di immagine facilmente superabile, anche perché la voglia di finirla lì comincia a farsi largo tra le fila dei governatori locali ucraini, che sono quelli a diretto contatto con la gente, per cui sempre più vogliono parlare di ricostruzione e sempre meno di nuovi reclutamenti.

Diverse invece le difficoltà sul punto del rapido ingresso nella NATO dell'Ucraina. Infatti, gli Stati Uniti hanno ribadito che i tempi per l'ammissione non devono essere variati, per cui rimarranno lunghi. Questo perché, giustamente, Washington non vuol correre alcun rischio di dover vedere, in un giorno che potrebbe essere non tanto lontano, l'Alleanza costretta al coinvolgimento in guerra, per rispettare il criterio di “difesa collettiva” (articolo 5) verso l'Ucraina. Ma non è solo questa la posizione ostativa, perché quella della Slovacchia è ancora più netta e sfavorevole per l'Ucraina. Infatti, il Premier slovacco Robert Fico ha dichiarato la sua contrarietà addirittura allo stesso ingresso di Kiev nell'Alleanza perché, a suo parere, “Sarebbe solo una buona base per la Terza Guerra mondiale”. E la sua posizione basterebbe ad inficiare tutto il processo di ammissione dell'Ucraina, perché le decisioni in ambito NATO devono essere unanimi. Fico è invece a favore di un'Ucraina nella Unione Europea.

E' chiaro che si tratta solo di un timido e balbettante embrione di trattativa, ma almeno potrebbe costituire un primo concreto tentativo, che lascia intravedere un fioco spiraglio di soluzione.

Per ora, purtroppo, l'unica cosa certa è l'amarezza che si prova a pensare che una soluzione del genere, che comunque prevederebbe il Dombass sotto la Russia e l'Ucraina nell'orbita occidentale, ma non nella NATO, la si sarebbe potuta negoziare ben prima del 22 febbraio 2022, evitando così le stragi e le distruzioni che sono quotidianamente sotto i nostri occhi.

E di questo i politici di mezzo mondo, se non altro, ne dovranno rispondere alla storia.

Marcello Bellacicco