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Varese dalla vetrina | 10 agosto 2024, 07:30

VARESE DALLA VETRINA/27. Alla Baita dello Stadio, dove lo sport varesino si siede a tavola: «Cosa mangia Scola? Tanto pesce. I varesini freddi? Una grandissima bugia»

Giuseppe Nicodemo ci apre le porte dell'amatissimo ristorante pizzeria tra stadio e palazzetto: «Siamo qui dal 2001 grazie a papà Francesco, la gente arriva - anche dopo le partite di Openjobmetis e Mastini - e si sente accolta. Lo stadio? Un mostro vuoto che suscita tristezza. Le pizze sono una settantina, quella con il nome del locale ormai ha trent'anni. I primi sono sempre più variegati e ricercati, ma anche la carne tira. Ci vediamo dopo le ferie nella mia Basilicata, dove si mangia bene, c'è aria buona e zero caos»

Giuseppe in azione in mezzo alla sua squadra de La Baita dello Stadio

Giuseppe in azione in mezzo alla sua squadra de La Baita dello Stadio

Giuseppe Nicodemo ci apre le porte del ristorante pizzeria La Baita, uno dei locali più frequentati, amati e storici della città situato in una zona che vive di sport, dalla pallacanestro al calcio e, non distante, all’hockey. Gestione iniziata nel 2001 grazie a papà Francesco, Giuseppe ha iniziato giovanissimo a bazzicare tra i tavoli del locale, popolato ora da clienti diventati affezionatissimi, grazie anche alla qualità dell’offerta.

Quando inizia la vostra avventura a La Baita dello Stadio?
Siamo qui dal 2001 grazie a mio padre Francesco. Siamo partiti da soli dopo aver rilevato questo ristorante dal vecchio proprietario, che a sua volta era qui già da una quindicina d'anni.

Di dove è originaria la tua famiglia?
Veniamo dalla Basilicata, da Lauria, vicino a Maratea. Mio padre ha sempre fatto il ristoratore, quindi io ho sempre gravitato in questo mondo. Finora la nostra a Varese è stata davvero una bella esperienza e, dopo 23 anni, posso dire che ci è andata davvero bene, perché è una città molto bella, tranquilla, e anche i varesini ci hanno accolto sempre con affetto.

Quando hai iniziato a lavorare alla Baita?
Sono qui da quando avevo 18 anni, adesso ne ho 37. Per fare questo lavoro ci vuole tanta passione, perché comunque richiede sacrifici, specialmente dal punto di vista degli orari: ti occupa gran parte della giornata, tanta vita. Però ti dà anche molta soddisfazione. Ovviamente deve piacerti il contatto con il pubblico.

Qual è il segreto del successo della Baita?
Noi vogliamo far sentire veramente a casa il cliente: quando viene qui, si deve sentire accolto. E quindi puntiamo molto sulla familiarità. Ci sono dei clienti che a volte vengono anche da soli, e se non ti senti a tuo agio in un posto non ci vai da solo. Ovviamente bisogna anche offrire un prodotto di qualità, perché altrimenti la simpatia non è abbastanza. La nostra particolarità è questa. Poi la nostra pizza piace a tanti, per fortuna, e ricevere un complimento proprio su questo punto fa tanto piacere. Vengono anche colleghi di altri ristoranti: è bello anche questo “riconoscimento”.

Attualmente da chi è gestito il locale?
Siamo io, mia mamma Angela e mio papà Francesco. Fino a qualche anno fa c’è stato anche mio fratello Daniele, che poi ha cambiato strada perché ha preferito fare altro, però quando abbiamo bisogno viene sempre a darci una mano.

Dopo la parentesi Covid come siete ripartiti?
Dopo il Covid ci siamo rilanciati alla grande. La gente ha riscoperto il piacere di venire, forse perché ha vissuto sensazioni mai provate, come rinchiudersi in casa e non potere fare le cose più semplici e belle. Poi, forse, alcuni hanno paura che possa ritornare un periodo simile, e allora si dicono che è meglio approfittarne adesso. Però da quando siamo tornati alla normalità, il lavoro va forse ancora meglio di prima. C’è proprio tanta gente che ha voglia di uscire. Poi, finito il Covid, sono ripartite tante situazioni: il basket, l'hockey, la Varese City Run. Ovviamente anche questo ha contribuito alla ripresa.

Lavorate benissimo con il pubblico del basket e dell’hockey…
Sì, sono due realtà sportive che ci danno davvero tanto. Di solito prenotano prima, anche perché siamo qui da tanti anni e ormai sanno cosa aspettarsi. Ovviamente c’è sempre chi improvvisa, e noi lo accogliamo volentieri. Dipende anche dagli orari delle partite. Quando al palazzetto si gioca alle 20.30 arrivano tutti alle 18.30, se invece giocano prima la gente viene dopo, con calma. Dopo l’hockey arrivano sempre tanti tifosi, verso le 21.30/22. Sono realtà radicate, amate, seguite.

E il calcio?
Ci troviamo dalla parte del settore ospiti dello stadio, davanti alla curva Sud, cosa che negli anni, soprattutto con il Varese in serie B, ci ha un po’ penalizzato. Anche perché abbiamo una clientela molto tranquilla: da gente della mia età, non proprio ragazzini, magari con le loro famiglie, ai 50-60enni e oltre. E giustamente quando escono il sabato o la domenica vogliono tranquillità.

