Basket - 23 settembre 2024, 18:09

Subito il Capitano, subito contro: «Vi abbraccerò, siete il mio mondo, la mia casa»

Domenica prossima il campionato biancorosso inizierà con la più imprevedibile delle circostanze, almeno fino a un anno fa: Giancarlo Ferrero avversario della Pallacanestro Varese. «Un mio amico mi ha detto: lasciamoci sorprendere dalla vita... E allora mai avrei pensato che potesse accadere una cosa del genere, ma ora sarà bello viverla». L'occasione vale il tempo di una lunga chiacchierata, su tutto: dall'esperienza triestina alla scelta di Brescia, da Michael Arcieri a Peppe Poeta ed Herman Mandole, dalla sua Germani di campioni a Masnago («Sento ancora il brivido sulla pelle»). E poi il futuro: «Otto anni a difendere dei colori e dei valori: come potrei non sognare un domani di nuovo insieme?»

Giancarlo Ferrero saluta e ringrazia il pubblico di Masnago: un'immagine senza tempo, una fotografia che rimane stampata dentro

Dove eravamo rimasti? 

No, non a quel 14 luglio 2023 e a quel “Cara Varese, è stato bellissimo...”, a quelle parole su cui in tanti abbiamo versato lacrime innocenti, da bambini cresciuti che non riescono ad abituarsi alla mancanza di un lieto fine nelle favole che li hanno allattati.

E neppure a prima di quel 14 luglio ci porta la mente, ovvero alla genesi lenta ma costante di un errore, non c'è modo di definirlo altrimenti, ora come allora: dire addio a Giancarlo Ferrero è stato un errore di strategia (sì, in quella squadra piena di problemi che è stata la Openjobmetis 2023/2024 il Gianca avrebbe potuto essere utile, dentro e fuori dal campo), del cuore (non si chiude così una storia di amore, di fedeltà, di appartenenza…) e persino di programmazione (chi dopo di lui? Per chi è valso il sacrificio? Purtroppo per nessuno: nessun giovane è rinato l'anno scorso dalle ceneri del mancino di Bra, e non sarebbe servito un esperto a prevederlo…)...

La verità è che il tempo - sovrano, provvidenziale - ha lavato il pianto e ha pulito le scorie, lasciando intatto tutto il resto, agendo come fa l'acqua che pulisce l’oro e lo separa dalla sabbia e da tutte quelle pietre che non valgono altrettanto.

«Un amico, qualche tempo fa, mi ha detto questa frase: lasciamoci sorprendere dalla vita. Fino all’estate 2023 pensavo di avere l'esistenza pianificata e l’idea di lasciare Varese nemmeno mi sfiorava. Invece è successo, sono arrivate Trieste, l’A2 vinta e ora Brescia di nuovo in Serie A… Ha ragione quel mio amico: lasciamoci sorprendere, ogni giorno».

E allora un po’ tutti siamo rimasti semplicemente a quel giorno di giugno 2024, PalaDesio, interno e poi esterno notte, gara 1 di finale playoff di Serie A2 tra giuliani e cugini brianzoli. Siamo rimasti a quel centinaio di persone che lì sono arrivate dalla Città Giardino per salutare un amico, per onorare una bandiera e per certificare che non tutto ha una fine, semmai solo delle curve da affrontare…

Ecco, poi capita anche che lo sceneggiatore si faccia prendere la mano: domenica prossima, prima giornata del campionato 2024/2025, ci sarà Germani-Openjobmetis. 

Subito il Capitano. Subito contro.

Una circostanza che non sarebbe mai dovuta accadere, un’emozione da vivere o l’occasione per dimostrare qualcosa? Scegli una delle tre, Giancarlo…

Un’emozione da vivere. Sarebbe stato strano anche solo pensarlo un anno fa e di certo sarà altrettanto strano domenica prossima ritrovarsi in due metà campo diverse. Ma il destino ha voluto che tutto ciò accadesse, e allora spero che sarà bello per tutti, non solo per me, incontrarci di nuovo. In fondo sono felice che stia per succedere.

Nel lungo addio dell’estate scorsa hai sempre tenuto i toni pubblici della vicenda molto bassi, lasciando prevalere l’amore per quello che era stato il tuo viaggio in biancorosso sulla delusione per qciò che non ci sarebbe stato più. Perché? In fondo hai fatto di tutto per rimanere: avesti avuto delle buone ragioni per essere arrabbiato e per manifestare tale sentimento, invece no…

Invece no, esatto. Perché alla fine Varese per me è qualcosa che va oltre la pallacanestro: è casa. Perché macchiare, perché rovinare con delle polemiche (che peraltro mai mi sono appartenute) qualcosa di così unico, di così assoluto? L’aspetto sportivo a volte va scisso da quello emozionale: il mio addio è stato solo la fine di un percorso sportivo. Niente più di quello…

Se è così, allora, tutto rimane intatto, non intaccabile dal tempo e dalla distanza…

Infatti, nulla si è sfumato con il passare dei mesi. Sento ancora il brivido di Masnago sulla pelle: Varese è il suo popolo, quello che ogni domenica trasforma il palazzetto in una bomboniera piena di energia.

