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Basket | 30 marzo 2024, 23:50

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI - Belli, stoici, veri… sempre troppo piccoli

Perdere di soli 3 punti una partita in cui il dato dei rimbalzi fa segnare un gap quasi “storico”, rende la prestazione di chi ha perso al limite del sovrumano. Dietro a un Mannion capace di suonare brani di immarcabilità, ecco una Varese che in 40 minuti fa dimenticare i 43 punti di vergogna dell’andata. Ma non basta, non può bastare. E il motivo è sempre lo stesso…

Nico Mannion (foto di Fabio Averna)

Nico Mannion (foto di Fabio Averna)

Perdere di soli 3 punti una partita in cui il dato dei rimbalzi fa segnare un gap quasi “storico” - 22 a 43 il computo delle carambole a favore di Brescia - rende la prestazione di chi ha perso al limite del sovrumano.

Ventuno rimbalzi in più sono 21 occasioni in più per segnare, spesso da vicino: la Germani ha tirato 51 volte da 2 contro le 23 di Varese. E per aver ragione di questa sproporzione, persino superiore a quella prevista sulla carta, la Openjobmetis ha dovuto immolarsi.

In primis con il suo “progetto” di campione assoluto, Nico Mannion, che ha fiutato l’odore del grande match e vi si è tuffato dentro con una foga da segugio, con una sete di gloria che hanno solo i predestinati, i fuoriclasse, quelli che sanno suonare brani di immarcabilità che non ammettono repliche. Oggi Nico è stato fermato solo dalla sirena finale, l’unica a non inchinarsi al Red Mamba.

Dietro di lui, però, ed è quel che conta di più, è salita sul palcoscenico una squadra capace in 40 minuti di far dimenticare i 43 punti di scarto subiti all’andata. 43 il numero della vergogna, 40 quello del riscatto agli occhi di una Masnago ruggente come ogni volta in cui vede la sua piccola Varese lottare per farsi rispettare da chi è più forte, più grande, più costoso, più tutto… Perché quando Varese si fa rispettare, è la storia a farsi rispettare.

La brillantezza offensiva, un marchio di fabbrica che dovrebbe esistere di “default” nel sistema impostato e imposto da Luis Scola, ma che quest’anno, in realtà, è stata merce se non rara almeno saltuaria (la Openjobmetis rimane pur sempre solo l’ottavo attacco della Serie A…), oggi ha fatto il paio con la voglia, con l’abnegazione e con una difesa che è stata sì efficace a fasi alterne, ma che di certo non si è risparmiata, né sugli esterni, né sullo spauracchio Bilan, determinante a consuntivo pur senza passeggiare come a fine novembre.

E allora si potrebbero tirare fuori gli episodi, i tiri girati e usciti, l’assenza di Ulaneo coperta solo nel numero da Okeke, persino alcuni fischi arbitrali. Ma non prendiamolo anche noi, il ferro: Varese ha perso solo a causa dell’autentica debacle subita a rimbalzo. Ha perso perché è troppo piccola.

Bella, stoica, vera, fedele a se stessa, fragrante e andata vicinissima a un colpaccio. Oggi. Ma sempre troppo piccola.

E come potrebbe essere altrimenti, visto che ha scelto di essere così?

Il tassametro corre: contro le prime 5 della classifica il bilancio di questa stagione dice 1 partita vinta (Reggio Emilia in casa) e 9 perse. Lo scorso anno, sempre contro le 5 migliori della classifica, furono 3 le vittorie e 7 le sconfitte. Il totale fa 4 successi e 16 insuccessi in due anni. Nell’epoca appena precedente Varese contro le “grandi” vinceva quasi una volta su due (43,7% di vittorie, per l’esattezza…). 

Ci si ragionerà almeno un poco quest’estate su certi dati?

Fabio Gandini


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