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Economia | 18 giugno 2024, 11:28

Cinghiali: Sos campagne, 6 milioni di danni

È quanto stima la Coldiretti Lombardia in occasione della protesta in piazza Duca d’Aosta a Milano con un migliaio di agricoltori che si sono radunati di fronte a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio Regionale, per denunciare con le loro dolorose esperienze una situazione che sta provocando problemi sanitari, sociali, economici e ambientali. Al loro fianco anche sindaci ed esponenti delle istituzioni territoriali

Cinghiali: Sos campagne, 6 milioni di danni

Ammontano ad almeno sei milioni di euro i danni provocati in un anno dai cinghiali nelle campagne lombarde con assalti e raid che distruggono raccolti, produzioni, pascoli, e costringono gli agricoltori a intervenire per ripristinare quanto rovinato, adoperarsi periodicamente per fare manutenzione agli strumenti installati per cercare di fermare le incursioni, oltre che fronteggiare le perdite di produzione, di quote di mercato e redditività.

È quanto stima la Coldiretti Lombardia in occasione della protesta in piazza Duca d’Aosta a Milano con un migliaio di agricoltori che si sono radunati di fronte a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio Regionale, per denunciare con le loro dolorose esperienze una situazione che sta provocando problemi sanitari, sociali, economici e ambientali. Al loro fianco anche sindaci ed esponenti delle istituzioni territoriali.

Senza contare – sottolinea la Coldiretti Lombardia – che in molti casi gli agricoltori decidono di non denunciare, per stanchezza e rassegnazione. I danni causati dagli animali selvatici, infatti, non vengono rimborsati se non in minima parte. Tra l’altro, i pochi indennizzi che arrivano non coprono mai il reale valore del prodotto distrutto o dell’animale ucciso. Ad esempio, un produttore di vino che ha avuto la vigna devastata da cinghiali si vedrà risarcire solo il semplice valore dell’uva.

“L’obiettivo della mobilitazione di Milano – dichiara Gianfranco Comincioli, presidente della Coldiretti Lombardia - è far applicare subito a livello regionale le misure previste dal decreto interministeriale varato lo scorso anno per l’adozione di un Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica”.

In Lombardia il problema dei cinghiali, che si somma ai danni provocati da altre specie selvatiche o invasive con cui gli agricoltori quotidianamente sono costretti a fare i conti, si è aggravato di anno in anno. Al presidio nel capoluogo lombardo – spiega la Coldiretti regionale – è stata allestita un’esposizione con alcune delle produzioni agricole maggiormente attaccate da questi ungulati: dal fieno, la cui qualità è compromessa dall’andirivieni di questi animali sui prati, al mais, le cui semine vengono decimate se non azzerate; dalle patate ai piccoli frutti che sono ricercati come cibo, ma anche il riso che viene schiacciato dal loro passaggio, le vigne dove le piantine più piccole vengono sradicate mentre il frutto maturo viene mangiato. Danni si registrano anche negli uliveti – spiega la Coldiretti Lombardia – con i cinghiali che scavano vicino alle radici delle piante, pregiudicandone la tenuta.

Questi animali – continua la Coldiretti – sconvolgono l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico e non risparmiano i muretti a secco, la cui arte è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità. Senza dimenticare che i cinghiali hanno una responsabilità fondamentale per la diffusione della Peste Suina Africana (Psa) la malattia, non trasmissibile all’uomo, che mette in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un intero settore che in Lombardia vanta produzioni di eccellenza come le DOP salame di Varzi, salame Brianza e salamini alla cacciatora, tipicità locali come il salame tradizionale cremonese e riveste un ruolo fondamentale per la realizzazione di grandi campioni del made in Italy come il prosciutto di Parma DOP e il prosciutto San Daniele DOP.

Ma gli animali selvatici mettono a rischio anche la sicurezza delle persone, attraverso incursioni sempre più frequenti nei centri urbani, causando schianti e incidenti su strade e autostrade. Nel 2023, secondo i dati Asaps (l’Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale), a livello nazionale sono stati 193 gli incidenti con morti o feriti, col coinvolgimento di animali: l’88% di questi è stato provocato da un animale selvatico. La Lombardia è la seconda regione per numero di incidenti con animali, insieme alla Campania, con 20 episodi in un anno, alle spalle solo della Toscana che ne ha registrati 23.

La riparazione delle recinzioni danneggiate o l'installazione provvisoria di reti elettrificate servono a poco o a nulla - sottolinea la Coldiretti – mentre l’impatto ad alta velocità di un’auto o di una moto contro la massa di un cinghiale adulto può avere conseguenze fatali e drammatiche per conducenti e passeggeri. Quelle dell’alba e del crepuscolo sono le ore più a rischio. Il problema – sottolinea la Coldiretti – è che non sempre i cinghiali rimangono sul luogo dell’incidente, visto che l’animale anche ferito si rifugia nella boscaglia o nei prati, oppure succede che lo schianto contro un albero, un cippo chilometrico o lo sbandamento e l’uscita di strada si verificano proprio per evitare l’impatto con l’animale che scappa senza lasciare tracce.

