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Varese | 24 giugno 2024, 07:41

«La prima serra a Bizzozero la riscaldavamo con il fuoco a legna, non c'erano né luce né acqua. Hemm lavurà tropp, ma ai robb bisoeugna stag adrée!»

Angelo Pozzi, 91 anni, simbolo di un piccolo mondo verde bosino partito dal nulla e da pochi soldi ci racconta la sua vita “cà e butega”, parlando solo in dialetto e sotto il suo inseparabile cappello di paglia: «Hoo fa vintitrì ann a vend la roba in gir, poi altri 23 nel negozio della piazza, facevo anche 16 ore di lavoro. Ho conosciuto mia moglie, “casbenatta” della Perla, che aveva 15 anni. Hoo faa a temp a festegià 57 ann de matrimoni, poi sette anni fa Costantina è mancata e la mia vita è finita lì»

Angelo Pozzi, papà di Renato che gestisce la Floricoltura di via Monte Generoso a Varese, in foto è con Paola, moglie di Renato, e Irene, la nipote. Sotto in gallery si intravedono anche gli ultimi mitici muretti di cemento bassi pieni d’erba datati 1950, i “letturitt” in cui si coltivavano le verdure e i fiori eretti da papà Giovanni al suo arrivo a Bizzozero

Angelo Pozzi, papà di Renato che gestisce la Floricoltura di via Monte Generoso a Varese, in foto è con Paola, moglie di Renato, e Irene, la nipote. Sotto in gallery si intravedono anche gli ultimi mitici muretti di cemento bassi pieni d’erba datati 1950, i “letturitt” in cui si coltivavano le verdure e i fiori eretti da papà Giovanni al suo arrivo a Bizzozero

Un uomo alto, dritto come un fuso, in testa un cappello di paglia a tesa corta, le mani grandi di chi ha lavorato una vita tuffandole nella terra, e ancora le impiega ogni giorno, coperte da guanti neri, a spostare vasi e a interrare piante, perché mai potrebbe farne a meno. Angelo Pozzi ha compiuto 91 anni il 27 maggio, e la sua sagoma imponente è il simbolo di chi ha costruito un piccolo impero verde partendo dal nulla, come tanti uomini della sua generazione, giornate intere di lavoro indefesso, di levate all’alba, di sacrifici che i giovani di oggi non riescono neppure a immaginare.

Il sciur Angelo è un patrimonio dell'autentica Città Giardino e, ancora oggi nella Floricoltura Pozzi Renato di via Monte Generoso a Bizzozero gestita dal figlio, ogni giorno che Dio manda in terra si scorge muoversi il suo cappello tra le serre con le piantine di insalata e di basilico, tra le rose e gli aceri, nel suo personale Eden fatto di terreni acquistati negli anni man mano che l’azienda si ingrandiva. Lavoro lavoro e ancora lavoro, da quando a 17 anni, nel 1950, arrivò con il padre Giovanni a Bizzozero per vendere sementi e coltivare, «in un posto dove non c’era né luce né acqua, che dovevamo prendere nelle pozze qui intorno».

Angelo parla in dialetto, come una volta, è nato a Rezzago, uno splendido borgo del Triangolo Lariano, ma è bizzozerese da sempre, “cà e butega”, il suo mondo è quello di questa campagna, a due passi dal campus universitario, dopo tanti anni di attività nei mercati e nel negozio di piazza della Repubblica a Varese, nelle vecchie case abbattute per fare posto alle “Corti”.

«Quando siamo arrivati qui vendevamo le sementi, facendo la stagione che durava da febbraio ad aprile. Mio papà Giovanni aveva costruito i “letturitt”, in pratica dei muretti bassi con sopra un telaio vetrato, in cui si coltivavano le verdure e i fiori. Qualcuno è ancora in piedi, ormai ai margini della mia proprietà. Eravamo due sorelle e due fratelli, i più giovani sono morti, resistiamo io e una sorella in casa di riposo. Poi papà costruì la prima serra e io una serretta, le scaldavamo con il fuoco a legna. Avevamo pochissimi soldi, mia sorella mandava a casa lo stipendio e io aiutavo come muratore per dare una mano ai miei. Abbiamo lavorato anche troppo!»

Angelo si dà un gran daffare, l’attività di venditore ambulante decolla: lunedì, giovedì e sabato mercato a Varese, in piazza della Repubblica, martedì a Laveno, mercoledì a Luino e la domenica davanti alla chiesa di Induno Olona.

«Hoo fa vintitrì ann a vend la roba in gir, poi altri 23 nel negozio della piazza, a fianco del Bertoni delle motociclette, dalla cui sorella avrei poi comperato qualche terreno qui a Bizzozero. La roba l’andava via cumè ul pan, si vendeva tantissimo, fiori, piante e sementi, e spesso mancavano i rifornimenti. Poi facevamo gli addobbi per i matrimoni e i cofani e le corone per i funerali, ci pensavo io alla sera. Alle sei del mattino ero in negozio, andavamo a bere il primo caffè della giornata al “Firenze”, che apriva alle 5, ma quando incominciò a fare i soldi posticipò di un’ora e poi due, così scappavamo fin dal Brenna a Biumo».

