Altri sport - 08 settembre 2024, 08:45

VIDEO. «Le campionesse del volley femminile sono una bella Italia»

La pallavolo filo conduttore e protagonista assoluta del gran finale di SportivaMente. Gli ori mondiali di Eleonora Lo Bianco e Paola Cardullo che luccicano sul palco di piazza Vittorio Emanuele. Le storie e le leggende azzurre del volley, tornando a Parigi 2024, con “Al di là del muro” di Maurizio Nicita. «Oggi la nazionale femminile, per la sua diversità ed eterogeneità, fa davvero capire qual è la proiezione di questo Paese, dove non bisognerà più guardare al colore della pelle»

Mauro Berruto, Paola Cardullo, Eleonora Lo Bianco e Maurizio Nicita

La pallavolo come filo conduttore e protagonista assoluta del gran finale di SportivaMente, Ieri sera, sabato 7 settembre, in piazza Vittorio Emanuele II a Busto Arsizio l’ultimo appuntamento del Festival dei libri sportivi con a suggellare la terza edizione due grandissime campionesse: Eleonora “Leo” Lo Bianco e Paola Cardullo.

L'ultima presentazione, di una bella tre giorni tra sport e cultura, è stata quella di “Al di là del muro. Storie e leggende del volley azzurro” di Maurizio Nicita, giornalista de La Gazzetta dello Sport per quasi trent’anni, e le sue attesissime ospiti. Con sul palco ancora Mauro Berruto, trait d'union delle due presentazioni di serata, ed una incursione a sorpresa all'inizio della chiacchierata: quella di Marco Pedoja, allenatore dell'oro olimpico di Parigi, nei 100 rana, Nicolò Martinenghi. “Tete” che a Busto ha studiato, al Liceo “Pantani”, e si allena («in corsia 7») come ha ricordato il suo trainer, stuzzicato dalle domande di Enrico Anghilante, presidente dell’Associazione Culturale Territori, organizzatrice del Festival in collaborazione con MoreNews Gruppo Editoriale e Associazione Culturale Cuadri.

Da un oro olimpico, il primo del nuoto italiano (poi bissato dall'impresa di Thomas Ceccon nei 100 delfino, nda), ad un'altra primizia assoluta a cinque cerchi: la medaglia del metallo più pregiato ottenuta dalle ragazze del volley femminile, nell'ultima giornata di gare. 11 agosto 2024 che rimarrà nella storia della pallavolo italiana.

«A Parigi si è chiuso un cerchio – ha ricordato l'autore Maurizio Nicita – e il cerchio si è chiuso con le donne. Ma la pallavolo in sé ha questa grandissima capacità di essere declinata sia al maschile che al femminile ed è oggi lo sport socialmente più popolare e più praticato nelle scuole. È un movimento in continua evoluzione che è anche traino sociale (positivo) per tutt'Italia. Oggi la nazionale femminile, per la sua diversità ed eterogeneità, fa davvero capire qual è la proiezione di questo Paese, dove non bisognerà più guardare al colore della pelle».

Ma parlando di storie e leggende del volley azzurro è impossibile dimenticare l'oro Mondiale del 2002, in Germania, della nazionale femminile di Marco Bonitta. Tra poco sarà il compleanno di quell'impresa: era il 15 settembre di 22 anni fa. In campo due campionesse allora ventenni o poco più, Paola Cardullo nel ruolo di libero ed Eleonora Lo Bianco al palleggio, che a “Sportivamente” hanno regalato una serata di tanti aneddoti e belle parole, cariche di significato.

La “Leo” nazionale, recordwoman in azzurro con 548 presenze, ha raccontato la sua personalissima finale del mondiale 2002. «Me l'ero già immaginata quella partita nella mia testa. Ho utilizzato il “sogno” per giocare prima il match e sapere tutto quello che dovevo fare in campo. Me la ricorderò per sempre».

Poi l'aneddoto della “medaglia dei terrestri”. «Quattro anni prima nel mondiale arrivammo quinte, dietro a quattro squadroni “extraterrestri” e la Federazione ci diede un premio. Allora rappresentava un risultato incredibile, ma quella Nazionale fece un percorso fantastico e nel 2002 arrivammo con mezzi ed una consapevolezza diversi che ci permisero di ottenere l'oro. Non eravamo le più forti ma ce lo siamo meritate».

Un'occasione presa al volo, che ha fatto storia. Come le difese di Paola Cardullo, il primo (autentico) libero della “leggenda azzurra”. «Io sognavo di giocare a pallavolo fin da bambina ma guardavo le altre giocare con la consapevolezza di quello che mi mancava. Poi nel 1998, con l'introduzione del ruolo di libero, c'è stata la mia possibilità. Ho subito capito che potevo finalmente guardare “a quello che ero” e che avevo tutte le possibilità per realizzare il mio sogno. E ci sono riuscita».

Applausi, e un finale migliore per SportivaMente davvero non poteva esserci. Arrivederci all'anno prossimo.

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Alessio Murace