Le voci dalla prima linea della protesta

Si sono radunati a Milano in piazza Duca d’Aosta, esasperati da una situazione che non trova soluzione, per denunciare i continui attacchi dei selvatici a cominciare dai cinghiali, che con le loro incursioni distruggono i raccolti, rovinano le coltivazioni e minacciano gli animali allevati, senza contare gli incidenti stradali e le incursioni nei centri urbani. Ecco alcune voci e testimonianze di agricoltori e sindaci che hanno preso parte alla protesta organizzata da Coldiretti Lombardia.

“Quando ti trovi di fronte alla devastazione causata dai cinghiali, tutto il resto passa in secondo piano compreso i danni provocati da altre specie che qui da noi sono in particolare piccioni e nutrie – racconta Matteo Foi, allevatore di vacche da latte e cerealicoltore di Abbiategrasso (MI) -. Qui sono almeno vent’anni che abbiamo a che fare con gli ungulati che scorrazzano sui campi coltivati a mais, oltre che sui prati: arriviamo anche a 30 mila euro e più di danni diretti all’anno, ai quali vanno aggiunti i costi indiretti come quelli legati al fieno rovinato che finisce con l’ammuffire o la manutenzione periodica della recinzione elettrificata intorno all’azienda, che riduce le incursioni ma non le annulla”.

“Ogni anno è sempre peggio – spiega Angelo Casali, agricoltore di Berzo San Fermo (Bergamo) – Sollevano le zolle di terra nei campi, distruggono la cotica erbosa e il foraggio o si riempie di terra o non cresce più. Ogni volta devo perdere tempo e soldi per ripristinare il terreno, ma dopo poco ritorna tutto come prima”.

“Le nostre aziende sono martoriate dai cinghiali – interviene Alberto Buffoli, imprenditore di Vobarno (Brescia) - Nella nostra zona è diventato ormai impossibile coltivare il mais, mentre i foraggi vengono contaminati dalla terra che i cinghiali alzano rivoltando la cotica erbosa. Non possiamo più andare avanti così, servono regole chiare”.

“Ero quasi abituato alle incursioni di nutrie, volpi, tassi, corvi, dall’anno scorso devo fare i conti anche con i cinghiali – spiega Diego Amista, agricoltore di Motteggiana (Mantova) –. Se lo scorso anno sono riuscito a sostenere i danni, quest’anno hanno iniziato a farsi pesanti in particolare sui campi di mais appena seminati: la Provincia di Mantova ha accertato i danni, ma il ristoro che riceverò non terrà conto della perdita di resa che comporta una seconda semina e comunque resta l’incognita di cosa accadrà alle piantine nella fase di crescita, esposte alla voracità dei cinghiali”.

Grande preoccupazione anche per il pericolo della diffusione della peste suina africana (Psa), portata dai cinghiali. Per Riccardo Asti, cerealicoltore e allevatore di maiali a Pieve Fissiraga, in provincia di Lodi, “i cinghiali rappresentano un problema per la biosicurezza dei nostri allevamenti. Siamo costretti a stare sempre sul chi vive”.

“La diffusione dei cinghiali ci preoccupa molto perché sono vettori di malattia – conferma Benedetta Belotti, che alleva suini insieme al papà ad Agnadello (Cremona) –. Nella nostra azienda abbiamo sostenuto spese importanti per difendere i nostri animali da possibili contatti con i cinghiali. Abbiamo fatto le recinzioni, gli impianti per la disinfezione, abbiamo messo in campo tutte le soluzioni necessarie, accollandoci costi significativi. La situazione non può continuare così: in gioco c’è la sopravvivenza stessa dei nostri allevamenti”.

In piazza accanto agli agricoltori e agli allevatori anche i sindaci, che denunciano i problemi ambientali e di sicurezza pubblica. “La situazione è molto grave - spiega Luca Masneri, sindaco di Edolo (Brescia) - La presenza senza controllo dei cinghiali causa problemi idrogeologici perché il terreno dismesso e la modifica dei corsi d’acqua sui pendii creano frane e smottamenti. Non è solo una questione agricola, ne va di mezzo la sicurezza dei cittadini anche a causa dell’aumento della fauna selvatica che invade strade e paesi. Bisogna affrontare in modo pragmatico la situazione con un efficace contenimento dei cinghiali, la corretta gestione della caccia, con azioni di sterilizzazione, oltre che rendere facilmente commercializzabile la carne”.

C’è anche poi chi teme di dover abbandonare la propria attività, come Angelo Crispi, 38 anni di Porlezza (Como) che di anno in anno si trova a fronteggiare danni sempre più gravi causati dalla fauna selvatica, coi cinghiali che invadono a ripetizione, lungo tutto il corso dell'anno, prati e pascoli destinati agli animali del suo allevamento, che nel frattempo si è ridotto a poco più di venti mucche che vengono munte per la produzione di latte alimentare. “Andando avanti così - racconta Angelo –, potrei essere davvero costretto a prendere quella decisione che ho sempre rifiutato anche solo di considerare: ovvero chiudere la mia stalla e andare a lavorare in Svizzera, come tanti altri. Stipendi alti contro una situazione che, oggi, vede la mia azienda solo sopravvivere. I danni? Vengono sottostimati e pagati solo in parte”.

