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Storie | 08 giugno 2024, 15:40

«Un miliardo di lucciole, mi viene da piangere». Quello spettacolo che ci riporta indietro

Tappeti luminosi in movimento, incanto per gli occhi. Ad Aga, sopra Casalzuigno, ma anche alla Palude Brabbia e in qualche giardino risparmiato dall'inquinamento luminoso. È tornato il coleottero più romantico (ma in realtà spietato) della Natura? E dove sono finiti i cornabò, i maggiolini, i saltamartini e le sfingi colibrì?

Foto di Mario Chiodetti, Isabella Corti e Armando Bottelli

Foto di Mario Chiodetti, Isabella Corti e Armando Bottelli

«Un miliardo di lucciole! Sono ovunque, mi viene da piangere, sembra di essere a Natale, qui è pieno zeppo di lucine che illuminano la notte. Questo è uno spettacolo mai visto prima, ti ringrazio Madre Terra».

La voce di Isabella Corti è concitata, ad Aga, sopra Casalzuigno dove ha la sua azienda agricola “Abete Bianco”, da qualche sera c’è un vero e proprio tappeto luminoso in movimento, le lucciole sono tornate eccome, nonostante la tanta pioggia dei giorni scorsi, con il loro incanto. E anche il fotografo naturalista Armando Bottelli le segnala in Palude Brabbia, nei prati distanti dalle zone allagate, segno che in aree non inquinate dai pesticidi e dalle forti illuminazioni questo coleottero della famiglia dei Lampyridae ancora resiste e si riproduce regalandoci la sua magia. 

Nel prato di casa mia le lucciole avevano fatto una comparsa per due estati prima della pandemia, una decina non di più, però erano sufficienti a destare ricordi di infanzia, quando il nonno ne catturava una, la metteva sotto un bicchiere capovolto e mi diceva che di notte si sarebbe trasformata in un soldino, naturalmente se avessi fatto il bravo. Il mattino c’erano 50 lire per il ghiacciolo oppure da mettere nel salvadanaio per il campanello nuovo della bicicletta. Poi, piano piano, le lucciole sono scomparse dal giardino, come hanno fatto i maggiolini, che lo invadevano a fine maggio, e i “saltamartini”, sono arrivate legioni di zanzare tigre figlie del cambiamento climatico e dei trasporti aerei. 

Dopo aver percepito la commozione e l’entusiasmo di Isabella, ho scrutato il prato, nella speranza che qualche luccioletta fosse ritornata, ma niente, solo zanzare. Due anni fa erano comparsi ben due cervi volanti, i “cornabò” terribili nell’aspetto ma inoffensivi, e un’ape legnaiuola del bel colore blu viola iridescente, mentre sempre più raro ormai è l’avvistamento tra i gerani del Macroglossum stellatarum, o sfinge colibrì, splendida farfalla che somiglia al piccolissimo uccello e passa da un fiore all’altro nutrendosi di nettare, battendo le ali 80 volte al secondo. 

Ma come quasi sempre accade in natura, nulla è come appare, e la romantica lucciola in realtà è una crudele predatrice e terrore di tutte le lumache, perché la sua larva, che si mantiene così per circa due anni, le divora senza pietà, uccidendole con morsi velenosi. Le larve, che si ibernano in inverno quando non trovano più prede, sono dotate di veleni di difesa segnalati da puntini luminosi sull’addome. Poi mutano in pupa dopo una settimana, dal bozzolo esce la lucciola adulta, ed è la femmina a emettere luce per attirare il maschio e accoppiarsi, deporre poi le uova sotto l’erba o sassi e morire poco dopo, mentre il partner resiste in vita per una quindicina di giorni. 

Le lucciole hanno necessità di un habitat sano, campi aperti, giardini e parchi non trattati con pesticidi, ma il loro principale nemico è l’inquinamento luminoso, dato da faretti da giardino, insegne e dalla forte illuminazione delle strade. 

Quando è il momento, la femmina cerca un luogo adatto per attirare il maschio, mettendo in evidenza la parte terminale del corpo, proprio dove ci sono gli organi che originano la reazione chimica della bioluminescenza. Da qui a paragonarle alle “peripatetiche”, come una volta erano chiamate le prostitute, che attivano i clienti «sotto ad un lampion», il passo è stato breve, così negli anni Venti furoreggiavano due canzoni ispirate a questo paragone, “Lucciole vagabonde”, e “Lo shimmy delle lucciole”, portato al successo dalla grande Anna Fougez. «Noi siam come le lucciole, brilliamo nelle tenebre, schiave di un mondo brutal, noi siamo i fior del mal», recitano i versi della canzone di Cherubini e Bixio, e ogni riferimento a Baudelaire è puramente casuale. 

Mario Chiodetti

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