A parte Virginio, Librizzi e Assui, domenica prossima avrai davanti una squadra che nulla c’entra con i tuoi otto anni prealpini. Fuori dal parquet, invece, un mondo…

Sì, il mio mondo: lo staff, i consorziati, i dirigenti, gli amici de Il Basket Siamo Noi, tutti i tifosi… Loro sono la mia Pallacanestro Varese.

Hai già in mente qualcosa? Qualche saluto particolare, qualche gesto... 

Non ci ho ancora pensato, ma conoscendomi la cosa più importante per me sarà poter abbracciare tutti quelli che incontrerò e omaggiare la curva e tutti i supporter che arriveranno a Brescia. Poi dovrò anche cercare di concentrarmi eh, perché oggi sono un giocatore della Leonessa e dovrò portare il mio contributo: decisamente non sarà facile per me l’impatto emotivo con questo match…

Passo indietro, verso est: Trieste. Cosa ha cambiato il destino di una stagione che pareva disgraziata?

Ci siamo interrogati spesso su quanto accaduto. I due più bravi, lo ribadisco ancora una volta, sono stati Michael Arcieri e coach Jamion Christian, perché hanno sempre creduto nel percorso senza mai rinnegare le scelte fatte. Il nostro è stato un campionato complicato, in certi momenti - come nella fase a orologio, quando abbiamo vinto solo tre partite su dieci - molto negativo, e alla fine ci siamo qualificati ai playoff solo in quinta posizione. A Rieti, tuttavia, nell’ultimo appuntamento prima della post season, c’è stata la svolta: rientrando in spogliatoio abbiamo avuto la percezione di un clic, come se qualcosa si fosse finalmente acceso. Poi nei playoff abbiamo ritrovato tutti i giocatori in salute, abbiamo iniziato a prendere fiducia e consapevolezza e il nostro palazzetto è diventata una fortezza. Infine, vincere contro Cantù è stata la cieliegina sulla torta. 

Dopo anni di Serie A hai assaggiato l’A2, il cui solo nome qui a Varese fa venire i brividi per la paura di cascarci dentro. E tu lo sai bene… Eppure Trieste ce l’ha fatta in un solo anno a risalire: allora non è così drammatico retrocedere? Oppure sei rimasto dell’idea che sia qualcosa da evitare a tutti costi?

No, non scherziamo: meglio non andarci. L’A2 è difficilissima. Ci sono variabili enormi, le squadre che investono budget importanti, paragonabili alla Serie A, sono diverse e da ora in poi saranno anche di più, visto che è tornata la promozione diretta. Sopravvivere in questo campionato e vincerlo è molto complicato. Penso a Forlì, l’anno scorso: prima per tutta la stagione, poi si infortuna la guardia americana e va all'aria ogni cosa...

Quando la fine della tua esperienza triestina è diventata ufficiale, in un servizio di una tv locale abbiamo sentito questa frase: “Dire addio a Giancarlo Ferrero è come dire addio a un amico”. In un solo anno sei riuscito a lasciare la stessa impronta che hai lasciato a Varese, anche se ovviamente non così profonda...

C’ho provato. Soprattutto nei primi mesi, a livello di numeri, la mia produzione in campo non è stata sufficiente e di questo non ero certo contento. Ho tirato con una percentuale da 3 punti insolita, la più bassa mai avuta in carriera. A tratti mi sono preoccupato, mi sono sentito sfiduciato, e sono stati bravi i miei compagni, il coach e Michael a ricordarmi che il mio momento sarebbe prima o poi arrivato. E così è stato nella seconda parte del campionato. Ma quello che non è mai mancato da parte mia è stata la presenza dentro e fuori dal campo: penso di aver fatto il mio nel tenere insieme un gruppo in cui era importante arrivare a capire che l’obiettivo non fosse brillare come singoli, ma diventare una squadra per poter vincere il campionato. E allora sono felice della frase che mi riporti... Arcieri mi ha voluto con sé sopratutto per questo.

Lo hai citato, domanda scontata quindi: cosa rappresenta per te Mike? 

Mike è speciale per me. In un momento non semplice come quello del mio addio a Varese, mi ha dato una nuova opportunità, e non era scontato che accadesse. Ho imparato tanto da lui, dai suoi modi, dalla sua calma, dalla sua capacità di programmare le cose. Lo sento vicino, così come tutta la sua famiglia. Sono convinto che a Trieste stia creando una bella realtà, anche fuori dal campo: gli auguro il meglio.

Estate 2024, arriva Brescia: com’è andata?