Tra una fatica e l’altra, Pozzi si innamora, conosce sua moglie, Costantina Macchi, “casbenatta” della Perla. «Aveva 15 anni quando la conobbi, era ricamatrice, ma veniva da Casbeno a portare la verdura da vendere, i suoi avevano i terreni alla Schirannetta, oggi della nostra famiglia, 12mila metri quadrati. Ci vedevamo al Mercato coperto, di cui ero socio, ci sposammo quando lei aveva 19 anni e io 27, il 24 settembre 1960, il parroco era don Mosca. Hoo faa a temp a festegià 57 ann de matrimoni, poi sette anni fa Costantina è mancata e la mia vita è finita lì», dice Angelo con una punta di malinconia.

«Nel 2000 ho ceduto l’attività a mio figlio Renato, che ha studiato all’Istituto tecnico agrario di Minoprio, lui ha altre vedute rispetto alle mie, mi vo innanz un poo alla carlonna… In floricultura lavorano anche mia nuora Paola e alla domenica passa a dare una mano mio nipote Gabriele che studia ingegneria meccanica. L’alta nipote, Irene, frequenta giurisprudenza qui vicino, all’Insubria. Le serre ormai son tutte automatiche, Renato anche se è lontano schiscia on butun e sara su tuscoss, una volta le chiudevo io con la manovella. Le vecchie serre son state demolite, resiste ancora on quai letturin, dopo g’hei foo vidè. Facevo anche 16 ore di lavoro, troppo, venivo anche la domenica a controllare le serre, adesso il dottore mi ha detto di andare a casa alle 11 e tornare dopo le 16 per via del caldo, soffro di cuore e ho il diabete, però tiri innanz. Volevo prendere una badante, ma le mie figlie, una dentista e l’altra impiegata nel settore commerciale, me l’hanno impedito. “Al massimo un badante uomo”, ma mi g’hoo dit de no. Allora passano loro da me e fanno tutto, lavano stirano, puliscono la casa e mi fanno la spesa, io preparo solo la lista alla domenica. Ho anche due nipoti, una per ogni figlia, la prima lavora all’ospedale di Bellinzona, l’altra è medico veterinario».

Quella dei Pozzi è una dinastia di floricoltori, il cugino di Angelo, Fulvio, ha una grande azienda in via Toce, sulla strada per Casciago, mentre Giancarlo coltiva solo orchidee a Morosolo, aiutato dai due figli.

«Siamo sempre andati d’accordo, solamente da giovani, quando anche il fratello di mio papà metteva giò al mercaa c’era un po’ di ruggine, ma passava presto. Una volta si vendeva eccome, decine di abeti di Natale, fino a 400 piante da frutto, oggi pochissime. Adesso vanno i fiori da balcone, i gerani, che coltiviamo noi, ma alcune varietà di fiori conviene acquistarle da altri vivaisti, costano meno che produrli. Sono più le donne a comperare, anche perché spesso i omen hinn già mort! Bisogna stag adrée ai robb, crinciofolin, mio figlio lavora ma el g’ha anca ul canotagg, tutte le sere va ad allenarsi a Corgeno, sa ved che l’è mia stracch, al fa le gare Master, ciapa semper la medaia de bronz, al riva mai primm».

Il “mantra” di Angelo è «hemm lavurà tropp», lo ripete spesso mentre ci mostra le rose, anche se «ul me sit» è la serra delle verdure, dove la sua origine di “sumenzatt” viene fuori con prepotenza. Affiorano i ricordi di una Varese scomparsa, quella di buteg e dei fiorai concorrenti, ma rispettati. «C’erano i due fratelli Nicora, con il vivaio a Gazzada e il negozio in via Manzoni dovè mo’ g’he denter la banca, i Moruzzi Sementi in via San Martino, il Bianchi a Velate, Pellegrini a Masnago, ul Gervasini che tutt i dì andava a Milan, al videvi mì, il Corvi e il Savoia in via Rainoldi e il Luini a Masnago. Mi ricordo ul mercaà di vacch in piazza della Repubblica, i sensali sputavano sulla mano prima di stringerla e l’affare era fatto».

Lavoro lavoro lavoro, la medicina del sciur Angelo per arrivare a 91 anni diritto e gagliardo e ancora «dagh cunsili a tucc», figli e nipoti compresi. «Se al vegn chi a truvamm on’altra volta g’ha regali ona butilia de vin, una Barbera de quatordes grad, mio figlio fa arrivare le casse da Asti, a Natale e a Pasqua». Va bene, sciur Angiul, siamo d’accordo, la prossima volta berremo alla sua salute, ché di cose da raccontare ne ha ancora parecchie. E poi, si sa, «ai robb bisoeugna stag adrée!».

Mario Chiodetti

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