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Territorio | 15 marzo 2024, 16:00

Federico Buffa, la "sua" Sangiano e Rombo di Tuono: «Quei pomeriggi, avanti e indietro, solo per veder fumare Gigi sul balcone»

Il legame con la nostra terra del grande giornalista che ha anche curato il documentario sul campionissimo di Leggiuno: «Le mie estati erano i sentieri verso il San Clemente, il gelato a Laveno, l'incanto dei traghetti che salpavano e attraccavano: che emozione "tornarci" per raccontare Riva tanti anni dopo...»

Federico Buffa, la "sua" Sangiano e Rombo di Tuono: «Quei pomeriggi, avanti e indietro, solo per veder fumare Gigi sul balcone»

La vita lenta e laboriosa e semplice di quei paesi sul lago, e le estati lunghe in cui assaggiare e imparare la vita - dalla strada, dai particolari, da zingaro di pomeriggi eterni e pieni di avventure che a ogni bocia in avanscoperta paiono degne di Salgari -  sono ritornate a un certo punto a bussare nella vita di Federico Buffa.

I ricordi di un bambino che per ragioni familiari è da sempre legato alla sponda nostrana del lago Maggiore, e a Sangiano in particolare, sono stati fonte di ispirazione quando quel bambino, diventato nel frattempo uno dei più grandi narratori sportivi italiani, si è trovato a raccontare un simbolo di quelle e altre terre, Gigi Riva.

Così è nato, nel 2019, il capolavoro “Federico Buffa racconta Gigi Riva, L’uomo che nacque due volte”, il documentario che ha accarezzato l’esistenza di Rombo di Tuono partendo dalle sue origini laghée, cercandole negli affetti più intimi del campione, trasformandole in bellezze da donare al grande pubblico. Allo stesso modo, oggi, nasce questa intervista e agli stessi luoghi “guarda”. Con amore e riconoscenza: per il lago, per Gigi e per questo pezzo di vita che ha bussato due volte. 

Buffa, ci racconta i suoi ricordi di infanzia sul lago Maggiore?

Arrivavo a Sangiano ai primi di giugno e partivo a fine settembre, pochi giorni prima di iniziare la scuola. Mio nonno ai tempi comprò Villa Besozzi, che poi diventò Villa Lisi. Ricordo le gite con mamma e papà a Santa Caterina del Sasso, le isole Borromee, la Rocca di Angera ed il leggendario San Carlo ad Arona. Mi avventuravo spesso da solo per i sentieri per arrivare a San Clemente ad osservare il panorama. Ricordo anche la serata a Laveno a prendere il gelato e a Ferragosto per vedere lo spettacolo pirotecnico e le barche illuminate. A proposito di Laveno, rimanevo incantato a vedere i traghetti: mi affascinava l’attracco al porto, il lavoro del personale di bordo, soprattutto di coloro che lanciavano le funi per l'ancoraggio. Era il lavoro che sognavo di fare da bambino. Non dimentico anche le bellissime feste popolari del luogo, e le patatine fritte che papà mi portava a mangiare al "Lugano", solo però se avevo diligentemente fatto i compitini delle vacanze. A Sangiano sono legato anche in modo spirituale in quanto è sepolta mia mamma: quando sono libero da impegni professionali, vado al cimitero a portarle un mazzo di fiori.

Ha accennato in una recente intervista al fatto che suo nonno imprenditore avrebbe potuto creare occupazione in zona...

Mi hanno raccontato che mio nonno era uno dei collaboratori fidati di Enrico Mattei.  In quel periodo storico, siamo all'inizio degli anni Cinquanta, aveva una produzione di fornelli da cucina; poi, purtroppo, fu mal consigliato perdendo parecchi soldi. Peccato perché in famiglia si è sempre raccontato che se non avesse fatto quel brutto investimento, al posto del commendatore Giovanni Borghi avrebbe potuto esserci il nonno con la sua azienda. Questo è il racconto che mi è stato tramandato. 

Visto il suo legame con questa terra, che emozione ha provato a realizzare la prima parte del documentario su Rombo di Tuono?

Una emozione incredibile sotto tanti aspetti. In primis perché sono luoghi dei ricordi della mia infanzia: da bambino ho sempre sognato di vedere e parlare con Gigi Riva. Facevo molte volte la spola dalla mia abitazione a casa sua per vederlo sul balcone a fumare la sigaretta. Non sempre ero fortunato e, così, rifacevo il percorso tante volte: non era tanto per la distanza, un chilometro, ma la ripida salita a frapporsi tra me e lui, ma era un sacrificio che facevo volentieri. Entrare in casa sua dopo anni e avere la fortuna di vedere le sue foto storiche, la sua maglia azzurra degli Europei del '68, incontrare la sorella Fausta e raccogliere le testimonianze dirette di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo sono stati per me momenti di grande commozione. 

Il suo ricordo di Fausta?

Una grande donna che trasmetteva una serenità e una pacatezza incredibili miste a tanta bontà d’animo. Il suo sguardo ti penetrava con grande sensibilità. È una persona che non dimenticherò mai, come del resto suo marito Paolo e i figli Oscar ed Edis, che mi hanno tanto aiutato al documentario. Posso raccontare un ricordo di Fausta che mi ha raccontato Roberto Boninsegna?

Certo.

Il rapporto tra Gigi e Fausta è sempre stato molto stretto, tra l’amore materno e l'affetto che si prova verso una sorella. Un giorno il "suo Luigi" (così lei chiamava Riva) ebbe una forte discussione con Roberto Boninsegna e lo raccontò proprio alla sorella. Fausta, che si è sempre tenuta lontana da discussioni e discordie, chiamò Boninsegna in albergo chiedendo scusa a nome del fratello. Potete immaginare lo stupore del Bonimba, che subito la rese tranquilla e serena, dicendo che era una normale discussione tra calciatori e che non avrebbe mai rotto l’amicizia con il fratello.

Cosa le ha trasmesso Gigi Riva? 

La voglia di combattere e di rialzarsi, il coraggio di non arrendersi. Un calciatore, anzi un uomo che ha subito due infortuni gravi e non ha mollato è un vero esempio. Oltre a questo ci sono la sua discrezione, la serietà, la competenza e la capacità di saper essere mai sopra le righe. Tutto questo è stato ricambiato dall’affetto degli italiani al giorno del suo funerale. È scomparso un amico intimo vicino a tutti noi. 

Un suo ultimo ricordo di lui?

Il suo bellissimo gol alla Germania Est, ed il rombo della sua Ferrari Dino color blu targata Cagliari che scorrazzava per le strade del territorio agli inizi degli anni 70 nel periodo estivo: da ragazzino dodicenne, sentendo quel rumore andavo di corsa in strada per vederlo passare da Sangiano.

Claudio Ferretti

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