Busto Arsizio - 01 settembre 2024, 08:00

Uno splendido bronzo alla prima Olimpiade. Giorgio Malan a SportivaMente: «Pentathlon palestra di vita»

Dallo storico podio di Parigi a Busto Arsizio. L’atleta sarà tra i protagonisti della seconda serata del festival dei libri sportivi. L’appuntamento è per venerdì 6 settembre alle 20.45 in piazza Vittorio Emanuele II. Sarà l’occasione per rivivere le emozioni dei Giochi, conoscere le grandi novità che interesseranno questo sport ma anche per ascoltare quello che questa disciplina può insegnare nella vita quotidiana

Giorgio Malan in azione. Il pentathleta sarà ospite di SportivaMente a Busto venerdì 6 settembre

La passione per lo sport lo accompagna fin da piccolo, al punto da scegliere una disciplina che abbraccia cinque specialità diverse.
Giorgio Malan, torinese classe 2000, ha iniziato a praticare il pentathlon intorno agli 8 anni. E nel 2024, dopo gli ori nella staffetta maschile e nella gara a squadre e l’argento individuale ai Campionati europei, a Parigi ha conquistato una meravigliosa medaglia di bronzo alla sua prima Olimpiade.

Sensazioni uniche che il pentathleta racconterà in prima persona nell’ambito della terza edizione di SportivaMente - il Festival dei libri sportivi organizzato dall’Associazione Culturale Territori in collaborazione con l'associazione culturale Cuadri e il gruppo editoriale More News. L’appuntamento è per venerdì 6 settembre alle 20.45 in piazza Vittorio Emanuele II a Busto Arsizio (qui il programma).
L’emozione della prima Olimpiade, lo storico cambiamento in arrivo nel pentathlon (che perderà l’equitazione a favore di una nuova prova a ostacoli), ma anche quello che questo sport può insegnare: «È una grande palestra di vita», dice Malan.

Giorgio, partiamo dai Giochi di Parigi. Prima Olimpiade e subito una medaglia: sicuramente lo sognavi, ma te lo saresti aspettato?
«Sicuramente lo sognavo. Fin da piccolo ho sempre sognato di partecipare alle Olimpiadi, già quello era un grosso traguardo. Guardando al risultato degli Europei, sapevo che se fossi riuscito a esprimermi al meglio, avrei potuto sognare in grande. Certo, nella gara secca alla prima Olimpiade non sapevo come avrei reagito a queste forti emozioni. Non sono partito con aspettative sul risultato, ma con la speranza di godermi al massimo l’esperienza e di divertirmi dando il 100 per cento. Sapevo che se fosse riuscito in questo, il risultato sarebbe arrivato. E così è stato».

Tra l’altro una medaglia olimpica nel pentathlon moderno mancava all’Italia dal bronzo a squadre di Barcellona 1992, mentre nell’individuale bisogna tornare a Seul 1988. Insomma, un risultato storico.
«Sono medaglie che non posso ricordare, perché non ero ancora nato. Sono molto contento di aver riportato una medaglia nel pentathlon in Italia, spero che possa portare maggiore visibilità al nostro bellissimo sport».

Com’è stato vivere da protagonista i Giochi olimpici? C’è qualcosa che ti ha sorpreso in particolare o che ti aspettavi potesse essere diverso?
«Prima della gara ho pensato tante volte, in base all’esperienza che ho alle spalle, a come avrebbe potuto essere questa Olimpiade. Sicuramente la cosa che mi ha stupito di più è il pubblico. Non mi sarei mai immaginato questa spinta e, soprattutto, non sapevo come avrei potuto reagire, se mi avrebbe schiacciato oppure dato più energia. Devo dire che mi ha dato tantissima energia, soprattutto la presenza dei miei familiari e degli amici».

Il pentathlon è uno sport “particolare” per il grande pubblico. Com’è scoccata la scintilla?
«Fin da piccolo mi piaceva fare sport, muovermi. Quando mi proponevano qualcosa di nuovo da sperimentare, non mi tiravo mai indietro. Il pentathlon, con queste discipline così diverse l’una dall’altra, mi ha subito affascinato molto, è lo sport fatto apposta per me. Quando facevo scuola nuoto, intorno agli otto anni, il mio insegnante Giancarlo Duranti – che è il mio attuale allenatore – mi propose iniziare col pentathlon e così ho fatto».

Di fatto sei chiamato a eccellere in cinque sport: come si svolgono i tuoi allenamenti?
«Nella settimana tipo, mi alleno da lunedì al sabato e faccio dai tre ai quattro sport diversi al giorno, talvolta anche tutti e cinque. In base al periodo della stagione, faccio allenamenti più o meno “di carico”, questo dipende dalle gare e dagli obiettivi che ci diamo come team».

Nel pentathlon non ci sarà più l’equitazione: che cosa ne pensi?
«Sicuramente è un peccato. Sapere che questo sport di cui mi sono innamorato verrà modificato in maniera radicale non mi fa piacere e penso che non faccia piacere a nessun pentathleta. Purtroppo è così. Ho vissuto questi ultimi mesi di allenamenti pre-Olimpiadi con un po’ di nostalgia, perché pensavo che quelle sarebbero state le ultime volte in cui mi allenavo nell’equitazione e in cui sarei stato su un cavallo. Rimango contrariato, ma la vita va avanti, ci sono numerose questioni per le quali ci sarà questo cambiamento. A me piacciono le sfide, sono pronto e anche gasato e carico per questa nuova sfida».

Pratichi anche altri sport, come se cinque non bastassero?
«A me piacciono gli sport in generale. Mi piace andare in bicicletta e in questo momento di stop degli allenamenti intensi sicuramente ci andrò un po’. Ma in generale faccio e mi piace un po’ di tutto. In questo momento sono al mare e pratico windsurf».

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi, in ambito sportivo e non solo?
«Sicuramente devo riprendere con l’università, perché negli ultimi mesi ho dato la priorità agli allenamenti e alle gare. Ora è arrivato il tempo di “ribilanciare” il tempo dedicato ai libri, studio Economia e management alla Luiss.
Per quanto riguarda lo sport, la sfida principale sarà quella di iniziare questo nuovo sport e vedere come sarà; con le gare si ripartirà a marzo del prossimo anno».

E il prossimo sogno da realizzare?
«A me piace sognare in grade ma con consapevolezza. Il mio sogno era quello di partecipare alle Olimpiadi, senza pensare a vincere subito una medaglia. Ora ho accumulato tanta consapevolezza. Bisognerà vedere se il nuovo sport cambierà gli equilibri. In ogni caso ci sono tante gare in cui posso ottenere risultati migliori, e poi tra quattro anni alle Olimpiadi si punta in alto».

Che cosa ti ha dato questo sport e perché lo consiglieresti a un ragazzo giovane e alle famiglie?
«Penso che lo sport in generale sia una scuola di vita importantissima, per i più piccoli e per i ragazzi. Uno sport individuale come il pentathlon ti insegna che le cose te le devi guadagnare senza che nessuno ti regali niente e che spesso lavoro, dedizione e sacrificio portano i loro frutti. Non è scontato nemmeno dopo aver fatto tutto il possibile. In quel caso bisogna rialzarsi e trovare le forze per riprovarci. Questa è una palestra di vita e credo che mi servirà anche in futuro fuori dall’ambito sportivo. Io consiglio di praticare il pentathlon, uno sport complesso per il quale la famiglia gioca un ruolo importante. La mia famiglia mi ha sempre sostenuto, portandomi da un impianto all’altro per i diversi allentamenti, senza avermi mai fatto mancare il supporto emotivo e pratico».

Riccardo Canetta