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Busto Arsizio | 05 luglio 2024, 17:22

Il «declino di una professione» e la dolorosa vicenda di una paziente. Il dottor Campiglia dice basta

Il medico di famiglia ha deciso di lasciare il servizio pubblico. Come racconta al Corriere, quanto accaduto a un’anziana paziente lo ha portato a prendere una decisione che “covava” da tempo

Foto dal sito del dottor Campiglia

Foto dal sito del dottor Campiglia

Medico di famiglia per 30 anni a Busto Arsizio. Ma dallo scorso aprile ha detto basta.
Una decisione che il dottor Carlo Campiglia “covava” da tempo, a causa di quello che definisce il «declino di una professione diventata una questione perlopiù formale». Ma che ha preso in via definitiva dopo la dolorosa vicenda di una anziana paziente, Anna.

La racconta lui stesso in un’intervista pubblicata oggi sul dorso milanese del Corriere della Sera. Il medico aveva visitato la donna a febbraio: «Noto che respira male. Decido di mandarla al pronto soccorso per altri accertamenti che io, senza strumenti e a casa della paziente, non ero in grado di fare». Il dottor Campiglia spiega che «da Gallarate viene rimandata a casa senza essere ricoverata, tra la disperazione del figlio e la mia incredulità. Insisto e la faccio portare a Busto Arsizio, poi a Legnano. In entrambi i casi, lo stesso esito».

A quel punto il figlio si rivolge ad alcune rsa private, ma non trova disponibilità. «Pochi giorni dopo Anna muore sul divano di casa sua – afferma il medico – non sappiamo se per colpa del ritorno del tumore o per un’altra malattia».
Sulle pagine del Corriere, il medico si dice «schifato» dalla vicenda, che lo ha convinto a lasciare il servizio pubblico e a lavorare solo come dermatologo.

«Non mi ritrovavo più in quel ruolo: lavorare sempre al pc, perdere il contatto con i pazienti... Io volevo fare il medico», l’amara riflessione.
L’intervista ha ottenuto un’importante attenzione da altre testate e televisioni: «Ma io volevo dare luce a questo episodio, non essere autoreferenziale – spiega il dottor Campiglia –. Una presa di coscienza collettiva fa bene».

Redazione

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