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Un Occhio sul Mondo | 20 luglio 2024, 09:00

“I cinesi in Bielorussia e Alaska non sono turisti”

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

“I cinesi in Bielorussia e Alaska non sono turisti”

Zhongguo Renmin Jiefangjun, ovvero Esercito Popolare di Liberazione, ma la NATO lo identifica come People’s Liberation Army. E' il nominativo che indica ufficialmente l'Esercito della Repubblica Popolare Cinese e che, fino a pochissimo tempo fa, era noto quasi esclusivamente agli Addetti ai lavori e, a dire il vero, neanche a tutti, visto che quasi tutte le Forze Armate Occidentali, non avevano ragione operativa di conoscerlo.

Purtroppo però, un po' tutti gli eventi di quest'ultimo periodo, non solo la guerra tra Russia e Ucraina, hanno determinato una situazione tale per cui il PLA entrerà a far parte anche della conoscenza della gente comune.

Infatti, nei giorni scorsi ha fatto scalpore la notizia che reparti terrestri cinesi hanno appena concluso l'Esercitazione “Eagle Assault” (già il nome è tutto un programma) in Bielorussia, con le forze bielorusse, a pochi chilometri dal confine con la Polonia.

Quindi, per la prima volta nella storia, soldati cinesi si sono addestrati sul suolo europeo, a ridosso della NATO, cooperando con forze che l'Alleanza definisce avversarie., Anche se si tratta di poche migliaia di militari e l'Esercitazione aveva finalità “anti terroristiche”, indubbiamente non è un evento da nulla, che deve essere analizzato e valutato, per definirne l'esatto significato e la vera valenza.

Intanto, questa attività deve essere messa in sistema con quanto contemporaneamente avvenuto di fronte all'Alaska, dove una squadra navale congiunta sino-russa, composta da 11 navi da guerra, ha recentemente incrociato per quasi una settimana nelle acque delle Isole Aleutine nel Mare dii Bering. Se la presenza russa in quest'area può essere considerata una costante, sin dai tempi della Guerra Fredda, quella cinese costituisce quasi una new entry, visto che il suo primo gettone artico la Cina lo aveva speso pochi mesi fa, allorché, a ottobre 2023, aveva inviato con i Russi alcune sue unità, tra cui il “Nanchang”, un cacciatorpediniere lanciamissili di ultima generazione. In autunno erano complessivamente 7 navi da guerra, mentre nei giorni scorsi erano 11, segno che i Cinesi cominciano a prenderci gusto alla frescura delle latitudini ghiacciate.

Tuttavia, questa doppia contemporanea presenza cinese, in due aree che sono entrambe molto sensibili per la NATO e di cui una è addirittura a ridosso dei confini americani, non è imputabile solo ai noti interessi cinesi verso le ricchezze artiche o all'amicizia che lega Pechino alla Bielorussia. Infatti, non è di certo casuale che, proprio in questi giorni, nell'Indo-Pacifico si é avviata la più importante e grande attività operativa che il mondo occidentale abbia mai condotto in quella Regione.

La “Pitch Black 2024” è un'esercitazione terrestre-aero-navale, organizzata dalle Forze Armate australiane, ma sotto l'evidente egida americana, a cui prendono parte assetti di 20 Nazioni tra cui, oltre a quelle “indigene”, come Giappone, Malesia, Filippine e Corea del Sud, anche le europee Germania, Francia, Gran Bretagna. Anche l'Italia, che ha ritenuto di eccedere, partecipando con le sue Forze navali ed aeree migliori, quali la portaerei Cavour e gli aerei F 35 ed Eurofighter.

Aldilà degli obiettivi ufficiali che si pone l'esercitazione, che hanno natura dichiaratamente addestrativa e teoricamente perseguono il miglioramento delle capacità di integrazione e cooperazione tra forze di Paesi diversi, in realtà il vero intendimento strategico è quello di fornire nell'area una chiara ed evidente dimostrazione di forza, supportata da una comune unità d'intenti.

Tutto questo proprio di fronte alle coste cinesi, lambite da quel Mar della Cina in cui “galleggia” Taiwan, che sta divenendo sempre più il nodo cruciale per un'accettabile stabilità nella Regione indo-pacifica.

La reazione cinese non si è fatta attendere ed ha trovato l'ormai consueta sponda nell'appoggio russo. Infatti, si sono intensificate le attività congiunte, soprattutto navali, guarda caso proprio nei Mari a ridosso di molte delle Nazioni “indigene” partecipanti alla “Pitch Black 2024”. Mar Cinese meridionale per Filippine, Manila, Singapore, Thailandia, Mar Giallo per la Corea del Sud, Mar del Giappone per Giappone e Corea del Sud e anche intorno alla stessa Taiwan. Una presenza chiaramente nell'ottica di muscoli contro muscoli e volontà contro volontà.