Ho finito il campionato e Mike è stato fin da subito molto corretto: per come stava costruendo la squadra e i per i contratti che la società aveva già in essere, mi ha comunicato che che sarebbe stato difficile per me avere un’altra opportunità lì. Allora mi sono messo a cercare un’altra sfida, perché a 36 anni è proprio di una sfida che si ha bisogno per continuare, e a un certo punto è arrivata la chiamata di Peppe Poeta… Mi ha detto che pensava a me per completare il roster ed è stato molto chiaro su quello che sarebbe stato il mio ruolo. In 10 secondi ho detto sì… 

I primi passi nella Leonessa come sono stati?

Ho cercato di farmi trovare il più pronto possibile, perché c’è una grande differenza tra Serie A e Serie A2 dal punto di vista fisico. Così fin dai primi giorni ho dato tutto me stesso, forse chiedendo anche troppo al mio corpo: da qui un piccolo fastidio muscolare che mi ha tenuto fuori per un paio di settimane dalla preparazione. Ora sono tornato e sono pronto a dare una mano con la mia consueta energia e voglia di fare, con l'intento di essere importante anche nella costruzione di quello che è un gruppo nuovo. Insomma voglio essere utile, flessibile, a disposizione: è il ruolo che adoro e nel quale penso di poter ancora dire la mia.

Bilan, Della Valle, Burnell, Dowe… Può essere questa Germani la squadra migliore in cui hai mai militato nella tua carriera? 

Sì, di certo una delle migliori. Siamo strutturati, abbiamo elementi di grande esperienza, giocatori che conoscono bene sé stessi e sanno quello che devono fare, molto bravi nelle letture. Miro (Bilan ndr) poi, se sta bene è immarcabile… Essere al servizio di compagni così per me è motivo di orgoglio.

Coach Peppe Poeta: prime impressioni.

Mi sono piaciuti molto l’approccio e la chiarezza che ha avuto con me fin dal primo giorno: per un giocatore maturo quale sono, partire con le idee chiare è molto importante. Apprezzo il metodo con cui guida la squadra e la sua grande energia, così come il rapporto che sta instaurando con noi: ci chiede, si confronta. Sa che per lui questa di Brescia è una grande opportunità.

Dove volete arrivare quest’anno?

Vedremo, perché siamo davanti a un campionato tra i più difficili degli ultimi tempi. Si è alzata molto la qualità dei roster e ci vorranno un po’ di partite per avere una scala precisa dei valori. Per ora il nostro obiettivo è quello di crescere, di imparare a giocare insieme. Poi vedremo.

Cosa ne pensi della Openjobmetis, invece?

Ritengo sia una squadra costruita con la stessa filosofia di due anni fa, quindi con l’idea di correre. Vedo grande talento, soprattutto tra gli esterni: Mannion è un fuoriclasse, Hands è un giocatore che mi piace tantissimo, vicino a loro ci sono grandi atleti e tiratori. E poi sarà difficile per tutti andare a tirare vicino a canestro, perché “Kao” mi sembra proprio un bel “rim protector”. Varese sarà una squadra complicata da affrontare, insomma, soprattutto a Masnago.

Ti aspettavi la promozione di Herman Mandole a capo allenatore?

Credo che questa promozione sia l’apice di un piano, di un percorso. Dell’anno che abbiamo trascorso insieme mi è rimasta soprattutto la sua grande capacità di focalizzarsi sul miglioramento dei giocatori, sia con gli esercizi che con i video. Ci prendeva sempre da parte, ci aiutava. E poi Herman mi piace per il suo atteggiamento, che si sposa alla perfezione con la piazza biancorossa: penso sia il condottiero di cui la Pallacanestro Varese aveva bisogno.

Siamo alla fine. Giancarlo, un altro anno a sparare triple alla bisogna, e poi? Confermi di voler tornare a Varese una volta appese le proverbiali scarpette al chiodo? 

Confermo, Varese rimane casa, non è cambiato nulla in tal senso. Però lasciamoci anche sorprendere: questa parentesi lontano doveva essere solo una toccata e fuga, ma poi la vita mi ha messo davanti un’altra nuova opportunità… Quindi chi lo sa se ci sarà ancora qualcos’altro in mezzo… Però ripeto: Varese è casa e lo è per le persone, per i rapporti che ho costruito, per le amicizie che ritrovo. In finale contro Cantù al PalaDesio sono venute almeno cento persone, solo per salutarmi. Potrei dire che mi sono stupito, ma non è così: l’amore della mia gente lo conosco bene.

Sogni un futuro condiviso anche con la Pallacanestro Varese, non solo con la città e con la sua gente?

Per il dopo basket ho già una carriera avviata e quella avrà la priorità. Ma otto anni passati insieme sono otto anni… Otto anni a difendere dei colori, delle idee, dei valori… Come potrebbe allora non piacermi l’idea di essere d’aiuto a una società alla quale ho dato così tanto e dalla quale ho ricevuto altrettanto? Io mi metterò a disposizione e spero che avremo modo di fare una bella chiacchierata, poi lasciamo decidere alla vita, come è successo finora…

Fabio Gandini


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