Anche chi gestisce alpeggi ha scelto di essere a Milano per far luce sulla condizione che si vive ad alta quota. “Negli ultimi anni la situazione è drammaticamente peggiorata anche in montagna – racconta Antonio Ciappesoni, allevatore di Bulciago (Lecco) – Due o tre anni fa la presenza dei cinghiali in alpeggio era oggettivamente inferiore rispetto alla pianura, ora il quadro è precipitato, con prati e pascoli devastati. Abbiamo appena portato le nostre bestie a Morterone, ma la situazione si prospetta difficile”. 

“L’arrivo di cinque o sei cinghiali tutti insieme può essere devastante e provocare danni ingentissimi – conferma Gian Carlo Bongiolatti di Berbenno (Sondrio) – Il ribaltamento del cotico erboso rende il prato inservibile per un paio d’anni, in pratica non produce più nulla. Considerando le oggettive difficoltà dell’alpeggio, gli effetti del problema si moltiplicano e possono compromettere un’intera stagione”.

Agricoltori di Varese davanti alla Regione  

Imponente la partecipazione dal territorio della provincia di Varese con l’intervento sul palco del presidente provinciale di Coldiretti Pietro Luca Colombo.

Un problema, quello della fauna selvatica, che nel territorio della provincia prealpina ha assunto proporzioni gravissime, senza contare – sottolinea il presidente Colombo – “che in molti casi gli agricoltori decidono di non denunciare, per stanchezza e rassegnazione. I danni causati dagli animali selvatici, infatti, non vengono rimborsati se non in minima parte. Tra l’altro, i pochi indennizzi che arrivano non coprono mai il reale valore del prodotto distrutto”. Ad esempio, un produttore di vino che ha avuto la vigna devastata da cinghiali si vedrà risarcire solo il semplice valore dell’uva.

“L’obiettivo della mobilitazione di oggi a Milano – aggiunge Colombo - è far applicare subito a livello regionale le misure previste dal decreto interministeriale varato lo scorso anno per l’adozione di un Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica”.

In Lombardia il problema dei cinghiali, che si somma ai danni provocati da altre specie selvatiche o invasive con cui gli agricoltori quotidianamente sono costretti a fare i conti, si è aggravato di anno in anno. Al presidio nel capoluogo lombardo è stata allestita un’esposizione con alcune delle produzioni agricole maggiormente attaccate da questi ungulati: dal fieno, la cui qualità è compromessa dall’andirivieni di questi animali sui prati, al mais, le cui semine vengono decimate se non azzerate; dalle patate ai piccoli frutti che sono ricercati come cibo, ma anche il riso che viene schiacciato dal loro passaggio, le vigne dove le piantine più piccole vengono sradicate mentre il frutto maturo viene mangiato. Danni si registrano anche negli alpeggi, dove l’erba rivoltata rende i pascoli inservibili.

Questi animali – continua la Coldiretti – sconvolgono l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico e non risparmiano i muretti a secco, la cui arte è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità. Senza dimenticare che i cinghiali hanno una responsabilità fondamentale per la diffusione della Peste Suina Africana (Psa) la malattia, non trasmissibile all’uomo, che mette in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un intero settore che in Lombardia vanta produzioni di eccellenza.

Ma gli animali selvatici mettono a rischio anche la sicurezza delle persone, attraverso incursioni sempre più frequenti nei centri urbani, causando schianti e incidenti su strade e autostrade. Nel 2023, secondo i dati Asaps (l’Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale), a livello nazionale sono stati 193 gli incidenti con morti o feriti, col coinvolgimento di animali: l’88% di questi è stato provocato da un animale selvatico. La Lombardia è la seconda regione per numero di incidenti con animali, insieme alla Campania, con 20 episodi in un anno, alle spalle solo della Toscana che ne ha registrati 23.

La riparazione delle recinzioni danneggiate o l'installazione provvisoria di reti elettrificate servono a poco o a nulla - sottolinea la Coldiretti provinciale – mentre l’impatto ad alta velocità di un’auto o di una moto contro la massa di un cinghiale adulto può avere conseguenze fatali e drammatiche per conducenti e passeggeri. Quelle dell’alba e del crepuscolo sono le ore più a rischio. Il problema è che non sempre i cinghiali rimangono sul luogo dell’incidente, visto che l’animale anche ferito si rifugia nella boscaglia o nei prati, oppure succede che lo schianto contro un albero, un cippo chilometrico o lo sbandamento e l’uscita di strada si verificano proprio per evitare l’impatto con l’animale che scappa senza lasciare tracce.

c. s.

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