“La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.
Queste di Paolo Borsellino - pronunciate con una straordinaria forza lucida in grado di superare sia la morte di un collega di battaglia (e amico), sia la cruda consapevolezza di essere destinato alla stessa fine - sono parole senza tempo, e come tali destinate a risuonare vere, vive, potenti anche a distanza di 32 anni. Ogni anno le stesse, ogni anno attuali.
Pronunciate al funerale di Giovanni Falcone e oggi ricordate dal magistrato Lorenzo Della Palma, il loro ascolto è stato il momento più importante del pomeriggio odierno, durante il quale Varese ha ancora una volta voluto fermarsi nell’anniversario della strage di Capaci, l’orrendo attentato mafioso costato la vita il 23 maggio 1992 al giudice siciliano, alla moglie Francesca Morvillo e a tre uomini della loro scorta.
Teatro della commemorazione piazza Cacciatori delle Alpi, il tribunale come sfondo e due simboli - la targa dedicata a Falcone e Borsellino e l’ulivo, segno di pace, piantato nel 2021 - che insieme al palazzo di giustizia fanno e sempre faranno di questo punto cittadino il luogo ideale in cui riunire chi non intende dimenticare uno degli snodi storici e morali più importanti della storia italiana.
Diversi gli interventi. Cesare Tacconi, presidente del tribunale di Varese, ha ricordato le «365 mila imprese in Lombardia che rispondono a indicatori mafiosi, un dato preoccupante che testimonia come il contrasto alla mafia sia ancora un’opera molto lunga». Tacconi ha aggiunto che tale obiettivo si persegue anche preservando la magistratura «da modifiche legislative che ne indeboliscano l’azione».
Il procuratore della Repubblica Antonio Guastapane ha ricordato il doppio insegnamento lasciato da Falcone, ovvero «l’amore per la sua comunità e per il proprio lavoro, grazie ai quali ha raggiunto risultati significativi» e «l’esigenza che davanti all’evolversi della criminalità organizzata, anche lo Stato si evolva», mentre il prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello, ha letto il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «L’eredità di Falcone e Borsellino è un patrimonio che appartiene a tutta la nazione».
Davide Galimberti, sindaco di Varese, ha ricordato «la straordinaria reazione quando si temeva che lo Stato sarebbe uscito sconfitto dalla lotta contro la mafia», poi - alle 17.57 - un minuto di silenzio ha accompagnato lo scoccare dell'ora precisa in cui - 22 anni fa - il tritolo pose fine alla vita di un uomo, rendendo nello stesso momento immortali le sue idee, il suo esempio, il nostro orgoglio verso di lui.


























