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Busto Arsizio | 26 giugno 2024, 15:05

VIDEO - Suicidi dietro le sbarre, maratona a Busto: «Di carcere in Italia si muore»

Lo ha ricordato Samuele Genoni, presidente della Camera Penale di Busto Arsizio. Staffetta di interventi qualificati e appassionati in piazza San Giovanni. Al microfono, avvocati ma anche rappresentanti del volontariato ed ex detenuti, come Stefano Binda e Nino Caianiello. Struttura di via per Cassano immancabilmente associata al sovraffollamento

Samuele Genoni, presidente della Camera Penale di Busto, alla maratona oratoria di piazza San Giovanni

Samuele Genoni, presidente della Camera Penale di Busto, alla maratona oratoria di piazza San Giovanni

Una maratona oratoria, in piazza San Giovanni, fatta di interventi pieni di passione: l’hanno “corsa”, discorso dopo discorso, relatori qualificati, avvocati in primis. Ma davanti al microfono, questa mattina dalle 9.30, sono sfilati anche molti altri. Il giudice Adet Toni Novik, per esempio, Cristina Torretta, del Centro Antiviolenza Eva Odv, Nino Caianiello, condannato in seguito all’inchiesta Mensa dei Poveri, Stefano Binda, oggi volontario, accusato dell’omicidio di Lidia Macchi e assolto dopo avere trascorso oltre tre anni in cella, Pietro Roncari e don David Maria Riboldi, rispettivamente garante e cappellano alla casa circondariale di Busto Arsizio. Uniti dal messaggio lanciato dalle Camere Penali, inclusa quella di Busto Arsizio, per fermare i suicidi in carcere: “Non c’è più tempo”.

Perché sono 45, nel solo 2024, le persone che si sono tolte la vita dietro le sbarre. Nei primi sei mesi del 2023, hanno ricordato in molti, erano state 28. Impietosi i numeri snocciolati dall’avvocato Lorenzo Parachini nell’intervento più ricco di cifre su sovraffollamento e gesti autolesionistici. La capienza delle carceri italiane si ferma a quota 47mila posti ma nelle strutture, oggi, ci sono oltre 61mila detenuti. «E crescono – ha sottolineato - come i tentati suicidi, 887. La casa circondariale di Busto dovrebbe accogliere al massimo 240 persone. Ce ne sono 430, si è arrivati a 470. A livello nazionale, il piano carceri doveva portare 9.000 posti in più. Detto che non ha senso agire solo su questo aspetto, se ne sono effettivamente ricavati 2.000 circa».

Primo a prendere la parola in piazza San Giovanni, Samuele Genoni, presidente della Camera Penale di Busto Arsizio, ha sottolineato l’importanza di tenere la maratona nel cuore della città, anche se in pochi, nel viavai del centro, si sono fermati a prestare ascolto, dimostrazione che iniziative come la maratona servono e, al contempo, che il carcere è oggetto di una rimozione: «Prestiamo la voce a chi voce non ha e viene spesso dimenticato […]. Di carcere in questo paese si muore, un suicidio ogni quattro giorni dall’inizio dell’anno. Un dramma che è riduttivo definire indegno di un paese civile […]».

Nel suo discorso, il sovraffollamento, le condizioni di permanenza e di lavoro, la carenza di personale e di attività di trattamento, la gestione delle problematiche sanitarie, la presenza di detenuti con problemi psichiatrici. «Ci aspettiamo perplessità, dubbi […] dalla pancia della società ma anche da una certa politica che ha del carcere una percezione sbagliata» ha amaramente pronosticato. 

Pietro Roncari: «I detenuti chiedono di parlare con la famiglia e con l’avvocato. Sembra banale ma è così e non è sempre facile che riescano a farlo. C’entra la burocrazia ma anche la difficoltà economica. Capita che chi finisce dentro non abbia a disposizione neanche dieci euro».  Articolato l’intervento di Adet Toni Novik, a tratti commosso. Il giudice ha fra l’altro toccato, citando casi dal forte impatto emotivo, il tema degli spazi: «La detenzione deve incidere sulla libertà di movimento non sulla dignità. Un minimo di tre metri quadri a persona? E quanti sono tre metri quadri? È lo spazio che si traccia ruotando sul proprio asse, in piedi, a braccia aperte».

Nino Caianiello, alle spalle diverse esperienze di detenzione: «Ho visto persone mortificate dalla lontananza degli affetti. A Busto ho sperimentato un sovraffollamento difficile da vivere. E da gestire, per il personale penitenziario. Si creano squilibri che minano la speranza». Tra il pubblico, Stefano Binda, de “La valle di Ezechiele”: «Su questo tema si gioca molto, ne va della civiltà del nostro Paese, della sua qualità civile. Non si tratta certo di essere favorevoli ai delinquenti».

Don David Maria Riboldi: «Il sovraffollamento sta toccando un tetto insopportabile. Papa Francesco chiede ai governi nazionali, per l’anno giubilare 2025, l’amnistia per le persone detenute. E per la società intera, chiamata non a una regalia ma ad assorbire al suo interno persone che hanno sbagliato, facendo loro cambiare vita. Rendiamo intanto agevoli i contatti dei detenuti con le famiglie. Se il carcere deve essere privazione di libertà, perché lo abbiamo trasformato anche in privazione di contatti affettivi, gli unici capaci di riaccendere la voglia di sperare e di vivere?».

Interrogativo collegato a quello espresso dal presidente Genoni: «Chi viene recluso, espiata la pena, uscirà. Che tipo di persona vogliamo che venga rimessa nella società?»

 

Stefano Tosi

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