Busto Arsizio - 21 agosto 2024, 16:00

Il sogno, per ora proibito, di Riccardo Maino: gareggiare alle Paralimpiadi

Il ginnasta con sindrome di Down, tanti successi in Italia e all’estero, sarà nuovamente spettatore della manifestazione in partenza a Parigi: «Gli atleti come me avrebbero dovuto esserci. Bisogna fermare il pregiudizio». Oltre l’amarezza: «Seguirò le gare e tiferò Italia»

Il campione Riccardo Maino

«Prima di concludere la mia carriera sportiva, almeno una gara paralimpica la voglio fare». Tanto per cambiare ha le idee chiare, Riccardo Maino, atleta con sindrome di Down della Pro Patria Ginnastica. Come noto, Riccardo ha vinto in lungo e in largo, a livello nazionale e internazionale. A marzo ha fatto suo il titolo mondiale nell’all around, in Turchia (vedi QUI), successo che ha impreziosito un lungo percorso fatto di allenamenti, sudore, conquiste. Ma c’è una medaglia che manca, dal suo palmarès, quella con i cinque cerchi. E le paralimpiadi di Parigi, che sono lì, a portata di mano, non potranno essere l’occasione per colmare la lacuna. Non ci sarà la categoria C21, quella degli atleti, appunto, con sindrome di Down. Giusto? Sbagliato?

Le ragioni sono tante: a monte di ogni gara paralimpica non ci sono solo il talento e la determinazione degli atleti. C’è anche un attento lavoro per consentire ai partecipanti di esprimere il loro potenziale e di competere con avversari in condizioni simili. Ci sono regolamenti complessi e un mondo, forse sarebbe più appropriato parlare di mondi, al plurale, in evoluzione. Semplificando, e tanto per fare un esempio: un nuotatore non vedente e uno amputato si trovano in situazioni completamente diverse, hanno difficoltà e punti di forza differenti. Le “disabilità intellettive” complicano ulteriormente il quadro.

C’è, però, quell’aspirazione che accomuna gli atleti, senza distinzioni: gareggiare nel contesto più ampio possibile, dare il meglio contro coloro che danno il meglio, affrontare avversari provenienti da tutto il mondo, vivere, quasi respirare l’Olimpiade. Il ginnasta di Busto non fa eccezione. «È da Tokyo 2020 – scrive sui social - che sogniamo le Paralimpiadi ma la nostra categoria non può ancora partecipare.... Quante altre Paralimpiadi dobbiamo vedere prima che si realizzino i nostri sogni?». Desideri e auspici condivisi con la fidanzata Aurora, anche lei ginnasta e campionessa.

Raggiunto al telefono, Riccardo esprime un giudizio netto: «Non sono d’accordo, gli atleti con la sindrome di Down alle Paralimpiadi devono esserci». E rincara, con una metafora che si collega al simbolo della competizione: «Secondo me la disabilità è una specie di grande cerchio. Dentro ci sono tante cose e tante persone. Ci sono quelle che non hanno un braccio, per esempio. E ci sono quelle con la sindrome di Down. Ma come? Organizzi una cosa come le Paralimpiadi e poi escludi?».

Riccardo guarda anche oltre il suo caso personale: «Per me le Paralimpiadi contano molto, potrebbero servire a dimostrare che quelli con la sindrome di Down possono fare di tutto. Bisogna fermare il pregiudizio».

L’amarezza, del resto, non soffoca la passione di uno che ha trovato la sua strada sportiva dopo avere visto in azione Jury Chechi: «Ho seguito le Olimpiadi di Parigi, in generale. Molto il nuoto. Ma soprattutto la ginnastica, ovviamente. Le medaglie vinte dalla nostra nazionale sono state proprio meritate, è stato bellissimo. E seguirò di nuovo le Paralimpiadi, tiferò per gli italiani. Se fossi uno di quegli atleti, di quelli in gara, sarei contento e basta». Il faro della speranza, comunque, non si spegne: «Vorrei avere la possibilità di partecipare. E se anche vincessi una medaglia, la strada non terminerebbe lì».

Stefano Tosi