Parlando di cucina, quali sono le tue specialità?
La pizza. Ne abbiamo una settantina, anche con impasti particolari come la pizza in pala, con un mix di farine: macinata a pietra, farine bio e farina di riso. L’impasto viene lasciato a lievitare per 48 ore e si trasforma in una pizza soffice e croccante allo stesso tempo. Quelle che vanno per la maggiore sono le classiche e la pizza Baita, che ha sopra di tutto e di più (salame piccante, pancetta, fagioli, tonno, cipolla…). L’abbiamo trovata nel menu vecchio e l’abbiamo mantenuta, ormai ha 30 anni. Adesso fare ristorazione significa anche offrire ingredienti variegati e ricercati, dalla crema di pistacchi alla crema di formaggi, e così via. Se qualche anno fa andavano per lo più gli spaghetti alla carbonara o le penne all’arrabbiata, oggi sono apprezzati i paccheri con crema di pistacchi, burrata e guanciale e gli scialatielli ai tre pomodorini, con un tris di pomodorini di qualità.

A tavola arriva anche qualcosa dalla vostra Basilicata?
Abbiamo provato con il peperone crusco, che viene fatto essiccare al sole. È una specialità della Basilicata. La questione è che, se viene dai nostri contadini, ha un sapore, se è industriale ne ha un altro. Lo abbiamo proposto per un po’, poi però non siamo riusciti a stare in linea con queste cose, perché prenderlo dai nostri contadini della Basilicata non era come prenderlo nelle grosse aziende. Cambiava il sapore... avremmo dovuto “tradire” quello originale, il gusto che ha quando lo fa mia nonna, che lo mette a essiccare. Quindi abbiamo deciso di continuare con altro.

La zona di Masnago, stadio a parte, com’è cambiata?
È una zona in fortissima crescita e di qualità. Noi siamo qui da più di 20 anni, e sono nate tante strutture, anche di un certo livello.

Sei anche tifoso della Pallacanestro Varese…
Purtroppo non posso andare a vederla, perché sono di servizio qui, però la seguo sempre. Scola viene qui spessissimo e, dopo che ai Giardini Sospesi hanno creato la foresteria, spesso è in zona e a volte viene a pranzo. Una volta è anche arrivato con i suoi ex compagni e amici argentini.

Che cosa prende di solito Scola?
Tanto pesce.

Come descriveresti la tua clientela?
Fantastica. La clientela ideale, davvero. Gente tranquilla che arriva con la propria famiglia o gli amici. Si mangia, si chiacchiera, si ride. Qualche gruppetto magari si ferma un po’ di più, ma sempre senza creare confusione. È la clientela ideale che potrei avere.

Come va il ristorante a pranzo?
Benissimo. Il menu per i lavoratori ci crea tanto lavoro. È importante offrire sempre la qualità, anche quando i prezzi sono più contenuti. Il rapporto qualità prezzo è essenziale, perché va bene spendere poco, ma se poi non mangi anche bene non ritorni.

Dove vai a mangiare quando sei chiuso?
Alla Vecchia Riva, da Gennaro… Andavo spesso anche alla Bella Napoli perché mi piaceva il contesto. Adesso esco meno perché io e mia moglie Sara abbiamo due figli: Francesco, che ha 6 anni, e Giordano, che ne ha 3 e mezzo. Anche mia moglie l’ho conosciuta qui, e ora viene tutti i giorni a pranzo a darci una mano.

È vero che i varesini sono freddi?
No, questa è una grandissima bugia. Nessuno meglio di noi, che arrivavano per la prima volta in una città del Nord, lo può dire. Ho trovato persone veramente fantastiche. Dipende tutto dall’approccio che hai con la gente: se fai capire che sei serio, qui ti danno tanto. Ad esempio, dopo l’allagamento del locale (leggi QUI) c’è stata una vicinanza e un affetto incredibili da parte dei varesini. Sono soddisfazioni che nessuna cifra economica ti può dare, e che ti fanno capire che stai facendo un buon lavoro.

Qual è un piatto che ti chiedono tanto, pizza e primi a parte?
Costate di manzo, tagliate, tantissima carne. Fino a qualche anno fa accendevamo anche la griglia, poi abbiamo avuto problemi a trovare personale esperto, ma in compenso abbiamo un forno professionale per preparare piatti eccezionali.

Quando andate in ferie?
Abbiamo chiuso domenica 4 agosto, come ormai da 23 anni. Da sei anni e mezzo vado in vacanza a Bellaria per una decina di giorni, perché è comodo per i bambini. Poi, come sempre, torno in Basilicata. È una regione stupenda che ho nel cuore: si mangia bene, c’è aria buona, e Maratea con il suo mare è stupenda. La cosa bella della Basilicata è che non è caotica, puoi stare in tranquillità.

Di turisti a Masnago ne vedi?
Questa è più una zona frequentata maggiormente da chi abita qui o arriva dai rioni vicini. Sul lago credo sia diverso...

Per quanto riguarda lo stadio, cosa ci dici?
Andrebbe riqualificata tutta l’area sportiva, non solo l'impianto per il calcio. È un peccato vedere il Franco Ossola così come è ora, non serve a niente ed è in gran parte inagibile. È un mostro vuoto che suscita tristezza, specialmente nelle giornate grigie.

Lorenzo D'Angelo

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