Ma probabilmente, sia a Mosca che a Pechino (ma soprattutto a quest'ultima), non hanno ritenuto sufficiente contrapporsi solo nell'Indo-Pacifico, per cui potrebbero aver voluto estendere il loro messaggio anche ad aree più lontane, con la finalità di rendere ancora più evidente la loro capacità di reazione ma, soprattutto, ancora più eclatante la loro volontà di reagire.

Infatti, un conto è schierare le proprie forze da contrapporre solo nell'area interessata da un'esercitazione, che si considera provocatoria, soprattutto per l'egida americana e per la presenza delle maggiori Nazioni europee. Un altro conto è non limitarsi a questo, ma voler “pizzicare” l'attenzione dell'avversario in sue aree sensibili, in cui è inaspettata e non ortodossa la tua presenza. Per la Cina, Bielorussia e Alaska rispondono perfettamente a questi criteri.

Si potrebbe obiettare che la cooperazione militare tra Cina e Bielorussia non è una neonata e che i soldati di Minsk erano in Cina poco tempo fa, per un'analoga esercitazione, incentrata sulle capacità antiterrorismo e non di combattimento puro. E' vero, ma rimane pur sempre la prima volta che i Cinesi calpestano il suolo europeo e con tanto spazio a disposizione (la Bielorussia è grande quanto due terzi dell'Italia) lo fanno a pochi chilometri dal confine polacco e quindi dalla NATO (50 km dall'Ucraina) e, ancora, lo fanno proprio nel periodo in cui c'è la ““Pitch Black 2024” e, se vogliamo, in cui si è anche svolto il Meeting NATO a Washington, in cui gli Alleati hanno rincarato i loro “avvertimenti” proprio alla Cina.

Volendo approfondire ulteriormente, è necessario sottolineare che, recentemente, la Bielorussia ha ufficializzato la sua adesione alla SCO-Shangai Cooperation Organization, un organizzazione per la sicurezza comune (a livello regionale), fondata nel 2001 da Russia e Cina, a cui hanno progressivamente aderito negli anni Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, India, Pakistan, Iran e ora la Bielorussia. Se la partecipazione alla SCO delle ex Repubbliche sovietiche non sorprende più di tanto, di ben diversa valenza è l'adesione di India e Pakistan (che ricordiamo si stanno scontrando per il controllo del Kashmir) e dell'Iran. Attualmente, la SCO si pone finalità generiche di collaborazione militare, economica e culturale e non può essere realmente considerata un'antagonista della NATO, non tanto per le sue dimensioni, quanto perché le manca la natura politica. Tuttavia, quest'attività congiunta in Bielorussia, condotta con tali particolari modalità, potrebbe costituire il cosiddetto “la” per un'evoluzione di questa organizzazione, che magari non troverebbe l'immediato coinvolgimento di India e Pakistan, ma dell'Iran quasi sicuramente.

Sotto l'aspetto militare, la parte occidentale del mondo sta focalizzando molto la sua attenzione sulla Russia, sulla sua pericolosità e sulle sue mire espansionistiche, a cui vene attribuita soprattutto una valenza territoriale. Probabilmente, questa attenzione verso Mosca è giusta, ma potrebbe avere una ragione solo nel breve termine, perché nel medio e nel lungo il vero problema potrebbe essere costituito dalla Cina.

Sinora Pechino si è principalmente occupata della sua espansione economica, commerciale e finanziaria, ma molto probabilmente ha compreso che il suo futuro sviluppo non può prescindere da una intrinseca forza militare, in grado di esercitare deterrenza, ma anche di proiettare potenza. Non é un caso che, poco tempo fa, in occasione del varo di una delle sue portaerei, che ormai hanno eguagliato il livello qualitativo americano, campeggiava sul ponte di volo dell'unità uno striscione con lo slogan “Proiettare potenza combattiva. Battersi ancora per costruire una flotta di classe mondiale”.

La Cina ha quindi imparato quel concetto che, al momento, sembra essere l'unico valido in questo mondo per affermare il proprio successo. Una lezione che ha imparato da quell'insegnante a stelle e strisce, attuale unico signore globale, che ha sinora imposto il suo gioco proprio in questo modo. Pechino, come probabilmente tante altre Capitali, non intendendo rimanere “a corte”, è perfettamente conscia che deve prepararsi anche al peggio. Purtroppo, ha cominciato a farlo e le sue due ultime presenze, in Alaska e Bielorussia, costituiscono senza dubbio un passo significativo su questa strada che, al momento, sembra essere l'unica che Cina e USA (la NATO è uno strumento americano e l'Europa non influisce) stanno percorrendo.

Sta a noi non rassegnarsi a credere che sia davvero l'unica via, perché non trovarne altre potrebbe rivelarsi letale. E il tempo comincia a stringere.

Marcello Bellacicco

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