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Salute | 25 giugno 2024, 10:42

Suicidi in crescita del 20%: giovani più a rischio. «Dobbiamo essere sentinelle»

A colloquio con Lara Ferrari, direttrice del Dipartimento Salute mentale e dipendenze di Asst Valle Olona, che raffronta i dati a quelli precedenti il Covid. L’appello a essere attenti e a superare barriere culturali: «Bisogna riuscire a essere interlocutori credibili»

La dottoressa Lara Ferrari, direttrice del Dipartimento salute mentale e dipendenze - Asst Valle Olona

La dottoressa Lara Ferrari, direttrice del Dipartimento salute mentale e dipendenze - Asst Valle Olona

Covid: cesura, confine, spartiacque. Esistono un pre e un post pandemia, diversi l’uno dall’altro. Anche quando si parla di suicidio. Un gesto antico quanto l’uomo e che resta inquietante. Interroga, non fornisce risposte, destabilizza, genera dolore. E si diffonde. «Questa pratica va aumentando – conferma Lara Ferrari, direttrice del Dipartimento di salute mentale e dipendenze di Asst Valle Olona – stimiamo un più 20 per cento rispetto al periodo ante Covid». Stime, perché la raccolta dei dati è complessa e richiede tempo. Ma la pietra di paragone è, sarà, il numero di circa 4.000 suicidi che si registrava annualmente in Italia prima della pandemia (fonte Istat).

Il Covid, del resto, con il conseguente lockdown, ha modificato la situazione. Lo si percepisce anche solo leggendo le cronache. Dal caso che resta nel vago, magari consumato tra le mura di casa e conosciuto da pochi intimi, a quello con un protagonista noto (ultimi in ordine di tempo, il magnifico rettore dell’Università Cattolica di Milano, Franco Anelli, e il presidente di Fincantieri, il generale Claudio Graziano) passando per i tanti investimenti tra stazioni e binari, evidenti se non altro per le conseguenze che producono sul pendolarismo, sulla quotidianità di migliaia di persone: di suicidio si finisce con il parlare, e scrivere, spesso.

«Oggi – aggiunge la dottoressa Ferrari – a essere sotto osservazione speciale è la popolazione giovane. Quella con età compresa tra 14 e 24 anni. Il flusso di ragazzi e ragazze, soprattutto 16-17enni, è una costante tra Pronto soccorso, neuropsichiatrie e centri psicosociali. Tentano il suicidio, magari con farmaci o procurandosi ferite da taglio. A monte, psicologi, psichiatri e neuropsichiatri si misurano con una diffusione crescente di contenuti depressivi marcati».

Chiusure e interruzioni da Covid, specie nell’annus horribilis 2020 e nel periodo successivo, hanno verosimilmente accentuato una dinamica in atto, nella quale gioca un ruolo il senso di isolamento e di incomunicabilità. «Certi fenomeni sono noti – fa presente la direttrice – soprattutto negli adolescenti. Che affrontano un’età di passaggio di per sé complicata, tra approccio al mondo degli adulti, situazioni sociali in evoluzione e questioni legate all’identità corporea. Oltre a una possibile predisposizione personale, in agguato ci sono fenomeni come il body shaming, certe insidie tipiche della rete o, in generale, l’esposizione allo scherno. Ma resistono pure i nemici di sempre: droghe, abuso di alcol, dipendenze. Peggiorano la sintomatologia depressiva, a volte sono miccia. Favoriscono l’impulsività».

Dinamiche che lavorano anche a lungo prima che si giunga all’esplosione. «Al di là dell'età, del dato anagrafico, il tratto comune è che si arriva a sentirsi privi di speranza. È un percorso: il suicidio appare spesso come un agito impulsivo ma nella stragrande maggioranza dei casi c'è una storia alle spalle. E questo, da certi punti di vista, è un vantaggio, perché, se ci sono delle avvisaglie, un osservatore competente, addestrato, può coglierle. Attenzione, però, la persona che si avvicina al suicidio non riconosce agli altri, anche familiari o appartenenti al gruppo dei pari, la capacità di “esserci”. Non solo: certi atti richiedono una notevole dose, mi si passi un termine che uso per farmi capire, di “coraggio”. Ce ne vuole per gettarsi nel vuoto o contro un treno… Detto che ogni caso andrebbe contestualizzato, l’impressione è che, a un certo punto, la portata del gesto sfugga».

Quali, dunque, i possibili segnali? «Formule precise per identificarli non ce ne sono. A puro titolo di esempio, posso citare la comparsa o il ricorrere di certi contenuti in quello che uno scrive. O la perdita d’interesse per qualcosa di molto sentito. Il lavoro, uno sport, una passione culturale, la frequentazione di amici».

La sfida, per gli operatori, assomiglia a una riconquista. O a una conquista tout court: «Bisogna riuscire a rendersi credibili come interlocutori. Non è facile, anche perché a rischio può essere chiunque. La letteratura ci dice che sono gli uomini ad agire più suicidi ma, è evidente, le donne non mancano. E conta solo relativamente anche il livello sociale o culturale». C’è sufficiente informazione, sul tema? Prima ancora: la sensibilità e l’attenzione sono adeguate? «Quando si affrontano argomenti simili l’attenzione non basta mai. Però un’azione, per esempio nelle scuole, la portiamo avanti eccome, cerchiamo di farci conoscere. Di fare passare il messaggio che i servizi esistono, che sono accessibili, che ci sono luoghi e figure utili per ottenere informazioni, ricevere aiuto, trovare il modo di vedere le cose secondo prospettive differenti. Vale per le persone in difficoltà, vale per le famiglie e per gli amici. Poi ci sono due grandi cambiamenti culturali ai quali sono chiamati un po’ tutti».

Quali? «Innanzitutto: togliere lo stigma. Le cose sono cambiate rispetto al passato ma bisogna ancora lavorare per superare definitivamente la convinzione che chi si rivolge allo psichiatra è un matto, uno a cui manca qualche cosa. E poi dobbiamo essere un po’ sentinelle. È nella quotidianità che si può informare ma anche che si può osservare, cogliendo dei cambiamenti. Nel comportamento di un familiare, di un amico, di un vicino di casa… Troppo spesso ci sembra che non tocchi a noi dire una parola. Però certi gesti maturano e avvengono anche a poca distanza. Anche di fianco a noi».

I Servizi di Salute Mentale di Asst Valle Olona sono consultabili qui: https://www.asst-valleolona.it/carta-dei-servizi/i-servizi-di-salute-mentale-e-delle-dipendenze/

Stefano Tosi

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